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domenica 7 maggio 2006
Pagina 3 - Primo Piano
IL SUMMIT DELLA CDL IL LEADER DELL’UDC IN TRINCEA CON FINI
?Un boomerang aiutare Massimo?
Casini: perderemmo met? dei nostri elettori
retroscena AUGUSTO MINZOLINI
ROMA Con Silvio Berlusconi concentrato sui cactus di Villa Certosa, Gianni Letta con il profilo enigmatico in giro per le strade di Roma e il portavoce, Paolo Bonaiuti, disperso sul traghetto per Palmarola e afono, solo la presenza - questa volta va riconosciuto - di Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini ha bloccato il solito ?tiro mancino? (alla faccia del dialogo) del centro-sinistra: Prodi e soci, infatti, ieri pomeriggio hanno tentato di far passare la versione secondo la quale il centro-destra avrebbe silurato tutti i possibili candidati dell’Unione, e a stretto giro di posta il presidente di An e il leader dell’Udc hanno fatto sapere che il centro-sinistra in realt? aveva proposto un solo nome, quello di Massimo D’Alema, che ovviamente la Cdl ha bocciato. E per essere pi? convincente l’ex presidente della Camera ha chiesto una rosa di nomi a Prodi e compagni per dimostrare la volont? di dialogo del centro-destra. Una posizione condivisa qualche ora dopo da Fabrizio Cicchitto, l’unico in vena tra gli strateghi del Cavaliere, che facendo un’analisi della situazione ispirata da Berlusconi ha spiegato: ?Finch? l’Unione far? solo il nome di D’Alema nella logica del prendere o lasciare, la situazione rimane bloccata?.
Verrebbe da pensare che il Cavaliere e i suoi stiano affrontando la partita del Quirinale con troppa sufficienza dimenticando, per dirla con uno dei pochi consiglieri di Berlusconi con le idee chiare, che ?gi? solo il sospetto che il centro-destra possa concorrere all’elezione al Colle del presidente dei Ds ci metterebbe con il sedere per terra, ci porterebbe via la met? dei voti che abbiamo preso alle ultime elezioni?. In realt?, come avviene spesso dentro Forza Italia, un certo ritardo nei ?riflessi politici? pu? anche non essere determinato dalla volont? politica quanto dalla pigrizia.
Gi?, il Cavaliere ? il primo a sapere che se dovesse imboccare la strada dell’accordo su D’Alema al Quirinale il giorno dopo farebbe bene a lasciare la politica e a ridarsi agli affari nella logica di alcune dichiarazioni rese ieri da Fedele Confalonieri che sarebbe pronto a fare il presidente dei Ds capo dello Stato solo perch? durante gli anni del governo dell’Ulivo ?non ha fatto toccare Mediaset?. Ma Confalonieri, si sa, ragiona pensando all’azienda di famiglia, mentre, a stare alla cronaca del ?vertice? di ieri a Palazzo Grazioli, l’ex premier segue altre logiche, per cui la possibilit? di aiutare la scalata al colle di D’Alema, almeno nella testa del Cavaliere, non c’? mai stata. Anche se Gianfranco Rotondi raccontava ieri in giro che Berlusconi in fondo su D’Alema poteva starci. Ieri anche il pi? sospettoso dei suoi alleati, Casini, alla fine della riunione si ? lasciato andare a quest’osservazione con i suoi: ?Semmai Berlusconi - ma non credo - abbia avuto nei giorni scorsi la riserva mentale di dare una mano sottobanco al presidente Ds, dal viaggio a Napoli non ce l’ha pi?. Si ? reso conto che se andasse su D’Alema met? dei suoi elettori lo rinnegherebbero?.
In questa frase il patron dell’Udc ripete un concetto che lo stesso leader di Forza Italia aveva espresso durante il vertice. ?Inutile che ci giriamo attorno - ha spiegato ieri Berlusconi - la scelta di dire s? all’elezione del presidente dei Ds al Quirinale risulterebbe incomprensibile ai nostri elettori. In pi? D’Alema al Colle stabilizzerebbe il quadro politico e Prodi potrebbe dormire sonni tranquilli?.
Un’analisi che ha tranquillizzato Fini e Casini, ma che non ha risolto tutti i punti interrogativi legati alla tattica con cui il centro-destra deve andare al confronto con l’Unione. Il primo dei quali ? rappresentato da un’opzione: per il centro-destra ? pi? opportuno proporre una ?rosa? di nomi al centro-sinistra, o attendere dall’Unione delle proposte che superino la candidatura D’Alema? Ieri mattina i generali del centro-destra avevano quella benedetta rosa nel cassetto. Era composta dai seguenti nomi: Gianni Letta, Mario Monti, Umberto Veronesi e, caldeggiato in tutti i modi da Fini, Giuliano Amato. Proprio il presidente di An era il pi? propenso a tirarla fuori. Casini, bruciato dall’esperienza della candidatura Marini lanciata dal leader Udc e rifiutata dall’interessato, ? stato invece pi? cauto. ?Non facciamo troppi nomi - ha spiegato -. Vediamo cosa sucedde e stiamo fermi anche perch? se ci muoviamo rischiamo di bruciare altri candidati e di fare il gioco di D’Alema?. Un ragionamento condiviso anche da Berlusconi che si ? limitato a dire: ?Sono loro che ci debbono proporre altri nomi. Se siamo noi a proporre Amato, ad esempio, gli togliamo le castagne dal fuoco e magari bruciamo un altro candidato?.
Cos? ? stata decisa la tecnica del ?surplace? ed ? stato affidato a Letta il compito di andare avanti nella trattativa. In pi? sono state esplorate anche una serie di ipotesi per garantire la compattezza sul ?no? a D’Alema del centro-destra anche nel segreto dell’urna. ?L’Aventino, cio? l’uscita dall’aula, non mi sembra un’opzione che paghi?, ha fatto presente il Cavaliere. ?Allora per controllare i nostri franchi tiratori - ha proposto Casini che di lavori parlamentari se ne intende - ogni nostro grande elettore passando davanti al seggio potrebbe rifiutare la scheda per votare. Ci sono stati dei precedenti?. Nella battaglia per il Quirinale la fantasia non ha limiti.
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