30/1/2006 ore: 11:07

Si allarga la forbice tra i ricchi e i poveri

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    sabato 28 gennaio 2006

    Pagina 14 - Economia & Lavoro


    Declino italiano:
    si allarga la forbice tra i ricchi e i poveri
      L’Eurispes: più di 15 milioni di persone indigenti, negli ultimi 4 anni inflazione cresciuta del 23%. Dura accusa agli imprenditori

      di Rosa Praticò / Roma
        NON È L’ITALIA «latte e miele della tv di Berlusconi» né «quella istituzionale della Rai». Non è l’Italia «degli industriali del Sole 24 Ore» o quella «della Cei, racconta-
          ta dall’Avvenire». L’Italia del diciottesimo rapporto Eurispes è «il Paese delle grandi risorse insfruttate, incapace di individuare un percorso originale di crescita e sviluppo. In cui più di 15 milioni di individui vivono in povertà o sono fortemente a rischio». Insomma, per dirla con Gian Maria Fara, presidente dell’Istituto di ricerca, «siamo un po’ Mastro Don Gesualdo, un po’ Cassano». Perché come il personaggio verghiano siamo così ossessionati dalla «roba» da non riuscire a valorizzarla. E, come prova il caso dell’ex calciatore della Roma oggi al Real, abbiamo una «pericolosa predisposizione a lasciarci sfuggire i talenti». Di qui la crisi di identità e la mancanza di progettualità. Un esempio? Dal 1994 al 2004, la spesa per la ricerca si è fermata attorno all’1% del Pil. Un valore irrisorio se confrontato con quello del Giappone (3,1%) e degli Usa (2,6%). O peggio ancora con quello di Svezia (4%) e Finlandia (3,5%). Dal ‘94 la produttività del lavoro è calata del 10,8%. Quanto al tasso di crescita del Pil oggi oscilla tra lo 0,1% e lo 0,2%. Non si può dire lo stesso dell’inflazione che tra il 2001 e il 2005 ha conosciuto un’impennata del 23,7 %. Lo sanno bene impiegati, operai e perfino dirigenti che in questo arco di tempo hanno subito una perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni pari rispettivamente al 20,4%, al 14,1,% al 12,1% e 8,3%. Così un numero consistente di famiglie ricorre al credito al consumo, spesso solo per arrivare a fine mese. Cosa sempre più complicata per il 58% degli italiani costretti a tagliare le spese per il tempo libero (61,5%) per viaggi e vacanze (64%), per regali (72%) e pasti fuori casa (66%). I nuovi poveri sono piccoli risparmiatori, alcune componenti dell’artigianato e della distribuzione, lavoratori dipendenti, atipici, pensionati. La ricchezza, infatti, si concentra nel settore finanziario, assicurativo, immobiliare. E i responsabili della crisi, per l’Eurispes, sono anche gli imprenditori che «bacchettano gli altri soggetti sociali politici ed istituzionali e non riflettono sulla loro incapacità di innovarsi, o di trasferire sapere, complice la devastante legge Biagi».
            In questo contesto il 41,5% dei nostri connazionali ritiene che la situazione economica del Paese sia nettamente peggiorata. Il tutto è causa ed effetto della sfiducia nelle istituzioni. Sfiducia che, a differenza del passato, investe anche il Presidente della Repubblica. Crede in lui il 65,5% dei cittadini, contro l’80% del 2005 e il 79% del 2004. Il perché é chiaro: «Ha tentato la missione impossibile tutelare la credibilità del Paese in un periodo in cui politica e finanza sono stati coinvolti in scandali e conflitti di interesse».
              Quale soluzione allora? Puntare sulla qualità della vita, sull’istruzione, sul welfare. E soprattutto sul turismo. «La scarsa importanza che diamo a questa risorsa traspare, per esempio, dal decreto di Tremonti del 18 marzo 2004 - commenta ironico Fara - in base a cui sono considerati privi di “vocazione turistica” posti come il parco nazionale delle Cinque Terre, che è invece patrimonio dell’Unesco».
                Contro il rapporto si scaglia il ministro Calderoli: «L'Eurispes dà i numeri: sembra un’agenzia per lo sputtanamento del paese e fa campagna elettorale per Prodi». Ma durante la presentazione del rapporto qualcuno lo aveva anticipato: «La nostra indagine arriva alla vigilia di una campagna avvelenata dai conflitti. E va controcorrente rispetto alle analisi di altri istituti di ricerca e a una riflessione politica consolatoria».

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