 giovedì 11 settembre 2003
Ricerca del Cnel «Pensate troppo al lavoro, viziate i figli e trascurate gli anziani
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Le colf straniere ci guardano: «Siete egoisti e ipocriti»
ROMA - Le abbiamo in casa, fanno la spesa, le pulizie, vanno a prendere i bambini a scuola. Curano i nostri vecchi e preparano da mangiare. E ci osservano, con attenzione. Come ci vedono le colf e le badanti straniere che lavorano per noi? Lontani dall’immaginario internazionale che ci vuole gente aperta e di buon cuore. Chiedeteglielo e vi risponderanno: egoisti, ipocriti e individualisti. Ossessionati dal lavoro, con figli viziati e irriconoscenti, e anziani genitori considerati un peso. Poco rispettosi del lavoro altrui, e dei diritti di chi lavora. Una ricerca del Cnel, fatta in collaborazione con la Fondazione Silvano Andolfi, su un campione di 400 donne provenienti da 7 Paesi (Filippine, Perù, Polonia, Capo Verde, Eritrea, Etiopia, Somalia), tutte colf e badanti, traccia un’immagine inedita e talvolta cruda delle famiglie italiane viste con gli occhi di chi, più di tutti, ci vive accanto. Gli italiani, dicono le colf, sono aperti ma poi con gli stranieri si comportano da ipocriti. Nel 52% delle risposte l’immigrato si sente percepito come uno che porta guai. E ancora: pensiamo solo a lavorare (64,1%), mentre la famiglia conta più di ogni altra cosa solo per il 18,6%. Nel loro Paese, dicono, è diverso: il lavoro conta per il 30% ma la famiglia di più (65,6%). Se le filippine sentono che la famiglia per cui lavorano ha fiducia in loro, le altre immigrate vivono in un clima di forte subordinazione, il rapporto di fiducia reciproca esiste solo nel 29,1% dei casi. Il 30% dice addirittura di sentirsi umiliato, anche se nelle famiglie del Sud, più simili a quelle d’origine, il trattamento è più confidenziale mentre è al Nord, dove pure sembra esserci maggiore interesse per le culture straniere, che si segnala la maggior parte dei diritti mancati: lì le colf lavorano oltre 8 ore al giorno (55,6% contro il 36,4% del centro e il 51,1% del Sud) e vengono costrette di più agli straordinari, spesso non pagati (42,9% contro il 72,% e 55,6%.). Racconta Carmen Moraes, brasiliana di San Paolo, 37 anni, che lavora in una famiglia con madre e padre architetti e un bimbo di 1 anno e mezzo. «Le differenze più grandi che ho notato riguardano i figli e gli anziani. I bambini italiani sono troppo viziati, hanno troppi giochi e trascorrono molto tempo da soli con le baby sitter. Sono meno autonomi. A due anni, per esempio, i bambini brasiliani mangiano e si vestono da soli, sono più indipendenti. E anche più educati. Gli anziani, poi, da noi sono rispettati. Qui sono spesso abbandonati, una mia amica è tornata in Brasile dopo 5 mesi: badava ad una ottantenne disabile. I figli non venivano mai, doveva fare tutto lei, anche parlare con il medico». Ma chi sono le colf che vivono in Italia? Vengono da Paesi poveri. Ma quasi tutte, e questo le differenzia molto dalle colleghe italiane, sono laureate (25,3%) o diplomate (46,4%), solo il 7,1% è senza titolo di studio. Tre su quattro nel Paese di origine lavorava, faceva l’impiegata il 40,2% e la libera professionista il 14,6%. Il 10% era casalinga. Nonostante molte di loro non riescano ad integrarsi e trascorrano il tempo libero in compagnia di connazionali, la vita è cambiata in meglio (75,1%): una colf col suo lavoro mantiene in media 6-10 persone della famiglia di origine.
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Mariolina Iossa
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 Interni
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