7/6/2007 ore: 11:50
"GdF" «Un comandante inadeguato e sleale»
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Prima Pagina (segue a pagina 4) - Economia Il che torna a sollecitare domande sin qui inevase. A un ufficiale di tale fatta era opportuno, come il governo ha fatto, offrire uno scranno alla Corte dei Conti? Perché è rimasto al comando per oltre un anno senza che il governo trovasse la forza di avvicendarlo? Il documento, dunque. E´ il 9 giugno 2006. Visco ha ricevuto le deleghe per la Guardia di Finanza soltanto 48 ore prima e il generale Roberto Speciale si presenta al nuovo padrone politico per omaggiarlo con la testa di «un nemico», certo di guadagnarne immediatamente i favori. «Il Comandante generale - scrive Visco - mi prospettò per prima cosa l´opportunità di avvicendare il capo di Stato maggiore, il generale Spaziante, il quale, a suo dire, gli era stato imposto dal precedente ministro». Che Emilio Spaziante (già comandante della Guardia di Finanza in Lombardia) e Giulio Tremonti siano annodati a doppio filo lo sanno anche i sassi. E toglierselo di torno è una mossa utile a far passare il piano di avvicendamenti che la accompagna. Il 26 giugno, infatti, Speciale torna da Visco. «Mi presentò un´ipotesi di impiego di generali e colonnelli piuttosto ampia. Nel prospetto erano previsti, tra gli altri, avvicendamenti presso gli importanti comandi di Roma, Torino, Bologna, Firenze e Cagliari, ma non di Milano». Visco non abbocca. «Sconsigliai la rimozione di Spaziante da capo di Stato maggiore, che infatti rimase al suo posto, sia perché poco motivata, sia per evitare che potesse essere interpretata come una decisione politica del nuovo governo. Mi riservai di esprimere un parere sulle proposte di trasferimento, sia per maturare le giuste convinzioni, sia per meglio comprenderne i criteri». Cominciano consultazioni «informali». Visco discute «con il comandante in seconda, generale Italo Pappa, con il generale Sergio Favaro, che avrebbe assunto lo stesso incarico dopo pochi mesi, con il generale Emilio Spaziante, capo di stato maggiore, con il suo sottocapo, generale Paolo Poletti, con il generale Mariella, già capo di stato maggiore durante il primo governo di centro-sinistra». Ne esce un quadro allarmante. «Pappa e Favaro lamentavano una gestione personalistica del Corpo» (per dirne una, Speciale ha rimosso in un colpo solo l´intera catena di comando dell´Emilia durante il "caso Parmalat"), «un non sempre puntuale rispetto delle regole, una mancanza di valutazione e consapevolezza delle conseguenze giuridiche delle decisioni assunte. Forte era la polemica in relazione alla politica degli "encomi" (spesso "solenni" a singoli ufficiali di grado elevato), perché influenzava i lavori della Commissione speciale di avanzamento (le promozioni di carriera ndr.) e avveniva spesso senza rispettare le procedure e senza conoscenza pubblica delle ragioni di quelle concessioni, dei loro beneficiari». Si arriva così al nodo di Milano. «Emersero alcune valutazioni negative, in particolare nei confronti del generale Forchetti (delfino di Spaziante, uomo di Pollari ndr.), comandante regionale della Guardia di Finanza in Lombardia che, secondo il generale Favaro, non presentava un´adeguata corrispondenza ai requisiti richiesti per l´incarico, non avendo seguito il corso superiore di polizia tributaria». E ancora. «Emergeva che sia il generale Forchetti, che altri ufficiali, erano stati impiegati per molti anni in Lombardia e/o Milano. Il generale Forchetti, prima a Milano come capo centro Lombardia del II Reparto (l´intelligence della Finanza ndr.), poi comandante del gruppo a Milano, poi comandante provinciale e infine comandante regionale. Il colonnello Lo Russo, comandante dal 2002 al 2004 al comando provinciale di Milano era stato riassegnato, evento davvero inconsueto, dal 1 giugno 2006 allo stesso comando, dopo un periodo trascorso, sempre a Milano, dal luglio 2004 al maggio 2006 come comandante del Nucleo regionale di polizia tributaria». Ma, soprattutto, «le informazioni arrivate al mio Gabinetto da altre fonti interne al Corpo» sollevavano «ulteriori dubbi sulla permanenza degli stessi ufficiali, nella stessa sede, per l´inevitabile cristallizzazione di amicizie e di conoscenze con ambienti dell´economia, della politica e dell´informazione». Per Visco, ce n´è abbastanza per suggerire «legittimamente» di sciogliere il grumo. Sappiamo ormai quel che accade di lì in avanti. Sappiamo che Speciale trova nell´ex nemico Spaziante un alleato nelle mosse che cova. Sappiamo dell´incontro Visco-Speciale del 13 luglio. Della disponibilità di Speciale ad avviare i trasferimenti il giorno successivo. Delle due tempestose telefonate (il 14, a Bari e il 17 luglio, «in viva voce», a Roma) tra il viceministro e il comandante generale quando appare chiaro al primo che il secondo lo prende in giro. Delle due lettere del procuratore Minale (una di giugno, una di luglio), ricevute da Speciale e taciute a Visco. Della notizia battuta dall´Ansa la notte del 16 luglio che della trappola è spia («Caso Unipol, azzerati i vertici della Guardia di Finanza in Lombardia»). In quel luglio del 2006, mentre continua a mentire a Visco, Speciale prepara la tenaglia che lo deve stritolare. Insieme a Spaziante, si fa ascoltare dall´Avvocatura generale di Milano (tacendo volutamente la circostanza al generale Ferraro, comandante interregionale responsabile per il nord-Ovest), quindi promuove un esposto alla procura militare di Roma. Un anno dopo, fa esplodere il caso e torna a mentire, soprattutto nel dare conto del contenuto delle sue telefonate con il viceministro. Che scrive: «Non feci nessuna indebita pressione. Non avanzai alcuna minaccia. Non consegnai alcun "foglietto" con i nomi degli ufficiali da trasferire. Ed infatti tale "foglietto" non è mai stato esibito, pur essendo il comandante generale persona che ha dimostrato rara attenzione a particolari e dati, fino al punto di annotare l´orario delle telefonate fatte ascoltare in viva voce, se non addirittura registrate. Non feci alcun riferimento a Unipol, le cui indagini, del resto, erano condotte dal Nucleo di polizia valutaria di Roma». Padoa-Schioppa e il governo di tutto questo traggono le conseguenze: «Il viceministro ha agito nel pieno rispetto sia delle prerogative dell´autorità politica e dei compiti di indirizzo ad essa spettanti, sia degli interessi della Guardia di Finanza e dell´autorità giudiziaria». |