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"Governo" La caduta del consenso (E.Berselli)

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    luned? 11 dicembre 2006

    Prima Pagina (segue a pag.20) - Commenti


    LA CADUTA
    DEL CONSENSO

    Edmondo Berselli

    Sar? impazzita anche Bologna, ma questa volta il faccia a faccia con la realt? ? avvilente, doloroso. Ieri per la prima volta in vita sua Romano Prodi ha sperimentato i fischi. Peggio, l?avversione di un popolo giovane, spensierato, consumista, proprio nella sua Bologna, dentro la festa di massa del Motorshow. ? vero che il battesimo del fischio Prodi l?aveva gi? ricevuto meno di due mesi fa, a Verona, in occasione della grande assemblea dei cattolici.

    Ma allo stadio Bentegodi, in occasione della messa di papa Ratzinger, erano stati fischi politici, mischiati ad applausi, non esenti dal sospetto di una pi? o meno improvvisata claque di destra, e comunque sollecitati dalla contemporanea presenza del suo avversario Silvio Berlusconi, figura ideale per accalorare le tifoserie.

    Mentre a Bologna ? tutta un?altra storia. A Bologna, Prodi ? stimato, anzi, circondato dall?affetto dei concittadini: anche gli avversari politici lo trattano con confidenza, in quel circuito di borghesia metropolitana che sfuma dal centrodestra al centrosinistra senza troppe soluzioni cromatiche, e in cui la conoscenza personale conta pi? delle fedelt? di partito.

    E dunque se il premier ha deciso di fare la sua apparizione a fianco del patron Alfredo Cazzola nel tempio dei motori, affollato in questi giorni di ragazzi che all?ingresso sacrificano 24 euro per ammirare auto che non potranno mai comprare, vuol dire che era sicuro di poter contare sulla solita accoglienza alla bolognese, pacche sulle spalle, "vai Romano", o il "resisti, resisti, resisti" rivoltogli da Francesco Guccini alla festa annuale del Mulino.

    Solo che al Motorshow non c?era la Bologna accogliente e placida che ormai da tempo guarda alle differenze politiche con il suo benevolo scetticismo postpolitico. C?era un frammento di Italia generica, un?Italia qualsiasi non propensa a sottilizzare. "Mortadella", "buffone": perfino gli epiteti piuttosto ovvi indirizzati al presidente del Consiglio non fanno pensare a un?organizzazione raffinata, a un?imboscata preparata con cura da pasdaran berlusconisti; piuttosto all?espressione di un?antipatia istintiva, rivolta a Prodi in quanto rappresentante del potere e delle istituzioni, oltrech? di una politica infinitamente distante dai desideri e dai bisogni, sicuramente indotti ma reali, dei giovani richiamati a Bologna dall?immagine e dal mito della "macchina".

    Perch? se i ragazzi del Motorshow sono in qualche misura rappresentativi di una realt? sociale, per interpretarla occorrerebbe ricorrere alle categorie di Norberto Bobbio, quando parlava di una societ? "naturaliter di destra", creata e plasmata dalla televisione. Ma dopo avere individuato nel popolo del Motorshow una cultura o addirittura un?antropologia insensibile ai valori della solidariet? e dei diritti a cui si riferisce il centrosinistra, e indifferente al ridisegno delle aliquote o al binomio risanamento e rilancio, l?alternativa ? fin troppo semplice. O si d? per dispersa politicamente quella societ?, o si prova a parlarle.

    Darla per dispersa ? facile: basta descriverla come una congerie di individualismo insofferente delle regole, di consumismo immediato e irriflesso, e il gioco ? fatto. Vale per quel segmento di societ? ci? che disse Fausto Bertinotti, citando Gramsci, quando nella sorpresa di tutti emerse e vinse Forza Italia: c?? una "plebe borghese" che la destra raccoglie facilmente, con il suo populismo, con il suo pensiero qualunque, con la demagogia, gli slogan, gli spot.

    Oppure, provare a capirci qualcosa. Ed ? difficile, perch? la sinistra ? reduce anche dai fischi di Mirafiori a Guglielmo Epifani, segno di una sfasatura stridente fra una base che si sente politicamente orfana e una rappresentanza sindacale che non riesce a dare risposte se non riproponendo il tradizionale collateralismo con il governo "amico".

    Ma per provare a interpretare, a discernere, a comprendere questa societ? mutante, coinvolta o travolta dalla grande trasformazione, non ? il caso di fare troppo affidamento sulle ascisse e le ordinate di Tommaso Padoa-Schioppa, sugli istogrammi, le tabelle e i saldi della legge finanziaria. Occorre fare i conti anche con il paese "impazzito": ci? che Giuliano Amato ha descritto come lo specchio in frantumi, una ?democrazia che scricchiola?, sottoposta a contraccolpi di antipolitica, e che rischia ?una deriva populista, l?avvento di un Pim Fortuyn italiano, che mette insieme tutte le rabbie diffuse nel Paese e finisce per sfasciare culture, partiti e istituzioni?.

    Per cui anche la smusata, o la tranvata, di Bologna pu? essere utile se serve a mettere a fuoco un?idea non meccanicistica del consenso (e soprattutto della perdita del consenso). Cio? che la colossale e rapidissima perdita di popolarit? e di gradimento del governo dopo il varo della finanziaria (?mai visto in Italia un crollo del genere?, dicono a mezza voce i sondaggisti), non pu? essere spiegata con esorcismi accademici come quello secondo cui la manovra sarebbe buona perch? scontenta tutti. La realt? ? che se tutti si lamentano, anche coloro che ne trarranno vantaggi, c?? di mezzo un problema. Grave.

    C?? di mezzo l?incomprensibilit? dell?azione di governo. L?incomunicabilit? dei ministri e del capo dell?esecutivo rispetto all?opinione pubblica. L?assenza di una missione riconoscibile, come ? stato detto e ripetuto. E tutto ci? sfocia in un risentimento diffuso verso il centrosinistra, un rancore esplicito e naturale nell?elettorato di destra, ma a cui la societ? di centrosinistra non ha nemmeno la forza di rispondere.

    Il popolo arrabbiato del Motorshow dice, a insulti, tutto questo. Forse non distingue nemmeno fra destra e sinistra; probabilmente avrebbe fischiato con equanime qualunquismo anche i politici della destra. Tuttavia sarebbe inutile dire belle parole sull?antipolitica, senza poi sapere che fare quando l?antipolitica si presenta davanti, con la sua faccia incattivita: forse anche la pazza Bologna dice che non ? tempo di "fase due", o di astrattezze su organigrammi e collocazioni future, ma di ritrovare il realismo sufficiente per interpretare la nostra societ?, e soprattutto per non fraintenderla.

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