15/6/2007 ore: 10:35
Prodi punta al sì dei sindacati
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Il premier pronto a varare il decreto sul tesoretto se oggi incassa l´ok di Epifani, Bonanni e Angeletti e "nasconde" i numeri ai partiti ROMA - «Se facciamo l´accordo con i sindacati sulla riforma, si fa subito un decreto: che modifica lo scalone e alza le pensioni minime». Prima di incontrare i capigruppo dell´Unione, Prodi e Padoa-Schioppa vedono in mattinata i due vicepremier, D´Alema e Rutelli. Una riunione per tracciare la linea del governo. E soprattutto per stabilire che i "numeri" del "tesoretto" «devono rimanere coperti». Almeno fino al vertice di oggi con Cgil Cisl e Uil. Perché davanti alla raffica di richieste, Palazzo Chigi punta tutto sull´accordo con Epifani, Bonanni e Angeletti. «Se loro ci dicono sì - è il ragionamento del Premier e del ministro dell´Economia - gli alleati non potranno che accodarsi, anche sull´uso dell´extragettito». Così, la riunione con l´Unione non poteva che essere interlocutoria. Con Prodi e l´ex banchiere centrale disponibili solo a indicare le linee generali del Dpef. «Dopo il risanamento - ha ripetuto il Professore - questo è il momento della risalita». E sulle risorse in più, chiosava il titolare di Via XX Settembre, «non si possono fornire cifre definitive fino a quando non avremo i dati sull´autotassazione» di lunedì prossimo. Al momento il totale è di poco superiore ai 2,5 miliardi». Al momento, però. Nel frattempo, dunque, a Palazzo Chigi mettevano a punto la proposta da sottoporre ai sindacati. Un progetto su cui «trovare un accordo entro giugno». In quel caso il governo emanerà un decreto complessivo: con la riforma previdenziale, gli stanziamenti per le pensioni più basse, gli ammortizzatori sociali e la detassazione degli straordinari. Oggi, davanti a Cgil Cisl e Uil, il presidente del consiglio formulerà la sua ipotesi: trasformare lo "scalone" in tre "scalini". Per arrivare ai 60 anni, come età pensionabile, nel 2010: 58 nel 2008, 59 nel 2009 e, appunto, 60 anni tra tre anni. Il tutto bloccando i coefficienti da sottoporre a verifica biennale. «Del resto - ha ripetuto ieri Prodi - non possiamo pensare di fare una riforma e affrontare la prossima Finanziaria senza i sindacati». La tattica concordata in mattinata nel "consiglio di gabinetto" (e resa nota ai vertici della sinistra radicale), è stata seguita pedissequamente nel pomeriggio con i capigruppo. Che, però, non hanno nascosto un certo malumore. Basti pensare al tagliente botta e risposta tra il premier e il capogruppo dell´Ulivo, Dario Franceschini. Il quale non aveva gradito gli annunci del giorno prima proprio su tempi e i criteri di distribuzione del "tesoretto". «Ricordatevi - ha avvertito - che il governo è espressione della maggioranza e non viceversa». «Se la metti su questo piano - ha replicato il Professore - anche io avrei un po´ di cose da dire sul comportamento della mia maggioranza...». Risultato: per i capigruppo il decreto sul tesoretto va fatto dopo il Dpef. Nell´ultimo consiglio dei ministri prima delle vacanze. Ossia, quando ci saranno certezze sui "numeri" e la coalizione potrà dire la sua. Non «contestualmente» come aveva suggerito l´Economia. La strada imposta dagli alleati è stata ufficialmente accettata dall´esecutivo. Pronto però a correggerla in corsa, già oggi. Riversando l´extragettito sulla previdenza e lasciando l´eventuale "resto" al gioco della prossima Finanziaria. L´affondo di Franceschini, comunque, ha dato il via alle proteste dei capigruppo. «Forse - ha insistito ad esempio Pino Sgobio del Pdci - il ministro ritiene che i dati siano suoi». Il sospetto che le carte rimanessero "dolosamente" coperte ha agitato un po´ tutti. Le rimostranze hanno preso la forma di una specie di lista della spesa: l´Ici sulla prima casa, il piano contro gli sfratti, la stabilizzazione del lavoro precario, la «cabina di regia» sull´Ambiente lanciata dal Verde Angelo Bonelli. Bandierine tra le quali Prodi e Padoa-Schioppa si sono mossi come in uno slalom. Tentando di rassicurare in primo luogo i rappresentanti della sinistra radicale. «Nel 2007 - ha tranquillizzato il ministro dell´Economia - il rapporto deficit-Pil si attesterà al 2,3%. L´Unione europea ci ha fatto sapere che gradirebbe una riduzione almeno all´1,8%. Ma questa volta, io sono pronto a non ascoltare Bruxelles. Possiamo tenerci al di sopra della soglia che ci indicano». Un modo per dire che il governo può allentare i cordoni della borsa. E Prodi ha chiuso con una promessa: «Daremo ai pensionati. E poi alla ricerca, all´innovazione e alla sicurezza». |