Villaggi Valtur: Bilanci negativi e indagini penali
Una vacanza tutta in rossa di Marco Lillo
Fino al 1997, la Valtur era l'eccezione alla regola dello Stato sprecone. L'impresa turistica fondata dalla Cassa del Mezzogiorno era in utile e tutti la volevano acquistare, dagli Agnelli al Club Med. A comprarla, invece, fu la Fin Cab, una finanziaria dell'industriale Carmelo Patti. Quattro anni dopo, il 22 dicembre scorso, lo Stato ha deciso di svendere la sua partecipazione in Valtur e i dipendenti sentono aria di licenziamento. Settanta lavoratori della Valtur di Roma sono in piazza al freddo a protestare. Hanno ricevuto una lettera che gli comunica un trasferimento a Milano da accettare entro una settimana. Sono in gran parte donne con figli piccoli che ora sotto le finestre della Valtur gridano ai dirigenti: «I viaggi gratis a voi ora li paghiamo noi». L'ultimo a partire gratis è stato il consigliere di amministrazione Walter Zocchi: due settimane alle Maldive a Capodanno con l'ok dell'amministratore delegato Maria Concetta Patti («I nostri dirigenti hanno diritto a quattro settimane di vacanze gratis», sostiene la Patti). Sono decine i Vip che hanno usufruito del sistema "tutto-free" nei villaggi Valtur: non solo i membri della famiglia Patti ma anche politici come Francesco Rutelli e giornalisti come Anna la Rosa («Ai Vip facciamo solo lo sconto del 50 per cento»). Verrebbe da dire: in fondo è una società privata ed è libera di far regali a chi vuole. Ma non è proprio così, perché la Valtur fino alla fine del 2001 era per il 30 per cento dello Stato. Solo il 22 dicembre scorso i Patti hanno annunciato lìacquisto del pacchetto pubblico per 36 miliardi di lire. Un prezzo stracciato visto che a giugno 2000 la società pubblica Sviluppo Italia, che controllava la partecipazione in Valtur, aveva sborsato 40 miliardi per sottoscrivere un aumento di capitale del 9 per cento. Anche chi doveva controllare è stato ospite gradito dei suoi controllati: Dario Cossutta, figlio del leader comunista e fino al novembre del 2000 amministratore delegato di Sviluppo Italia, ha trascorso il Capodanno 2000 in Egitto sulla nave Valtur con la moglie e i tre figli. Pochimesi dopo si è visto che c'era poco da brindare. Il bilancio Valtur ha chiso con una perdita di 103 miliardi di lire. Eppure, nel 1997, quando i Patti sono entrati nella Valtur rilevando la quota del San Paolo di Torino per 304 miliardi, la società era in utile. Il padre e padrone del gruppo Carmelo Patti, sembrava la persona giusta per far decollare la società. Originario di Castelvetrano, in proviancia di Trapani, emigrato a Robbio (Pavia) negli anni sessanta, agli inizi operaio alla Philco, Carmelo Patti è oggi uno dei principali fornitori di componentistica elettronica della Fiat e guida un impero dei cavi che fattura 400 miliardi (nel 1993 dall'avvocato Agnelli ha ricevuto il Premio Qualità). Ma nella sua gestione famiglia e impresa spesso si confondono. Dalle grandi scelte, come quella di piazzare la figliaMaria Concetta alla guida dell'azienda. Alle piccole, come quella di fare acquistare ai villaggi l'olio extravergine di famiglia a un prezzo doppio rispetto a quello dei vecchi fornitori. La gestione Patti si è rivelata un pessimo affare per lo Stato, visto che ha ceduto per pochi miliardi una partecipazione che all'inizio valeva più di 100 miliardi. Un regalo imbarazzante perché a beneficiarne è un imprenditore rinviato a giudizio per una frode fiscale di 6 miliardi e sul quale pende un provvedimento di arresti domiciliari, emesso nel novembre scorso ma sospeso dal ricorso in Cassazione. A "L'Espresso" risulta che la Procura di Marsala ha chiesto nuovamente al Gip gli arresti domiciliari per l'imprenditore.
Per i magistrati la sua società di componentistica continua a frodare il Fisco con gli stessi sistemi per i quali è stato rinviato a giudizio. Ma per Carmelo Patti la tegola giudiziaria più grossa potrebbe arrivare da Palermo: la Direzione distrettuale antimafia sta indagando sui rapporti economici delle società di Patti con alcuni soggetti in odore di mafia. Le società di famiglia che si occupano di cavi hanno ricevuto alla fine degli anni Novanta diversi miliardi da alcuni soggetti ritenuti dagli investigatori "collegati" a Matteo Messina Denaro, il boss del mandamento di Trapani. Questi flussi di denaro hanno una particolarità: sono bidirezionali. I miliardi entrano ed escono dal gruppo senza apparente ragione economica. Uno dei versamenti più interessanti per gli investigatori parte dall'impresa di Filippo Sammartano, un macellaio di Campobello arrestato e condannato per mafia. Per capire il personaggio, Sammartano nel 1997, intercettato dalla Polizia, dice a un amico: «Noi a "Lu sicco" (soprannome del bos Messina Denaro, ndr) lo dobbiamo adorare». Parole e rapporti, quelli di Sammartano, che hanno fatto drizzare le orecchie agli investigatori. Come la presenza in Valtur di Michele Alagna, il fratello della donna che ha dato un figlio a Messina Denaro: Alagna è commercialista dei Patti nonché sindaco della Valtur («Non ne fa più parte da quando si è saputo delle indagini», dice la Patti). Sempre Alagna è stato incaricato dai Patti di comprare per 9 miliardi e mezzo un villaggio turistico a Favignana. Nel quale Carmelo Patti è andato in visita a settembre in compagnia del sottosegretario agli Interni Antonio D'Alì, eletto a Trapani, con tanto di pilotina della Capitaneria di porto e scorta della Polizia. 10 gennaio 2002 L'ESPRESSO - 47
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