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Secondo un'indagine Il Sole-24 Ore-Banca d'Italia il 23,7% delle imprese punta a ritoccare all'insù i prezzi, con un impatto modesto
 Per i listini è in arrivo l'euro-rincaro Aumenti più sostenuti sono prevedibili negli esercizi commerciali di dimensioni minori - Saranno più marcati i rialzi nel Nord-Est Luca Paolazzi
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MILANO - Arrotondamento fa rima con rialzo, ma piccolo. I timori che la conversione in euro dei prezzi in lire diventi un'occasione di ritocchi all'insù trova conferma nelle intenzioni delle imprese: quasi un quarto li rivedrà al rialzo. Tuttavia, le stesse imprese ritengono che l'impatto complessivo sarà lieve. Questi dati emergono dal l'indagine condotta da Poster per conto di Sole 24 Ore e Banca d'Italia sulle tendenze dei prezzi. Il campione è composto da 448 aziende con almeno cinquanta addetti. In effetti, la stragrande maggioranza (73,6%) delle imprese intervistate ha risposto che l'euro avrà un impatto neutrale sui loro listini, cioè gli arrotondamenti nei due sensi si compensano. Il 23,7%, invece, ha ammesso che l'arrivo della nuova moneta comporta un ritocco all'insù, mentre solo il 2,7% li rivede al ribasso. Nell'insieme, dunque, l'effetto è di far crescere il costo della vita, seppure con un andamento a scalino che non compromette le future dinamiche dei prezzi al consumo. L'intensità di questi aumenti è, infatti, giudicato dalle aziende quasi nulla: pari a 0,3, in una scala compresa tra -3 (forte ribasso) e +3 (forte rialzo). Un altro elemento tranquillizzante è costituito dalla quota significativa (22,9%) di interventi sui listini effettuati nei mesi passati, e che quindi sono già incorporati nell'inflazione. Un altro 24,4% di aziende sta modificando i prezzi, in vista dell'euro, nel quarto trimestre 2001; il 19,2% ha in programma di farlo nel gennaio 2002 e il restante 33,6% nel corso della prima metà dell'anno venturo. Qui, però, finiscono le buone notizie. Perché uno sguardo alla composizione delle risposte fa emergere più ragioni di ansia che di tranquillità. Infatti, la percentuale di revisioni con rincaro sale al diminuire della dimensione delle aziende e man mano che dal produttore ci si avvicina al consumatore. Riguardo alla dimensione, mentre solo il 15,7% delle grandi aziende (con almento mille addetti) rivede all'insù i listini per l'avvento della nuova moneta, la quota cresce al 28,8% per le aziende medio-grandi (200-999 addetti) e balza al 32,8% per le medie (50-199 addetti). Questa progressione non è compensata da una simmetrica ascesa delle aziende che prevedono arrotondamenti all'ingiù. Tra l'altro, i ritocchi più marcati avverranno nel Nord-Est. Infatti, la quota delle imprese che prevede un rialzo dei propri prezzi in relazione all'arrivo dell'euro è del 31% in quell'area del Paese, contro il 22,3% del Nord-Ovest, il 20,5% del Centro e il 20,4% del Sud. Allo stesso tempo, la quota di rincari previsti con il changeover passa dal 12,7% per gli «altri settori» (servizi diversi dal commercio) al 28,8% dell'industria manifatturiera e al 35,9% del commercio, al dettaglio e all'ingrosso. Questo mix dimensionale-settoriale suggerisce che la percentuale di rincari da cambio monetario è destinata a essere molto più consistente nei negozi e in generale negli esercizi che vendono beni e servizi ai consumatori (bar, cinema, ristoranti, parrucchieri, drogherie, panifici: solo per fare alcuni esempi e senza voler in alcun modo criminalizzare specifiche categorie), che sono prevalentemente piccoli o piccolissimi ma che hanno ancora un rilevante peso nelle spese delle famiglie italiane. Dunque, l'incidenza del changeover sul costo della vita sarà presumibilmente molto più sostenuto di quanto non trapeli dai risultati dell'indagine. Restano, ovviamente, i benefici di più lungo periodo dell'euro sul livello dei prezzi, legati alla maggior concorrenza e alla più alta efficienza che la nuova moneta porta con sé come tassello per la realizzazione più compiuta del mercato unico. Venerdí 12 Ottobre 2001
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