Una rivoluzione sugli scaffali
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La moneta unica costringerà a rivedere le politiche di marketing e spingerà a uniformare i listini dei beni di largo consumo europei
 Una rivoluzione sugli scaffali Tra i consumatori prevale la tendenza a usare un cambio di 2.000 lire, «accettando» piccoli rincari Vincenzo Chierchia
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MILANO - L'euro cambierà in modo radicale, almeno per quanto riguarda l'Italia, la percezione che i consumatori hanno dei rapporti di valore e convenienza dei prodotti di largo consumo. Il big bang della moneta unica europea avvierà una vera e propria rivoluzione sugli scaffali. «In prospettiva i mutamenti saranno profondi - commenta Sabino Gravina, client service director di Information resources - e investiranno tutti i mercati in vari Paesi per effetto della globalizzazione dell'industria e della distribuzione». Un'indagine condotta da Information resources, tra le maggiori società specializzate in indagini di mercato, ha innanzitutto messo in evidenza che il fenomeno della riformulazione dei prezzi coinvolge un po' tutti i Paesi europei, e che è probabile che il consumatore italiano abbia alla fine la tendenza a convertire i prezzi dalle lire all'euro, nei calcoli mentali, con un cambio di 2mila lire invece che 1.936,27, accettando implicitamente un rialzo dei prezzi. In secondo luogo, ci sarà un impatto notevole sui rapporti commerciali tra industria e distribuzione. L'indagine sottolinea che il peso delle importazioni parallele di prodotti a caratteristiche globali è destinato ad aumentare, soprattutto per l'azione delle grandi catene distributive a vocazione multinazionale (sia intra-Ue che extra-Ue). Al momento, comunque, l'omogeneizzazione dei prodotti è limitata, ricorda ancora l'indagine. Però il decollo dell'euro nel medio-lungo termine, per opinione largamente condivisa soprattutto nell'ambito delle multinazionali dei prodotti di consumo, costituisce un importante stimolo alla globalizzazione dei prodotti e le differenze di prezzo tra prodotti omogenei oggi esistenti sui vari mercati Ue sono destinate a ridursi da oltre 30% attuale a meno del 10%. Inoltre, rischia di verificarsi un'"illusione monetaria" indotta dalle variazioni di prezzo: i consumatori percepiranno un arricchimento per la semplice trasformazione dei prezzi. Un'altra indagine, condotta dall'Università Bocconi, ha messo in evidenza che a soffrire della ridefinizione in euro delle scale prezzi potrebbero essere le cosiddette marche commerciali, ossia i prodotti a marchio delle catene distributive, il cui marketing è curato proprio dai retailer. Nello stesso tempo pare probabile una crescita dell'interesse dei consumatori per i prodotti di marca, considerati maggiormente affidabili anche dal punto di vista della politica di prezzo. L'indagine ha messo in rilievo che buona parte dei prodotti di largo consumo è a rischio arrotondamenti (rincari impliciti nella conversione). Al riguardo nelle scorse settimane il Comitato euro per la filiera del largo consumo ha sottoscritto un protocollo d'intesa per stabilizzare listini e prezzi finali da novembre a marzo. Comunque le preoccupazioni restano. «Occorre capire e aiutare i consumatori - sottolinea Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia -. È opportuno un approccio molto graduale e almeno per tutto il 2002. Prima di rivedere le politiche di posizionamento dei prodotti aiuteremo i consumatori; per esempio, faremo in modo che, per assecondare la tendenza a continuare a ragionare con le lire, possano essere mantenuti oltre il 28 febbraio i prezzi in lire almeno per un altro anno». Gli operatori del mercato sono in posizione di vigile attesa. «Faremo analisi sul consumatore per vederne le reazioni - aggiunge Tassinari -. Prima aiuteremo le famiglie a usare l'euro e poi cercheremo di capire a fondo come muoverci sulle politiche di marketing. È molto probabile che, visto quello che succede oggi, lo scenario internazionale e la concomitanza con l'euro, ci sia un raffreddamento dei consumi». A novembre poi inizierà la nuova tornata di contratti di fornitura tra industria e distribuzione. Che dovranno tener conto delle nuove regole sulle vendite sottocosto, che partiranno da aprile 2002. Si profilano già da ora alcuni cambiamenti significativi. «Incrementeremo gli investimenti sui prodotti a marchio Coop - sottolinea Tassinari - che oggi rappresentano il 20% dell'assortimento e un fatturato di 2.800 miliardi. I prodotti a marchio Coop assumeranno la centralità nella politica degli assortimenti. Faremo più promozioni, pubblicità e investimenti, tenendo anche conto che nelle categorie dove è presente il marchio Coop siamo leader o coleader. Non credo a un ridimensionamento delle grandi marche, ma le loro politiche di marketing dovranno essere ancora più attente». Giovedí 18 Ottobre 2001
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