Contratti più flessibili Si comincia con l’auto
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ROMA — «La sa una cosa? Che ci sono circa 10 mila accordi aziendali che derogano al contratto dei metalmeccanici. E la Fiom-Cgil è quella che ne ha firmati di più. Solo che fino a un certo momento questo è avvenuto senza che nessuno dicesse niente, nonostante le deroghe non fossero previste dal contratto. Poi con l’accordo sulla Fiat di Pomigliano il meccanismo si è rotto. La Fiom ha deciso di percorrere la via giudiziaria, impugnando tutto ciò che non è permesso dal contratto e allora è stato necessario che gli altri sindacati e la Federmeccanica firmassero ieri questo accordo che dice appunto che, a livello aziendale, si possono raggiungere intese per modificare il contratto nazionale». Ecco la spiegazione di questo delicato passaggio delle relazioni industriali nelle parole di un sindacalista di lungo corso come Paolo Pirani della Uil.
Insomma, si tratta certamente di una svolta perché, a leggere il testo firmato ieri dall’associazione delle imprese metalmeccaniche e da Fim-Cisl e Uilm-Uil, in azienda ci si potrà accordare per cambiare tutto, tranne i minimi salariali e gli scatti di anzianità (il richiamo ai «diritti inderogabili di legge» è pleonastico) purché l’azienda sia in crisi o abbia programmi di sviluppo. Una svolta però che finisce per raccogliere quanto è già maturato nella realtà, secondo i favorevoli all’intesa. Il contratto dei metalmeccanici, continua Pirani, «nella sua impostazione risale a 40 anni fa, quando l’impresa non si confrontava con la globalizzazione. Di qui le 10 mila deroghe che, col buon senso delle parti, hanno aggiustato la situazione. Adesso, dopo l’accordo di ieri, il re è nudo, ma stiamo solo attuando quanto previsto dalla riforma del modello contrattuale del 2009».
Pure Valeria Fedeli, anche lei sindacalista di lungo corso ma della Cgil, riconosce che negli anni c’è stato «un continuo processo di adattamento» dei contratti, «ma quest’accordo dice un’altra cosa». Secondo Fedeli, che come leader dei tessili è intervenuta su molte situazioni di crisi aziendale, «la strada che si è seguita finora non è quella delle deroghe al contratto nazionale ma quella della contrattazione d’anticipo». Formula che significa che è lo stesso contratto nazionale a consentire nelle aziende «adattamenti negoziati su orari e flessibilità». Le deroghe «non servono». Tanto è vero, continua Fedeli, che nei chimici, dove sono esplicitamente previste dal contratto nazionale fin dal 2006, «finora nessuna azienda le ha utilizzate, perché bastano le possibilità d’intervento già offerte dal contratto nazionale».
A sentire poi anche i più moderati della Fiom, come Fausto Durante, l’accordo di ieri è «inutile, perché voglio vedere come si applicano in azienda queste deroghe se la Fiom è contraria». Ma gli altri sembrano decisi a superare quest’ostacolo. Non a caso la Federmeccanica insiste per un «contratto dell’auto» che codifichi a monte le deroghe e, in mancanza, la Fiat è pronta a uscire dalla stessa Federmeccanica pur di applicare un contratto suo, senza la Fiom. «Non c’è altra strada per rendere governabili le fabbriche», taglia corto Roberto Di Maulo, leader della Fismic, sindacato autonomo della Fiat. Poi, se e come tutto questo si possa conciliare con la recente «svolta di Genova», cioè l’apertura di Confindustria alla Cgil, è tutto da vedere.