1/12/2014 ore: 9:23

Inchiesta per mafia, vigilante si spara

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«Se perdo il lavoro è la fine, sono disperato». Lo aveva confidato ai colleghi il giorno prima di uccidersi. Un colpo di pistola sotto il mento, un rivolo di sangue che scorre sotto la porta dei bagni della stazione della metro A Barberini.
Ivan de Vitis, 42 anni, guardia giurata presso la Città di Roma Metronotte cooperativa, si è tolto la vita domenica mattina alle 6 sparandosi un colpo che gli ha trapassato il cranio. A scoprire il corpo una operatrice dell`Atac che ha visto sangue uscire dalla porta dei bagni privati usati dai vigilantes. Sul posto gli agenti del commissariato Castro Pretorio e i vigili del Fuoco che hanno sfondato la porta. La guardia giurata ha lasciato due lettere: una indirizzata al fratello, l`altra era in tasca. Ivan era disperato per la situazione lavorativa. La Città di Roma Metronotte infatti è stata coinvolta un`inchiesta della Dia che aveva comunicato alla Prefettura l`interdizione antimafia. La Prefettura di Roma a ottobre aveva quindi proceduto alla sospensione della licenza, provvedimento impugnato dalla società davanti al Tar del Lazio che ha dato ragione all`azienda e revocato la sospensione della licenza: il 26 novembre il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi presentati dall`Avvocatura di Stato contro l`annullamento della revoca della licenza.
«DISPERAZIONE»
«Ivan era disperato – racconta Mario Fanasca, amico, collega e sindacalista Rsa Filcams Cgil quando abbiamo saputo dell`inchiesta che ha coinvolto la nostra azienda, Ivan mi aveva detto: "È un brutto colpo, sono disperato, come faccio se perdo il lavoro?". Ivan lavorava da 15 anni presso la Città di Roma Metronotte, aveva un curriculum esemplare. Era depresso, aveva gli occhi spenti, ho provato tante volte a stargli vicino, ma era terrorizzato dalla possibilità di perdere il lavoro». «Aveva anche avuto un bruttissimo incidente con lo scooter – aggiunge Fanasca - per otto mesi era stato ricoverato in ospedale, aveva ancora problemi a una gamba». Guadagnava poco più di 1.200 euro al mese lordi e temeva di rimanere senza lavoro.
L`INCHIESTA
Lè indagini partono da lontano e vedono coinvolto Fabrizio Montali che nel 2013 è stato condannato in primo grado a 18 mesi di reclusione per usura. Nel processo è stato imputato anche Enrico Nicoletti, accusato di essere l`ex tesoriere della Banda della Magliana. A febbraio le perquisizioni della Guardia di Finanza nella sede amministrativa dell`azienda.
Ora l`inchiesta della Procura vuole far luce su una ipotetica evasione dell`Iva di 6 milioni di euro tra il 2010 e il 2011 e su presunti debiti per diversi milioni. L`azienda ha circa 700 dipendenti, appalti con Rai, Banca d`Italia, ministeri, Asl e ospedali. Molti enti a seguito della interdizione antimafia hanno preferito non rinnovare i contratti e rivolgersi a altri enti. Tanti vigilantes sono quindi stati assaliti dalla paura di perdere il lavoro. Tra loro c`era anche Ivan. «Senza la procedura di cambio appalto - dice Mauro Brinati della Fisascat Cisl di Roma - i dipendenti non possono iniziare a lavorare con le aziende subentranti. Sono d`accordo con l`azione della Prefettura, è necessario comunque fare chiarezza».