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mercoledì 21 dicembre 2005
Pagina 5 - Primo Piano
L’INCHIESTA - SPUNTA ANCHE UN MISTERIOSO «PROFESSOR RUOZZI» A CUI FU DESTINATA UNA SOMMA DALL’EX AD DI BPL CHE NEGLI INTERROGATORI HA CONFERMATO TUTTI GLI ELENCHI
Due viceministri nei guai per Antonveneta
Valentino (An) talpa di Ricucci. Il forzista Brancher collettore per Fiorani: ha preso 2,5 milioni
Paolo Colonnello
MILANO Il primo avrebbe fatto da «talpa» per Stefano Ricucci sulle intercettazioni dell’inchiesta Antonveneta. Il secondo sarebbe stato «l’importante uomo politico romano», che faceva da collettore per i finanziamenti di Fiorani ai vari personaggi politici che dovevano appoggiarlo. E non sono due sconosciuti ma due sottosegretari del governo Berlusconi: rispettivamente il sottosegretario alla giustizia di An Giuseppe Valentino e il sottosegretario alle Riforme Aldo Brancher. Due viceministri che finiscono nei guai dopo le dichiarazioni fiume di Fiorani e il materiale probatorio raccolto dagli inquirenti e allegato agli arresti dei giorni scorsi.
Giuseppe Valentino (già indagato dalla direzione antimafia di Catanzaro per pressioni indebite sui magistrati di Reggio Calabria impegnati nella lotta alla ‘ndrangheta), avrebbe rivelato Fiorani, era «la talpa» degli ambienti giudiziari che con largo anticipo avvertì Ricucci che i telefoni degli indagati erano sotto controllo. Ecco dunque spiegate le registrazioni nelle quali gli indagati si premuravano di cambiare i loro apparecchi ed ecco il nome del presunto «uccellino» che soffiò all’immobiliarista romano in anticipo le decisioni della Consob sui prospetti Bpl per la scalata Antonveneta.
Poi c’è il versante «finanziamenti». Altro che poche centinaia di migliaia di euro ai politici compiacenti. Dalle capaci casse di Gianpiero Fiorani, in Bpl e all’estero, uscivano milioni di euro a favore degli “amici” romani e lombardi, talvolta per decidere i destini della sua stessa città, Lodi, talvolta per assicurarsi appoggi e benevolenze per i suoi piani di potere.
O, talvolta, perchè costretto dopo messaggi vagamente minacciosi e ricattatori, come un sms arrivato sul cellulare di un suo uomo di fiducia dopo un mancato finanziamento: «Quando avevate bisogno di me io vi ho sempre aiutato e ora che vi ho chiesto un piccolo favore vi siete defilati. Mi ricorderò in futuro di voi...». A pilotare il tutto, per stessa ammissione di Fiorani, sarebbe stato questa volta il sottosegretario di Forza Italia, Aldo Brancher.
Sarebbe stato lui a consigliare a Fiorani e il suo gruppo come muoversi nella palude dei palazzi romani, quell’Aldo Brancher che già ai tempi di Mani Pulite venne inquisito e condannato come collettore di tangenti al Psi (prescritto in Cassazione) quindi assurto agli onori del governo diventando prima sottosegretario alla presidenza del Consiglio e poi, come “ufficiale di collegamento con la Lega”, sottosegretario del ministero delle Riforme, quello di Bossi e oggi di Calderoli. L’ombra di Mani Pulite dunque sembra allungarsi sempre più anche sull’inchiesta Antonveneta e i suoi risvolti politico-istituzionali. Di Brancher ha parlato a lungo nei suoi interrogatori fiume l’ex enfant prodige della Bassa.
