3/7/2006 ore: 12:50
"Coop" Bianche, la svolta degli affari
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COMMENTI E INCHIESTE - Pagina 11 DOPO LE SCALATE Coop bianche, la svolta degli affari dal nostro inviato Roberto Galullo roberto.galullo@ilsole24ore.com Eppure mentre la base nicchia o ? indifferente la dirigenza delle due associazioni spinge verso l'unione (si veda il Sole-24 Ore del 23 giugno). S? perch? i colori ancora contano per la base mentre contano meno per i dirigenti di Legacoop e Confcooperative che nel nome dello sviluppo economico, sono pronti a dar vita a un soggetto "altro" forte, fortissimo che conterebbe oltre 106 miliardi di fatturato all'anno, 910mila occupati, 9,5 milioni di soci e 39mila cooperative. Se la strada ? sempre pi? condivisa dai vertici, non vuol dire che non ci siano incidenti di percorso che corrono il rischio di prolungare i tempi di una centrale unica della cooperazione. ?Confcooperative - spiega Luigi Marino, 59 anni e da 15 presidente - si ? sempre assunta il compito di difendere tutto il movimento cooperativo, anche dopo la vicenda della scalata Unipol alla Bnl. Legacoop dovrebbe fare la stessa cosa ma quando leggo che il presidente Giuliano Poletti punta sulle liberalizzazioni, che si tirano fuori quando fa comodo, mette in discussione tutto. Se mischia la liberalizzazione delle pompe di benzina insieme a quella dei farmaci da banco, sa benissimo di urtare la nostra sensibilit?. Ma ora bisogner? fare i conti anche con il ministro allo Sviluppo economico Pierluigi Bersani che, proprio ieri, ha annunciato il colpo di acceleratore sulle liberalizzazioni dei servizi. La forza di Confcooperative. La centrale che si rif? per statuto ai principi della dottrina sociale della Chiesa scolpiti nell'Enciclica Rerum novarum, ha celebrato marted? 27 giugno in assemblea nazionale la propria forza. Un fatturato aggregato di 48,3 miliardi (+141% rispetto al '96), quasi 19mila cooperative, 2,8 milioni di soci (stabili nel decennio) e 432mila occupati (+110% rispetto al 1996). A distanza il comparto dei lavori e dei servizi, con 9 miliardi di ricavi e 260mila soci. Le aree di maggiore presenza sono quelle del Nord Italia: in testa per fatturato - ma anche gli altri parametri sono elevatissimi - l'Emilia-Romagna, a seguire la Lombardia e poi il Nord-Est. Ragione per cui ? proprio nel Triveneto che va ripercorso il solco di successo della cooperazione bianca. Il bianco Triveneto. Basta risalire il Po e capire che qui si sperimenta da tempo la nuova formula cooperativa. In principio fu il Triveneto, dove la nascita del movimento, con la costituzione della "Famiglia cooperativa" nel 1890, si deve a Don Lorenzo Guetti, la cui immagine "sacra" oggi si sovrappone al "profano" Superstore di Trento, tra le ultime megastrutture coop. In questa provincia autonoma esiste una struttura unica: la Federazione trentina delle cooperative. Al comando c'? Diego Schelfi, amico del presidente della Provincia Lorenzo Dellai (tra gli inventori, a livello nazionale, della Margherita), che da circa tre anni ha preso il posto di Pierluigi Angeli, doroteo di vecchio stampo. La provincia di Trento ? un colosso della cooperazione, con oltre 2,5 miliardi di fatturato e un matrimonio tra bianco e rosso che non conosce crisi. Anzi. Ad alimentare ad esempio il Consorzio delle cooperative di consumo del Trentino (Sait) c'? anche Coop Italia. Credito e finanza. A cementare le due centrali cooperative nel nome dei business da sviluppare potrebbero essere credito e finanza, l'altra faccia della medaglia politica. Lo stesso Giuliano Poletti, presidente di Legacoop, aveva lanciato l'amo di un'intesa tra Unipol e Bcc (si veda il Sole-24 Ore del 23 giugno). Nel credito gli istituti "bianchi" legati a Confcooperative dominano, dall'alto dei 3.617 sportelli, 776mila soci, quattro milioni di clienti, 102 miliardi di raccolta, 84 di impieghi e un patrimonio di 13 miliardi. Il credito cooperativo ? il primo gruppo creditizio per numero di sportelli, il terzo per patrimonio, il quarto per raccolta diretta e il sesto per impieghi. Nella terra rossa per eccellezza, Giulio Magagni, 20 anni fa giovane consigliere Dc nel suo paese, Minerbio (Bologna), d? pi? forza alle ragioni dell'unit?. Oggi ? a capo di Iccrea holding (la capogruppo del sitema di imprese a supporto delle Banche di credito cooperativo) e guida la Federazione delle Bcc emiliano-romagnole, una vera potenza finanziaria: 12 miliardi di raccolta nel 2005, otto miliardi di impieghi, 331 sportelli per 12 banche, oltre 62mila soci e appena 161 milioni du sofferenza. Magagni spiega concetti elementari e proprio per questo convincenti. ?Oggi - afferma - la cooperazione, se ? tale, non ? di destra n? di sinistra. Si devono superare gli schieramenti, anche nel settore del credito dove Bcc hanno una storia insostituibile. Siamo le banche del territorio, delle famiglie e delle imprese, piccole e micro?. Ma a far capire che il mega-polo bancario e assicurativo - proprio all'indomani della nomina del nuovo ad di Unipol, Carlo Salvatori, ? qualcosa di pi? che un'idea - ci pensa il presidente di Confcooperative, Marino. ?Dal punto di vista assicurativo e bancario - spiega - siamo complementari anche se abbiamo modelli societari e di governance differenti. Noi abbiamo una strutturaautonomistica in cui l'integrazione avviene a rete. Legacoop ha iniettato in questi anni dosi da cavallo per aumentare le dimensioni e fornire un grande appoggio a societ? prettamente capitalistiche. Bisognerebbe dunque trovare una sintesi, possibile, tra questi due modelli prima di procedere su una strada comune?. Terzo e ultimo di una serie di articoli I precedenti sono stati pubblicati il 23 e il 24 giugno |