Morti Sul Lavoro C’è Chi Non Dimentica
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L’operaio che sfida il silenzio dell’informazione
“Le vittime sul lavoro muoiono due volte quando alle famiglie non viene riconosciuta giustizia”.
Sono le parole di Marco Bazzoni: lavoratore metalmeccanico di 37 anni che da 16 fa l’operaio in una fabbrica di Firenze che produce frantoi, presse per il settore enologico. I suoi compagni di lavoro dal 2003 lo hanno eletto Rls (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) e da quel momento è diventato un vero esperto in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Bazzoni scrive a tutti, magari anche solo per pretendere che siti web e giornali non usino più il termine “morti bianche”. In molti lo detestano perchè ad ogni ora del giorno e della notte piomba nelle caselle di posta elettronica con lettere, appelli, richieste di pubblicazione. È inesorabile.
Molto spesso però accade che quegli stessi giornalisti che lo considerano una scocciatura o uno solo “in cerca di visibilità” gli si rivolgano quando hanno bisogno di capirci qualcosa.
Bazzoni è uno dei pochi, forse l’unico, rimasto a parlare dei morti sul lavoro.
Perché? Possibile che non ne parli più nessuno? Niente più appelli da parte delle istituzioni, restano muti i sindacati, tace la politica di sinistra e pure l’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) sembra aver scelto la linea del ‘non disturbare’ . Così lo stillicidio prosegue nell’ indifferenza generale.
Ieri Il Fatto Quotidiano ha pubblicato la lettera di Graziella Marota di Porto Sant'Elpidio, nelle Marche, mamma di Andrea morto il 20 giugno del 2006 a 23 anni. La donna scrive: “È rimasto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma”. Per l’Inail la morte di Andrea è stata valutata 1.600 euro, l’equivalente delle spese funerarie. “Nemmeno l’assicurazione vuole pagare il risarcimento e a distanza di 4 anni e mezzo dovrò subire ancora violenze psicologiche tornando di nuovo in tribunale e ripercorrere ancora una volta questa tragedia”, spiega la madre.
A Graziella rimane solo il silenzio della tromba che Andrea amava suonare. Questa madre è diretta quando parla dei caduti sul lavoro senza giustizia citando i casi che hanno avuto risonanza mediatica come la Umbria-Olii e la ThyssenKrupp non usa mezzi termini: “Sono solo le stazioni più raccontate di una via Crucis quotidiana che per un po’ chiama a raccolta l’indignazione italiana, che poi guarda altrove”.
È davvero uno scandalo che chi muore di lavoro meriti a mala pena i titoli di coda dei telegiornali o alcune righe nelle brevi dei quotidiani, come del resto è accaduto una settimana fa quando in una sola giornata sono morte contemporaneamente sei persone. Il nostro è un Paese che cancella chi muore lavorando (e le storie di vita che ci stanno dietro) peggio di quanto avviene con gli incidenti stradali che, almeno, possono contare sull’ apertura delle pagine di cronaca nera. Quando invece si parla di incidenti sul lavoro cala un silenzio assordante. A spezzarlo, ogni giorno, c’è l’operaio Marco Bazzoni. Che adesso sta provando a portare la sua campagna contro le morti sul lavoro anche al Parlamento europeo. Si tratta di un documento di dieci pagine in cui denuncia le difformità di alcuni articoli della legge 106/09 (Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) rispetto alla normativa europea. Quattro mesi dopo, la commissione europea ha risposto di aver aperto un’inchiesta. Ora bisogna attendere per un’eventuale procedura di infrazione contro l’Italia basata su tre punti: la deresponsabilizzazione dei datori lavori, la posticipazione dell’obbligo di valutazione del rischio di stress legato al lavoro infine la proroga dei termini impartiti per la redazione del documento di valutazione dei rischi per una nuova impresa o nuove modiche a vecchie imprese.
Perché un operaio si impegna tanto?
“Da quando sono stato eletto ho deciso di informarmi e autoformarmi . I lavoratori muoiono come mosche mentre politici e sindacati si limitano alle lacrime di coccodrillo. Allora ho cominciato a scrivere. All’inizio non mi rispondeva nessuno poi quando si sono accorti che le mie mail arrivano a circa un migliaio di indirizzi (tra istituzioni, giornali, politici, tecnici...) qualcuno si è preoccupato”. Solo dopo hanno cominciato a cercarlo le famiglie.
“Si sentono abbandonate da tutti. Se non è una strage i loro morti servono solo ai fini statistici. Senza contare che spesso, a chi resta, tocca sborsare soldi – tanti – per processi che finiscono in prescrizione”. Morti sul lavoro senza colpevoli.