5/4/2005 ore: 12:36
"Regionali 5" Ora Forza Italia non seduce più
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Ora Forza Italia non seduce più Cresce il dissenso interno: cambiare «Siamo troppo succubi nella coalizione e deleghiamo troppo a Berlusconi» Forza Italia seduce sempre meno. L’erosione di voti prosegue e si allarga. Persino al Sud, in quelle sacche di consenso che l’avevano resa invincibile. C’era una volta un partito che bastava a se stesso e agli alleati, che drenava voti solo per il fatto di esistere. Bastavano Berlusconi e il simbolo. Oggi quella forza propulsiva è sempre più flebile. E in via dell’Umiltà - dopo il tonfo del Friuli-Venezia-Giulia, dopo la perdita di Verona, dopo la sconfitta delle Europee - il voto di ieri riapre puntuale il dibattito sul futuro, sulla necessità di voltare pagina, di cambiare tutto. Magari azzerando uomini e metodi. Difficile fare previsioni, Berlusconi non ama cambiare, non ama bocciare chi gli ha promesso fedeltà. Cambia di solito senza cambiare, per affiancamento: «Si è passati dalla diarchia Bondi-Cicchitto all’innesto di altri big, all’insegna del "convivete e voletevi tutti bene"». Così ragionava ieri sera Maria Teresa Armosino, avvocato piemontese e sottosegretario dell’Economia, la cui analisi però va oltre, «perché nel partito la colpa non ha mai padri né madri, come se non esistessero responsabilità. Il contrario di quello che avviene nelle imprese, dove chi sbaglia paga, va a casa. Qui non va mai a casa nessuno». PARADOSSO - Quasi un paradosso, per un partito nato come prosecuzione di un’azienda, accusato di vivere e mutuare schermi economicistici prima che politici. Difficile dire a caldo se la débacle del centrodestra, come accusano dentro l’Udc e in Alleanza nazionale, è soprattutto «rimpicciolimento» di Forza Italia. Solo i dati definitivi e i riepiloghi potranno dirlo, anche se i Ds parlano di «crollo» e di un partito che in molte Regioni non raggiunge più il 20%. Di certo, riflette il ministro Claudio Scajola, «quello di oggi è un grosso campanello di allarme. Io non amo le purghe, sono contrario a drastici cambiamenti, ma qualcosa bisognerà pur fare. Dovrà decidere Berlusconi». Cambiare cosa, Bondi e Cicchitto? «Non mi farà dire quello che non voglio dire, sono decisioni che prende il Presidente. Occorre però essere tutti consapevoli che bisogna rimboccarsi le maniche, tornare in modo drastico fra la gente, modificare i rapporti di forza con gli alleati, cambiare profondamente la comunicazione, che evidentemente è inefficace». DISSENSO - Scajola è capofila di quel dissenso strisciante che vorrebbe un partito diverso, più aggressivo sul territorio, meno arrendevole con gli alleati. Insieme a Miccichè, Tremonti e Dell’Utri, è stato chiamato ad affiancare la gestione Bondi-Cicchitto. Ma l’idea che Forza Italia riflette all’esterno è la stessa di un anno fa, prima degli «innesti» voluti da Berlusconi. Il partito rimane venato da forti divisioni interne. Da fortissime incomprensioni (per usare un eufemismo) fra i dirigenti. Incapace di vita propria, diversa da quella del Capo. E incapace soprattutto di autonomia reale, e di una forza di contrattazione, rispetto alle continue richieste (denunciate in alcuni casi come ricatti) degli alleati. Poco importa che in questi casi sia stato Berlusconi in prima persona a cedere di fronte alle richieste di Follini e Fini, per la Bertolini il problema è alla fonte: «Forza Italia continua a delegare troppo al nostro presidente, non lo aiuta. Non è capace di prevenire errori macroscopici di strategia elettorale, ha perso autorevolezza nei confronti degli alleati. Credo sia arrivato il momento di organizzare una minoranza interna. E spero che Berlusconi in prima persona si convinca che occorre una profonda sterzata, una nuova classe dirigente». LE VIRTU’ - Giorgio Carollo, coordinatore del Veneto, eurodeputato, allarga l’analisi e va a ritroso nel tempo: «C’era una volta un partito che non si stancava di confezionare attività, manifestazioni, e in cui la competizione interna, sana, fondata sui risultati, si imponeva come virtù. Con Berlusconi a Palazzo Chigi ci si è illusi che il consenso sarebbe arrivato da lì, dall’attività di buon governo. Non è stato così, ma nel frattempo il partito ha smesso di pulsare, attività ridotte a zero, territorio dimenticato. La dirigenza ha cercato di recuperare, ma non si rivitalizza Forza Italia chiedendo di non contarci ai congressi e demonizzando le divisioni interne. Occorrono forse regole nuove, certamente una riflessione profonda». CAMBIAMENTO - Chi scommette su un cambiamento, nonostante tutto, potrebbe essere destinato a perdere. Anche perché le analisi della crisi possono essere svariate, non ultima il distacco di Berlusconi dalla campagna elettorale. Lo dice chiaramente Antonio Tajani, registrando che «mancano i consensi raccolti dal carisma di Berlusconi». Lo dice anche il vicecoordinatore vicario, Fabrizio Cicchitto, convinto che sia sbagliato «considerare queste elezioni come un risultato definitivo. Ci sono i termini per una rivincita sul piano politico nazionale». |