Cgil: il taglio Irpef vale l’1,5% del Pil, servizi a rischio

sezione: IN PRIMO PIANO data: 2004-04-02 - pag: 3 autore: LI.P.
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Cgil: il taglio Irpef vale l’1,5% del Pil, servizi a rischio |
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ROMA • La Cgil ieri ha risposto al Governo con i numeri. Con quanto il lavoro dipendente e le pensioni hanno perso in potere d’acquisto, 392 euro nel 2003 (220 per il differenziale tra crescita di retribuzione e inflazione e 172 euro per la mancata restituzione del fiscal drag); con quanto costerebbe la riforma fiscale, 34,5 miliardi di euro se al taglio a due delle aliquote (22,2 miliardi di euro) si aggiunge l’ipotesi di un allargamento della no tax area fino a 10.000 euro. In una cifra, 1,5 punti di Pil. Un costo che — secondo lo studio Ires-Cgil — «mette a rischio le risorse per i servizi sociali». Ma intanto, già in questi anni, oltre buste-paga più leggere si sconta anche un’imposizione fiscale più pesante visto che «la pressione sulle famiglie è passata, tra il ’90 e il 2003, dal 12,9 al 15,4%, anche per l’aumento, in atto dal 2001, delle addizionali locali». Numeri che sono già un «no» al secondo modulo della manovra sull’Irpef. «La riduzione del gettito — ha spiegato il presidente dell’IresCgil, Agostino Megale — non è sostenibile finanziariamente e socialmente perché si finisce per dare di più a chi ha già molto». Non sono dichiarazioni prive di documentazione. Secondo i calcoli fatti dal sindacato, rispetto alla situazione attuale per un contribuente con un reddito annuo di 18mila euro si avrebbe una riduzione annua di imposta di circa 500 euro; per i redditi oltre i 40mila euro annui, invece, la riduzione di imposta sarebbe pari a circa 6mila euro. Secondo le simulazioni della Cgil, saranno avvantaggiati dalla riforma il 92,2% dei dirigenti, il 78,7% dei professionisti e il 50,5% degli imprenditori. Poi, i benefici calano per i lavoratori dipendenti e pensionati (per gli operai il vantaggio risulta pari al 23,1%). La confederazione ha anche fatto i calcoli in tasca alle varie categorie: i benefici individuali oscillano dai 5,1 milioni di un professionista ai 313 euro di un operaio. Intanto, potrebbe partire da Corso d’Italia un ricorso alla Consulta contro il concordato fiscale preventivo.
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