19/2/2002 ore: 9:43

La Ue insiste: più riforme per il «welfare

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(Del 19/2/2002 Sezione: Interni Pag. 2)
La Ue insiste: pi? riforme per il ?welfare?
E Bruxelles prepara la parit? di diritti tra lavoratori interinali e a tempo indeterminato


Enrico Singer
corrispondente da BRUXELLES

Undici pagine piene di dati, di analisi, di tabelle e, soprattutto, di consigli. E' il rapporto che la Commissione europea approver? gioved? su quanto l'Italia ha fatto, nel 2001, per realizzare i ?Grandi orientamenti di politica economica? tracciati dall'Unione. E' un bilancio, ma anche la base per le raccomandazioni che saranno espresse a giugno. Una specie di ?pagella conclusiva? dopo quelle trimestrali gi? arrivate con risultati incoraggianti e inviti a fare di pi?. E anche questo giudizio di fine anno riconosce i progressi compiuti, ma suggerisce una serie di misure per rendere pi? solida e competitiva l'economia italiana. E' un decalogo che parte dal mercato del lavoro - sul quale la Ue potrebbe intervenire presto con una riforma dell?attivit? interinale per tutti i Quindici paesi, dando a questi lavoratori gli stessi diritti di quelli a tempo indeterminato - e raggiunge la new economy e l'innovazione passando per la finanza pubblica e per lo snellimento della burocrazia. La premessa ? che l'Italia nei prossimi anni ha di fronte a s? la ?sfida simultanea? di ridurre e migliorare la spesa primaria riducendo al tempo stesso la pressione fiscale e realizzando il pareggio di bilancio. Il documento riconosce che, nel 2001, attraverso ?una rigorosa esecuzione del budget? e ?misure una tantum?, il deficit ? stato limitato all'1,1-1,2 per cento del Pil, a fronte di una crescita economica che ? stata dell'1,8-1,9 per cento. Un risultato positivo se si considera che la previsione era di chiudere con un deficit dello 0,8 per cento, ma a fronte di una crescita che era attesa a quota 2,9 per cento e che ? precipitata di un punto per il generale raffreddamento dell'economia mondiale, gelata poi dall'effetto 11 settembre. Per mantenere questo risultato positivo anche nel 2002, secondo la Ue, bisogner? fare attenzione alla spesa sanitaria - che ha sistematicamente sfondato le previsioni a livello regionale - e ?alle conseguenze del decentramento fiscale? che Bruxelles non riesce a valutare. ?Ogni rallentamento nella riduzione del debito sarebbe motivo di preoccupazione?, dice il documento. La ricetta europea per tenere a bada il debito insiste molto sulla riforma delle pensioni e sullo sviluppo dei fondi integrativi. Ma anche su una politica del lavoro capace di rilanciare l'occupazione perch? la salute del sistema pensionistico dipende ?in modo significativo dai tassi di partecipazione della forza lavoro?: in altre parole, dai contributi della popolazione attiva. E il mercato del lavoro italiano, nell'analisi europea, resta debole. La ?segmentazione regionale? con forti disparit? tra Nord e Sud, la ?bassa mobilit? e l'attuale meccanismo di contrattazione salariale che riflette ?in modo insufficiente le differenze di produttivit? sono i principali imputati. In questo campo gi? ha suscitato polemiche tra gli imprenditori europei (con una presa di posizione negativa della Cbi, la Confindustria britannica) la possibilit? che la Commissione stia preparando - come ha scritto ieri il Financial Times - una riforma del lavoro interinale per tutti i Paesi Ue che dovrebbe equiparare i diritti dei dipendenti ?in affitto? a quelli assunti a tempo indeterminato, con voci in busta paga come ferie e contributi pensionistici. Per ora ? soltanto un?ipotesi, mentre il documento che verr? approvato gioved? riconosce che il governo italiano ha presentato un pacchetto di riforme ?che sembra andare nella direzione di affrontare parte dei principali problemi strutturali?, anche se attende di giudicarle ?quando saranno attuate?. Un punto debole del sistema-Italia ?, poi, lo sviluppo di un'?economia basata sulla conoscenza? che ? ancora ?in uno stadio preliminare?. E' scarsa - e ?particolarmente preoccupante? - la disponibilit? di risorse umane qualificate, sono insufficienti i mezzi finanziari investiti nella ricerca e nell'innovazione e la prova ? che ?l'Italia resta specializzata nei settori tradizionali dell'industria?.

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