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Processo del lavoro, prove di riforma

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Il Sole 24 ORE.com


    La crisi della Giustizia - Pronto il documento con le proposte della commissione Foglia: resterà in eredità al nuovo Governo

    Processo del lavoro, prove di riforma
    Più impulso ad arbitrato e conciliazione - Corsia preferenziale sulle cause per chi perde il posto
    Donatella Stasio
    ROMA - Il tentativo di conciliazione entra nel processo del lavoro ed è gestito dal giudice o da un conciliatore delegato dal giudice, scelto in un apposito Albo; se l’esito è positivo, il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo; allo stesso conciliatore può essere affidato il mandato arbitrale, in ogni fase del tentativo di conciliazione e anche qualora questo dovesse fallire; il lodo arbitrale è impugnabile per qualsiasi vizio davanti alla Corte d’appello, ferma restando la sua efficacia esecutiva; la via maestra per contestare l’illegittimità del licenziamento o del trasferimento di un lavoratore diventa il procedimento d’urgenza; ai fini della tutela reale o obbligatoria, spetta al datore di lavoro l’onere di provare le dimensioni occupazionali dell’azienda (che si presumono sopra i 15 dipendenti); l’azione giudiziaria deve essere esercitata, a pena di decadenza, entro 120 giorni dal licenziamento o dall’estromissione dall’azienda; il giudice ha l’obbligo di trattare prioritariamente le cause di licenziamento e di trasferimento per non incorrere in una specifica responsabilità disciplinare. Sono alcune delle proposte di riforma del processo del lavoro, fresche d’inchiostro, che i nuovi ministri della Giustizia e del Lavoro si troveranno sul tavolo non appena il governo Berlusconi si insedierà ufficialmente. A metterle nero su bianco è stata la Commissione ministeriale presieduta dal consigliere di Cassazione Raffaele Foglia, insediatasi a luglio del 2000 a via Arenula dove, su mandato dei ministri della Giustizia e del Lavoro, Piero Fassino e Cesare Salvi, ha lavorato per circa un anno, individuando le linee di riforma del processo del lavoro, con l’obiettivo, soprattutto, di ridurne la durata anche alla luce del principio, sancito dal nuovo articolo 111 della Costituzione, della durata ragionevole del processo. Un problema — l’eccessiva durata — che affligge l’intera giustizia italiana e, in particolare, quella civile, all’interno della quale il processo del lavoro fa registrare una durata media di cinque, sei anni. Un tempo inaccettabile, soprattutto quando la controversia riguarda aspetti essenziali del rapporto di lavoro, come il licenziamento o il trasferimento di un dipendente. Le soluzioni individuate dalla Commissione, composta da magistrati, avvocati e professori universitari, si muovono sulla strada di un recupero dell’efficienza e della funzionalità e, se saranno condivise dal nuovo Governo, potrebbero presto trasformarsi in un disegno di legge, visto che, oltre a una dettagliata relazione, la commissione ha anche predisposto un articolato (sebbene, per la parte previdenziale, le proposte siano due, come si riferisce nell’articolo che pubblichiamo in questa pagina). La relazione contiene anche un’indicazione su come risolvere il problema sorto con l’approvazione della riforma sul gratuito patrocinio. Che, sembra per una svista, ha abolito in larga misura il principio della gratuità del processo del lavoro. Un errore che va corretto, scrive la Commissione, con una legge eventualmente anche di natura interpretativa o, in via transitoria, con una circolare del ministero delle Finanze. È invece impraticabile, secondo la Commissione, la strada del decreto legge poiché la norma da correggere entrerà in vigore dal 1° luglio 2002. Stando al programma sulla giustizia della Casa delle libertà scritto da Marcello Pera (quando sembrava destinato al dicastero della Giustizia), il nuovo Governo dovrebbe dare la priorità proprio al recupero di efficienza della macchina giudiziaria, in particolare nel civile. «Da parte di Pera c’è stata una certa attenzione al nostro lavoro — fa sapere Foglia — sebbene sul merito non si sia mai sbilanciato. Speriamo che la proposta della Commissione abbia un seguito e che, tutt’al più, finisca in un cassetto ma non in un cestino». La proposta Foglia mira a dare maggiore impulso all’arbitrato e, soprattutto, al tentativo di conciliazione. Per riscattare quest’ultimo dall’insuccesso avuto finora, la fase conciliativa si svolge sempre a giudizio già iniziato e la difesa tecnica è coinvolta nella fase precontenziosa. Il tentativo viene fatto dal giudice o da un conciliatore delegato dal giudice tra quelli iscritti in un apposito Albo. Se la conciliazione riesce, il relativo processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo e la controversia si chiude. Novità importanti anche per quanto riguarda la strada per impugnare un licenziamento o un trasferimento: la regola diventa il procedimento d’urgenza, che si chiude con un’ordinanza non più reclamabile decorso un certo tempo. Altra novità è il termine di 120 giorni, stabilito a pena di decadenza, per presentare ricorso al giudice, che decorre da qualsiasi atto o fatto che manifesti l’inequivoca intenzione dell’azienda di porre fine al rapporto. Inoltre, ai fini della tutela reale od obbligatoria, grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare il numero dei dipendenti occupati e i motivi che hanno determinato il provvedimento espulsivo. Infine, per accelerare al massimo la giustizia del lavoro, la Commissione ha previsto (ma non all’unanimità) che le relative cause siano trattate dal giudice con priorità. Altrimenti, il giudice o il capo dell’Ufficio incorreranno in una specifica responsabilità disciplinare.
    Sabato 02 Giugno 2001
 

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