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ECONOMIE L'Italia del lavoro prepara lo sciopero di Giovanni Laccabò
 MILANO. Gli scioperi sono spontanei, sembrano nascere proprio dal cuore, uniscono le bandiere del sindacato e segnalano la ribellione che va montando contro l’atto di tirannia del governo delle destre che vuol colpire i diritti di lavoratori e pensionati e distruggere le basi del sindacato. Il leader Uil Silvano Miniati avverte che a lottare ci saranno anche loro, i pensionati, dal 5 al 7 dicembre. Si preannunciano tre giornate di lotte memorabili, nemmeno un pezzetto di territorio italiano sarà risparmiato. Non solo le due ore di sciopero, ma anche proteste pubbliche, cortei in piazza dove sarà possibile, come a Bologna dove si sciopera dalle 10 alle 12 del 7 dicembre e il corteo parte dalla stazione. E anche a Reggio Emilia. Anche a Milano sarà di martedì: lo han deciso insieme i sindacati confederali milanesi, fino a ieri così divisi. L’organismo dirigente della Cisl milanese - dice la segretaria Maria Grazia Fabrizio - ha discusso: «Toni decisamente alti sia sull’articolo 18 che sugli altri temi, che non vanno trascurati: documentano la linea del governo che mette in discussione l’equilibrio tra capitale e lavoro, a favore del capitale, e sottrae alla contrattazione una serie di materie, in particolare sanità e pubblico impiego. Distrugge il patrimonio di concertazione su previdenza, sanità, pubblico impiego, scuola, il Sud, mercato del lavoro». E sull’articolo 18? «Non siamo assolutamente disponibili a discuterlo né a ridiscuterlo: anzi se possibile vogliamo allargarlo a chi tuttora non lo ha come diritto garantito». Da Milano per iniziativa Fiom si allarga la voglia di visibilità, ma per coinvolgere la città servirebbero quattro ore e se si sfrutta la mobilitazione del pubblico impiego del 14 dicembre, e se tutte le categorie si uniranno ai lavoratori pubblici, allora si potrà esibire al governo e a Confindustria un saggio anticipatore di lotta generale. Per ora è solo un’idea su cui molto si discute. Ovunque tira aria nuova, soprattutto si percepisce la potenza del vento unitario: «Finalmente!», sbotta spontaneo il segretario della Uilm campana Giovanni Rega: «Finalmente dopo tanto tempo i sindacati si ritrovano uniti. A partire dalle assemblee vogliamo costruire un’immagine unitaria del sindacato e se il governo non revoca l’articolo 18 dalla delega, sarà sciopero generale della Campania». Alta tensione anche in Lazio, spiega il leader regionale della Uil, Alberto Sera: «Siamo impegnati nei congressi: i delegati ovunque insistono a dirci: “Prendete posizione!”. Vogliamo arrivare allo sciopero del 7 con il massimo di preparazione». La lotta per l’articolo 18, per Sera «è una grossa occasione per riprendere l’inziativa nei posti di lavoro contro la flessibilità: di flessibilità ne abbiamo già data tanta, ora nelle aziende si deve lavorare su organizzazione del lavoro e formazione continua». Anche le categorie nazionali si mobilitano: «Il nostro consiglio generale ha discusso di Libro bianco e articolo 18», dice Gianni Baratta, segretario generale della Fisascat-Cisl: «Sull’articolo 18 la posizione del governo va respinta, ne siamo profondamente convinti, e in maniera netta. Il governo non può decidere con delega, e comunque l’articolo 18 non si tocca. Penso alla mia categoria così polveralizzata: al Nord avremmo un forte svecchiamento, gli anziani verrebbero tutti quanti buttati fuori». Ovunque i sindacati operano fianco a fianco. Ieri il Veneto - spiega Cesare Damiano, segretario regionale Cgil - ha confermato tutti i pacchetti di sciopero nei territori: «Sia sullo statuto che sull’arbitrato, sia contro le risposte negative della Regione, in particolare per l’aumento delle tasse». In molte aziende le Rsu hanno indetto scioperi. In Piemonte, dove la mobilitazione è già stata pianificata dai tre sindacati, si sono fermate un’ora la Carrozzeria Bertone a Torino e quattro aziende a Novara, e da una a due ore molte fabbriche del Verbano, tra cui Bialetti, Lagostina, Calderoni. Venerdì 30 scioperano Tubor e Perrucchini e a Moncalieri la Ilte. Sui vertici confederali continuano a premere le Rsu: tutti pronti allo sciopero generale. Da Parma la Rsu Casappa di Collecchio («Tutto il movimento sindacale sia unito e forte, servono iniziative più generali e nazionali»), e Simonazzi, Manzini, Tecnotest di Sala Baganza («Prendere una posizione unitaria e chiara, ci vuole lo sciopero generale», Ocome («Contrastare il liberismo spregiudicato del governo: nessuna mediazione»), e la Rsu Rosetti Marino di Ravenna ammonisce a non dimenticare le categorie deboli: «La modifica ci porterebbe indietro di 50 anni: ancora oggi ci sono donne che vengono licenziate perché in dolce attesa: cosa accadrebbe se cambia la legge?».
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