"Pensioni" Duello Damiano-Cgil
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mercoledì 17 gennaio 2007
Pagina 6- Primo Piano
PREVIDENZA Lo scontro continua
L’affondo di Rutelli «I coefficienti vanno aggiornati subito e l’età pensionabile innalzata per gradi»
Pensioni, duello Damiano-Cgil
Epifani: scalone da abolire. Il ministro: tutoo insieme non si può, mancano i fondi
STEFANO LEPRI
ROMA Prima delle elezioni amministrative di maggio o dopo? Prima: la riforma delle pensioni si deve fare prima del voto a Genova e a Verona e in altre città, è il messaggio partito da un convegno dei gruppi parlamentari dell’Ulivo ieri. Il ministro del Lavoro Cesare Damiano, che pure a quel gruppo aderisce, non si sbilancia: «dobbiamo chiudere in tempi relativamente brevi» ma «nessuna tagliola». Ma Francesco Rutelli incalza su tutta la linea.
Difficile che ci si riesca, ad arrivare in porto prima di maggio; tanto più che nessuna convocazione dei sindacati è imminente, ha chiarito Damiano. Ieri l’Ulivo ha lanciato la sua proposta, facendo alcuni passi avanti per renderla più accettabile a Cgil, Cisl e Uil. Il leader della Cgil Guglielmo Epifani, parlando dopo diversi giorni di silenzio, un piccolo spiraglio al negoziato l’ha aperto. Ma l’ala sinistra della maggioranza non si muove.
Taciuta, nel convegno dell’Ulivo aleggiava infatti quella che si potrebbe chiamare l’«ipotesi Padoa-Schioppa»: in mancanza di un accordo, il governo applica le leggi esistenti. Ovvero, dal 2008 nessuno va in pensione prima dei 60 anni, come vuole la legge Maroni approvata dal centro-destra nel 2004; si dà il via al ritocco dei «coefficienti di trasformazione» a norma della legge Dini approvata dal centro-sinistra nel 2005.
E’ contro questa ipotesi che si muove Epifani, dichiarando che vuole «abolire lo scalone» ossia la norma Maroni «prima del Dpef», insomma prima di giugno. Per avvicinarsi ai sindacati, l’Ulivo con i capigruppo Dario Franceschini e Anna Finocchiaro propone di cominciare il negoziato dagli «ammortizzatori sociali», ovvero, indennità di disoccupazione, e altri strumenti per aiutare chi fa lavori precari o discontinui o perde il posto. Niente da fare, sempre alle pensioni la polemica ritorna.
Al momento la discordia è massima sui coefficienti che la legge Dini prevede di rivedere ogni 10 anni per adeguare il sistema previdenziale all’allungamento della durata della vita. A coefficienti ritoccati, la pensione di chi lascerà il lavoro a 65 anni dovrebbe restare praticamente invariata; diminuirebbe per chi lo lascerà prima. Il segretario di Rifondazione Franco Giordano sbarra la strada: non c’era nell’accordo di Caserta». Si può fare con correzioni a favore dei giovani e dei redditi più bassi, propone invece l’Ulivo.
«Non può essere automatico» il ritocco dei coefficienti, dichiara Epifani, e sta qui la sua apertura; ma reagisce male il segretario della Cgil, con un secco «niente scherzi», all’idea esposta da Damiano di sostituire lo «scalone» di Maroni con «scalini» (innalzamenti graduali dell’età minima per la pensione di anzianità). Qui non è impossibile trovare un punto di incontro, abolendo del tutto lo «scalone» per i lavori usuranti e graduando per gli altri. Un’altra ipotesi compromesso, aumentare le pensioni minime, è bocciata da Damiano: «Sarebbe una grave ingiustizia» portare le pensioni minime (quelle di chi non ha abbastanza contributi) al livello di quelle più basse (di chi hi contributi li ha pagati).
Ma il leader della Cisl Raffaele Bonanni gioca una partita diversa da quella della Cgil, chiude dove Epifani apre e viceversa: «No alla modifica dei coefficienti, ma piena disponibilità a un confronto con il governo sull’innalzamento dell’età pensionabile». Innalzamento, però, solo con incentivi a chi resta, non con disincentivi a chi va prima; secondo i tecnici, non funzionerebbe. C’è chi fa conto su un’intesa «morbida», senza alcuna modifica dei coefficienti e con incentivi a chi resta al lavoro. Ma lasciare invariati i coefficienti sembra inaccettabile per Francesco Rutelli che ieri è tornato alla carica, per Piero Fassino, per Padoa-Schioppa.
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