Fiom e Cgil: unite contro l’accordo Fiat,divise sulla strategia
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Oltre sei ore di confronto serrato non sono bastate a ricomporre la distanza strategica creatasi tra Fiom e Cgil all’indomani dell’accordo separato su Mirafiori, e mantenutasi intatta in settimane di mediazioni.
STRATEGIE DIVERGENTI La confederazione di Corso d’Italia e la categoria dei metalmeccanici, al termine della riunione fiume tra le due segreterie di ieri pomeriggio, si presentano dunque unite nel condannare l’intesa separata imposta da Sergio Marchionne. E la presenza di Susanna Camusso, al fianco di Maurizio Landini, alla manifestazione di Bologna del 27 gennaio che concluderà lo sciopero generale dei metalmeccanici (anticipato in Emilia- Romagna di un giorno rispetto al resto d’Italia) è un segnale importante di come «Fiom e Cgil insieme staranno vicino ai lavoratori di Mirafiori », qualunque sarà il risultato del referendum di giovedì e venerdì prossimo. Ma restano divise sul come affrontare la vertenza Fiat all’indomani della consultazione, nell’eventualità attesa che l’esito sia favorevole all’accordo. La Cgil proponeva alla Fiom una firma a posteriori per non essere esclusa dalle rappresentanze sindacali aziendali: «Il tema non è mai stato una soluzione tecnica, ma come garantire la libertà dei lavoratori di avere un sindacato e di eleggere i propri rappresentanti» ha spiegato Camusso. Ma la confederazione ha dovuto nuovamente prendere atto della contrarietà della categoria, evitando qualsiasi forzatura. «Nessuna spaccatura» ha assicurato Landini, mail confronto sulle iniziative da intraprendere in futuro «continuerà» nei prossimi giorni, dall’assemblea di Chianciano di domani e mercoledì, al direttivo del 15 gennaio. anticipato dal confronto tv tra Maurizio Landini e il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, registrato nella mattinata di ieri per la trasmissione di Lucia Annunziata su Rai3. «In Italia la democrazia funziona e si vota solo quando lo decide Marchionne sotto ricatto» ha attaccato Landini, ricordando i tanti referendum chiesti dalla Fiom, ma che non sono mai stati organizzati per l’opposizione delle altre sigle sindacali o delle aziende (a cominciare da quello sul contratto separato dei metalmeccanici del 2009). «Il referendum non è un ricatto e non lo decide Marchionne, ma i sindacati che hanno sottoscritto l’accordo e che per questo vanno rispettati anche dalla Fiom» gli ha risposto Bombassei, recentemente nominato nel cda di Fiat Industrial, secondo il quale «quello che ha chiesto Marchionne non è un ricatto», ma sono «le condizioni minime per tenere testa alla concorrenza globale ». Ma il vicepresidente di Confindustria ha dovuto incassare il colpo sull’abbandono da parte del Lingotto di viale dell’Astronomia: «Non è corretto dire che Fiat è uscita da Confindustria, in realtà, vista la riorganizzazione, non è entrata, perché sono nate due newco. È una scelta tecnica, ci auguriamo sia temporanea e strumentale». Anche gli industriali, insomma, si stringono nell’auspicio che Marchionne mantenga le promesse fatte. Comei sindacati firmatari dell’accordo, che invitano i dipendenti Fiat a votare sì in ragione degli investimenti miliardari annunciati. E come i lavoratori del gruppo, tra cui anche gli 800 operai addetti all’Alfa Mito che stamattina torneranno al lavoro a Mirafiori dopo tre settimane di cassa integrazione. I primi a rientrare in una fabbrica che attende con il fiato sospeso il referendum del 13 e 14 gennaio.