L'obbligo di reperibilità si estende all'infortunato
Contenuti associati
ItaliaOggi (Consulenti del Lavoro) Numero 020, pag. 40 del 24/1/2003 Maria Vittoria Mancuso Centro Studi Nazionale Ancl
La Cassazione si è recentemente pronunciata (sentenza n. 15773/2002) sul diritto del datore di lavoro di far controllare lo stato di salute del dipendente assente per infortunio sul lavoro. Nel caso in questione un lavoratore, che aveva subito un infortunio sul luogo di lavoro, si era allontanato dalla sua abitazione senza preventiva comunicazione al datore di lavoro durante la successiva assenza, rendendo in questa maniera infruttuose quattro visite di controllo effettuate. Le successive sanzioni disciplinari comminate al lavoratore erano state da questi impugnate lamentando che la società datrice di lavoro non poteva, sulla base del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro in questione, disporre l'effettuazione di visite di controllo presso l'abitazione del lavoratore assente per infortunio, dal momento che tale potere è previsto dal contratto collettivo solo in caso di malattia. La domanda del lavoratore veniva respinta in primo e in secondo grado; in modo particolare, il giudice dell'appello riteneva che la legge attribuisce al datore di lavoro un generale potere di controllo, e che il contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro ha voluto differenziare la disciplina in materia di malattia e di infortunio soltanto in relazione a quanto viene esplicitamente disposto nei due articoli che si occupano rispettivamente di malattia e di infortunio, restando implicitamente richiamata, dove l'articolo che disciplina l'infortunio nulla dispone, la disciplina in materia di malattia. La Corte di cassazione respinge il ricorso presentato dal lavoratore avverso la decisione di secondo grado precisando però che la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta. Si afferma che la reperibilità nelle fasce orarie è fondata su una ´doverosa disponibilità' del lavoratore al controllo dell'infermità, che costituisce un diritto del datore di lavoro, previsto dall'art. 5, secondo comma della legge n. 300 /1970; il datore di lavoro ha infatti interesse non solo all'accertamento della giustificazione della temporanea sospensione dell'adempimento del contratto da parte del lavoratore, ma anche della situazione patologica del lavoratore in sé considerata, quale ´potenziale fonte di una propria responsabilità'. La Corte prosegue specificando che a questo diritto del datore di lavoro corrisponde un obbligo di reperibilità da parte del lavoratore, il quale a sua volta discende dal più generale obbligo di correttezza e buona fede, che riguarda tutto lo svolgimento del rapporto obbligatorio, secondo quanto disposto dagli artt. 1175, 1358, 1366 e 1375 cc. Tramite l'interpretazione di questa clausola generale la giurisprudenza ha individuato componenti negoziali che non rientrano in specifici e contingenti obblighi contrattuali ed extracontrattuali, ma sono dovuti dalla parte in quanto costituiscono, senza il compimento di apprezzabili sacrifici o attività eccezionali, un mezzo di cooperazione per l'attuazione del diritto della controparte. Alla luce di quanto riportato, la Cassazione respinge il ricorso presentato dal lavoratore, ritenendo che la disponibilità a rendersi reperibile nelle fasce orarie, pur non espressamente prevista da una specifica disposizione di legge, costituisce l'unico necessario strumento per attuare il diritto del datore di lavoro di ottenere (attraverso l'intervento degli istituti di previdenza) il controllo dell'infermità causata da infortuni sul lavoro e l'obbligo relativo a tale disponibilità assume una consistenza più intensa della mera leale collaborazione. |