Il sommerso cresce più del Pil
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Secondo il Censis le attività «in nero» rappresentano il 20% dell'economia legale: possibile una rivalutazione dei conti
 Il sommerso cresce più del Pil I lavoratori irregolari sono 3,5 milioni concentrati soprattutto al Sud - Aumenta anche tra l'impiego dipendente
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ROMA - Dal calcolo del Pil italiano sfuggono 59 miliardi di Euro sommersi (oltre 115mila miliardi di lire). Una cifra significativa che, se confermata, deteminerebbe le condizioni per una rivalutazione dei conti. A sostenerlo è il direttore del Censis, Giuseppe Roma, che ieri ha presentato il volume su «L'economia sommersa» (Editori Laterza) su cui si sono confrontati il viceministro dell'Economia, Mario Baldassarri, il segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita, l'ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu, e l'esponente dei Ds, Alfredo Reichlin. Dall'indagine del Censis emerge che in tutta l'area dell'euro il sommerso cresce più dell'economia ufficiale. In Italia le stime ufficiali, valutano al 14,7% la quota del Pil (1999) derivante da attività che sfuggono al fisco o impiegano lavoro irregolare. Ma questa cifra è probabilmente sottostimata. Il Censis, sulla base di indagini recenti, sostiene che a tale quota va aggiunta un'ulteriore componente, non osservata dall'Istat, pari al 5,1% del Pil (oltre 115mila miliardi). Di conseguenza, secondo l'istituto di ricerca, le attività economiche sommerse in Italia rappresentano circa il 20% del Pil (il 19,8%). Ecco perché - sottolinea il Censis - se questo 5% aggiuntivo venisse confermato si riprodurrebbero le stesse condizioni, che per ben due volte negli ultimi 25 anni, hanno portato alla rivalutazione dei conti. L'impatto del sommerso è infatti sempre più significativo: fra il 1992 e il 1999 le unità di lavoro irregolari (sono 3,5 milioni) sono aumentate dell'11%, il tasso di irregolarità del lavoro dipendente è salito dal 21,4% al 23,7% con agricoltura e pesca, edilizia e trasporti in maggiore espansione, mentre i comparti dell'industria manifatturiera vedono andamenti costanti o in diminuzione. Sul fronte territoriale, oltre alla conferma di aree quale quella Campana e Pugliese, il rapporto sottolinea la rapida ascesa di regioni come Calabria e Sicilia. Nel Mezzogiorno, inoltre, ci sono almeno 600mila famiglie che vivono di solo lavoro nero e se a questi nuclei si aggiungono anche quelli dove i redditi sommersi si combinano con le pensioni minime, magari di invalidità, si arriva a 1,2 milioni di nuclei. La vastità del fenomeno pone quindi anche interrogativi sulla effettiva capacità di successo delle nuove regole (si vedano le pag. 25, 26 e 27 del Sole-24 Ore di oggi) introdotte dal Governo per l'emersione del nero (sgravi fiscali e contributivi per tre anni e sanatoria per il pregresso). Le ragioni fondamentali che inducono ad emergere sono essenzialmente centrate sul timore di essere sanzionati, anche se - spiega il Censis - una quota significativa di imprese si ritiene che voglia emergere perpoter crescere. «È evidente - ha spiegato Baldassarri - che perché l'emersione possa avvenire è indispensabile rimuovere le cause che generano il nero». Baldassarri ha insistito sulla necessità di intervenire sulle pensioni e sulla rigidità del mercato del lavoro. E Roma ha aggiunto: «Perché i nuovi aiuti producano effetti sostanziali è indispensabile accompagnare gli automatismi degli sgravi fiscali e contributivi, con un'azione di verifica e sostegno alle condizioni di sviluppo dell'impresa e dell'area». Una posizione condivisa anche da De Rita (che per primo coniò l'espressione economia sommersa nel '71) che ha sottolineato quanto questo fenomeno sia stato sottovalutato. E non solo in Italia. Tiziano Treu, raccontando del lungo confronto con la Ue sui contratti di riallineamento, ha ricordato che solo a partire dallo scorso anno il fenomeno del sommerso è entrato ufficialmente nei documenti della Commissione europea. Barbara Fiammeri www.ilsole24ore.com/lavoro Mercoledí 21 Novembre 2001
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