21/3/2005 ore: 10:49
I commercianti delusi dal governo
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sabato 19 marzo 2005 I commercianti delusi dal governo Billè: le promesse del premier sono rimaste un miraggio inviato a Cernobbio (COMO) Il fatto è, comunque che fra ex ministri come Giulio Tremonti, ministri leghisti non dimissionari come Roberto Maroni, l’intera triplice sindacale e Francesco Rutelli annunciati per oggi, il presidente della Confcommercio riserva proprio al capo del governo in carica gli strali più acuminati. E di strali, oltre che a una batteria inesauribile di battute e battutacce («Si parla tanto di ritiro dall’Iraq, noi vogliamo il ritiro dall’Irap»), ne arrivano a ripetizione da un Billè che a Cernobbio riunisce i pezzi grossi della Confcommercio proprio - era già successo lo scorso anno grazie alle urne ricorrenti della politica italiana - alla vigilia di qualche consultazione elettorale. Del resto, chiarisce in apertura «la nostra associazione non è «embedded» e questo significa che ha libertà di analisi e di pensiero». Questo perché le iniziative del governo «per rimettere in carreggiata la nostra economia non hanno fino ad ora prodotto purtroppo i risultati sperati, e un po’ più di autocritica sarebbe utile», dice, anche se mette le mani avanti chiarendo che il suo «non è un attacco al governo». Il problema di fondo è secondo il presidente di Confcommercio che «ci era stato promesso qualcosa di sostanzialmente diverso» da quello che poi è avvenuto e che di fronte a problemi di crescita economica e competitività peggiorati nell’ultimo anno le risposte non sono stati sufficienti. Risposte che secondo Billè stanno nella riduzione delle tasse, nel rilancio dei consumi e nello snellimento della burocrazia di fronte a un quadro economico stagnante, dove la Confcommercio calcola che nel 2005 il Pil crescerà solo dell’1,15% e i consumi delle famiglie dello 0,9%. Proprio sull'Irap Confcommercio accoglie con gran gioia la pronuncia europea ma dice no a «partite di giro», spiegando come «per il mondo delle imprese sarebbe del tutto inaccettabile se ci si limitasse a spostare il gettito derivante da questa imposta da una casella a un'altra, ma sempre a carico dell'impresa». Invece, argomenta Billè, i 33 miliardi di euro che mancherebbero all’appello eliminando l’Irap andrebbero recuperati mettendo «finalmente sotto controllo la spesa pubblica e quindi riducendola decisamente nella sua parte largamente improduttiva». Il fisco, insomma, resta lo strumento principe per mettere in moto l’economia e la riduzione della pressione sulle imprese «l'unico modo per favorire e potenziare gli investimenti pubblici anche attraverso il capitale privato». In attesa che le tasse scendano per le imprese qualche sospetto sulla fattibilità della riduzione di tasse per 12 miliardi che dovrebbe toccare le famiglie: «Mi chiedo se queste risorse ci sono veramente e se ci sono su quali conti e sulle spalle di chi verrebbero caricati». |