D’altronde i magistrati avevano già in mano una testimonianza fondamentale, quella di Donato Patrini, ex manager della Bpl Toscana, diventato negli anni l’uomo di fiducia di Fiorani per i pagamenti ai politici. Toccava a Patrini, trasformato in gola profonda dai pm, portare buste ai politici. Poche volte in realtà. Perchè Tangentopoli qualcosa aveva pur insegnato anche a Fiorani e soci: meglio inventare fidi bancari, operazioni sui derivati, regalare speculazioni di Borsa che senza passaggi di denaro contante facevano trovare sui conti degli interessati notevole plusvalenze. Tutto regolare, all’apparenza. Tranne che Patrini, tra il 3 e l’11 novembre scorso, svela i trucchi ai pm. Così si scopre che allo stesso Brancher andarono ben più di 400 mila euro per ripianare debiti suoi e della moglie. «In totale l’affidamento concesso - dice Patrini - fu di 2 milioni e 500 mila euro». Quasi cinque miliardi delle vecchie lire. E dei versamenti gli inquirenti hanno anche la prova, contenuta in una serie di dischetti sequestrati allo stesso Patrini. In alcuni files criptati, digitando alternativamente le password “Agape” o “Amore” o “Eraclito”, si apre lo scrigno dei versamenti. Così ecco apparire «le posizioni di Brancher, Romani (Paolo, onorevole di Forza Italia, ndr) e Calderoli (il ministro).
Invece sotto la voce dei files «Innominat» c’è la storia della scalata occulta della Popolare di Crema, quella «coperta» dalla Banca d’Italia di Fazio. Dice Patrini: «Ripensando all’episodio da me segnalato relativo al rapporto Fiorani-Calderoli (si tratta di un versamento ipotizzato di 50 mila euro, di cui però secondo Fiorani non vi fu seguito, ndr) mi sono ricordato che probabilmente io mi recai dallo Spinelli in quanto ho memoria di una busta che quest’ultimo ebbe a consegnarmi per farla recapitare a Brancher ma non sono sicuro del suo contenuto perchè molte volte ho recapitato al Brancher dei documenti in busta chiusa. Devo precisare che incontravo il Brancher (con il quale mi sono visto molte volte) presso il suo ufficio di via Paleocapa a Milano e, negli ultimi anni, al Ministero Riforme Istituzionali. Preciso che il più delle volte parlavamo delle questioni finanziarie relativa alla sua società che stava in difficoltà economica. Fiorani era al corrente della questione, anzi preciso che era stato Fiorani a chiedermi di coltivare questo rapporto». In un successivo verbale preciserà Patrini che in alcuni incontri Brancher invitò la «Bpl a finanziare altri politici». I cui nomi sono però omissati.
Buona parte dei soldi destinati alle prebende dei vari personaggi, così come i soldi intascati direttamente da Fiorani, partivano dal conto «Strozzi», aperto a Lugano. Da qui nel 2001 venne spedito un bonifico di un milione e 549 mila euro al conto «Coppe». Per chi erano questi soldi? «Mi sembra - risponde Patrini - che all’epoca Fiorani nel giustificare l’operazione Coppe mi avesse detto che la somma era destinata al professor Ruozzi», un nome per ora avvolto nel mistero. E a quanto pare Ruozzi, avrebbe confermato Fiorani, non fu quella l’unica volta che percepì denaro. Ma Fiorani si occupò anche di pilotare le elezioni del sindaco di Lodi. Così chiese a Patrini di aprire nel 2000 una linea di credito di 300 milioni di lire a favore del candidato da lui prediletto, Ernesto Capra, ex dipendente di Bpl e come l’altro candidato, Ambrogio Sfondrini in lista per la Cdl. «Il motivo del finanziamento era quello di impedire che la Cdl candidasse Sfondrini, nemico di Fiorani», dichiara Patrini. Per Paolo Romani (Fi) invece, il testimone parla di una garanzia fidejussoria di circa 700 mila euro «per il fallimento di una televisione». Seguono riferimenti a politici di ogni genere, con pagamenti in taluni casi in contanti (100/150 milioni di lire), in altri attraverso le solite alchimie finanziarie. I nomi nei verbali sono omissati, ma Fiorani l’altro ieri li ha confermati tutti. E nei prossimi giorni dovrà essere reinterrogato. Nel gruppo arrestato per associazione per delinquere ormai stanno parlando tutti: ieri è toccato a Silvano Spinelli, il tesoriere occulto di Fiorani, essere interrogato dal gip. E anche lui avrebbe confermato di essersi occupato dei conti «vip».
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