Pulizie, scoppia la mina degli appalti
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ItaliaOggi (Attualità) Numero 005, pag. 34 del 7/1/2003 Franco Bastianini
I fondi disponibili per pagare le ditte esterne sono insufficienti Gli appalti delle pulizie restano una mina vagante. Per quelle istituzioni scolastiche che, per assicurare la pulizia delle aule, utilizzano i lavoratori dipendenti dalle imprese di pulizia, ma soprattutto per il ministero dell'istruzione, la presenza di questi particolari lavoratori si sta trasformando in una mina vagante pronta a esplodere in qualsiasi momento, a causa di una confusa normativa e di una insufficiente disponibilità finanziaria. Rientrata temporaneamente la protesta dei circa 16 mila lavoratori già impegnati nelle scuole in progetti socialmente utili o di pubblica utilità, sui quali incombeva la minaccia di un licenziamento dal 1° gennaio 2003 da parte delle imprese di pulizia, titolari delle convenzioni stipulate con il ministero dell'istruzione, ai sensi dell'articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, giungono segnali dell'apertura di un altro fronte di protesta. Ad accendere le nuove ostilità sono le ditte titolari dei contratti di appalto di pulizia, sottoscritti a suo tempo dagli enti locali, ed ereditati dal ministero dell'istruzione per effetto dell'articolo 9 del decreto ministeriale 23 luglio 1999 (emanato in relazione al disposto dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124). La motivazione di questa nuova protesta è simile a quella delle imprese che utilizzano i lavoratori ex Lsu: stanziamenti insufficienti per coprire i costi reali dei contratti. I lavoratori impegnati nelle pulizie delle scuole, dipendenti da questa seconda categoria di imprese, sono circa 12 mila il cui posto di lavoro potrebbe non essere ulteriormente garantito, se il ministero dell'istruzione non riuscirà in tempi brevissimi a reperire tutte le risorse necessarie per coprire i costi. Nonostante che gli stanziamenti iscritti nell'ambito dei centri di responsabilità relativi agli uffici scolastici regionali di previsione del Miur per l'anno 2002 e per il triennio 2002-2004 siano stati, dall'articolo 3 del decreto legge 25 settembre 2002, n. 212 (convertito nella legge 22 novembre 2002, n. 268), incrementati di euro 151.586.000 per l'anno 2002, di euro 173.424.000 per il 2003 e di 135.078.000 a decorrere dall'anno 2004, le risorse disponibili, lamentano i titolari delle imprese, sono infatti a malapena sufficienti a liquidare le spese relative al 2001 e una parte di quelle del 2002. Le prime avvisaglie di questa nuova protesta si registrano in Veneto dove, per il 13 gennaio, è stato addirittura proclamato uno sciopero regionale. Una protesta, come è facilmente ipotizzabile, che si estenderà presto in tutta Italia con la conseguente chiusura delle scuole che non saranno in grado di garantire né le pulizie né i servizi igienico-sanitari. Situazioni come quelle denunciate a Portogruaro, dove la ditta non è stata in grado di corrispondere ai 16 dipendenti che lavorano nelle 15 scuole del circolo didattico di quel comune, lo stipendio di novembre, di dicembre, compresa la tredicesima, si riscontrano, infatti, in diverse altre città nelle quali operano le imprese di pulizia i cui contratti sono stati ereditati dal ministero dell'istruzione. Quello delle risorse insufficienti è, peraltro, solo un aspetto della ingarbugliata situazione che si è venuta a creare nella scuola per effetto, appunto, sia del trasferimento allo stato di alcune competenze in precedenza attribuite agli enti locali, sia delle norme di legge che hanno imposto la stabilizzazione dei lavoratori già impegnati nelle scuole nei progetti socialmente utili o di pubblica utilità. Il vero problema che il ministero dell'istruzione e, indirettamente, le istituzioni scolastiche dovranno risolvere il più rapidamente possibile riguarda, infatti, sia la garanzia del posto di lavoro di tutti i 26 mila lavoratori che attualmente assicurano, stando ai termini contrattuali, le pulizie degli edifici scolastici, sia la riorganizzazione dei servizi di supporto all'attività didattica e al funzionamento complessivo delle attività scolastiche. Lo strumento individuato dall'amministrazione scolastica è quello della terziarizzazione. Uno strumento mediante il quale i servizi di pulizia, di igiene ambientale e di vigilanza dei locali scolastici e delle loro pertinenze verrebbero affidati a soggetti esterni, con conseguente rideterminazione della dotazione organica dei collaboratori scolastici. Un'operazione che, tra i collaboratori scolastici e le organizzazione sindacali, non sembra trovare un entusiastico consenso. |