"ConfCom" I segreti di Ricucci
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venerdì 6 gennaio 2006
Pagina 5 - Primo Piano
INCHIESTA - 2 SEQUESTRI E PERQUISIZIONI IN UNA PALAZZINA NEL PAESE DI ZAGAROLO
In cento scatoloni i segreti di Ricucci Nascosti in un garage i veri bilanci
Interrogato Billè: «Mi sento più sereno non ho rubato» ma l’ex presidente non convince i magistrati «Cose già note»
Guido Ruotolo
ROMA Una «soffiata», o forse no. Comunque sia, quando ieri mattina gli uomini del nucleo speciale della polizia valutaria della Finanza sono entrati nel box di quella palazzina di Zagarolo, Monti Prenestini, la città di Stefano Ricucci, e hanno scovato in una intercapedine 131 cartoni pieni di documentazione riconducibile alla «Magiste», sono rimasti a dir poco sorpresi. Convinti di aver trovato la «contabilità parallela» dell’impero Ricucci, hanno azzardato: «Si tratta di materiale di sicuro interesse, per quello che stiamo cercando di ricostruire in tema di scalata Rcs, di rapporti con la Confcommercio di Sergio Billè e non è escluso che potremmo trovare riflessi anche su Antonveneta».
Comunque sia, adesso gli 007 contabili della Finanza dovranno studiare tutti i fascicoli presenti nei 131 cartoni. Stefano Ricucci non si aspettava questa «sorpresa» e a palazzo di Giustizia, quando si è diffusa la notizia delle perquisizioni alla «Magiste», è girata voce che fosse stato lo stesso Billè a scaricare il suo vecchio (recentissimo) amico, Ricucci. Una voce smentita decisamente da inquirenti e investigatori.
La palazzina nella sua Zagarolo, Ricucci l’aveva ceduta da tempo. L’immobiliarista indagato a Milano e a Roma per le scalate, aveva conservato per sé soltanto un box: «Stefano Ricucci - si legge in un comunicato della “Magiste” - precisa che il locale in via Valle del Formale, di proprietà della Magiste Real Estate Spa, è utilizzato per il progressivo deposito di una serie di documenti e materiale vario degli anni passati delle società del gruppo Magiste, e anche personali del dottor Ricucci e della sua famiglia». A sentire le ragioni di Ricucci, quel deposito era transitorio e recentissimo, visto che «si è reso necessario» in vista del trasloco degli uffici della Magiste in via Ferdinando di Savoia, dietro piazza del Popolo.
Proprio mentre la Finanza scovava quel «tesoro nascosto» (anche se fatto di carta e non d’oro) di Ricucci, i pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, titolari dell’inchiesta Rcs e Confcommercio, sentivano Sergio Billè, ex presidente della Confcommercio, indagato per appropriazione indebita aggravata e continuata. Che, uscendo dopo quasi quattro ore dall’ufficio di Sabelli, ha rilasciato una dichiarazione: «Avevo chiesto di essere ascoltato, e questo finalmente è stato possibile. Esco dall’interrogatorio assolutamente confortato: credo di aver chiarito ogni questione, anche fornendo documentazione che probabilmente i magistrati non avevano. Ma soprattutto esco ulteriormente rafforzato dal fatto di aver operato sempre per far crescere la Confcommercio e sempre nel rispetto delle delibere e dei poteri che la Confederazione mi aveva dato».
Il copione del giorno prima è stato, dunque, rispettato. La «difesa» non deve aver convinto gli inquirenti e gli investigatori: «L’indagato non ha portato nessuna prova della sua innocenza. Quel che ha sostenuto - è il succo della posizione dell’accusa - era già noto da tempo. Anche al gip che ha firmato il decreto di sequestro preventivo». E adesso si aspetta il Tribunale del Riesame, lunedì, che dovrà decidere se accogliere la richiesta della difesa dell’ex presidente di Confcommercio di revocare il sequestro di beni e conti correnti.
In sostanza, Billè sulla base proprio della documentazione della Confcommercio afferma che tutte le sue operazioni finanziarie erano legittime. Regolari i 39 milioni di euro dati a Ricucci per l’acquisto del palazzotto di via Lima, ormai diventato - come dimostra il rogito notarile - «patrimonio» della Confcommercio. E le indennità distribuite a tutti i dirigenti. E le opere d’arte, che tanto scandalo hanno suscitato, «sono momentaneamente depositate» presso l’abitazione di Billè, pronte a traslocare il prima possibile, una volta inaugurata la nuova sede.
Billè sarà stato pure «sereno» - anche se «preoccupato per la campagna stampa» - ma il suo interrogatorio non sembra aver sortito i risultati sperati. Così come è accaduto con Stefano Ricucci, che si presentò in Procura, all’indomani del sequestro preventivo dei beni e dei conti correnti di Billè, per chiarire, precisare, sgombrare il campo da pregiudizi. Ma invece di chiarire, appunto, Ricucci sembra aver peggiorato la sua posizione. Con i silenzi, con l’invito a rivolgersi al suo collaboratore, Guglielmo Fransoni, per avere «delucidazioni» in merito a «questioni fiscali». Con le spiegazioni che non corrispondevano alle verifiche in tempo reale. Quest’inizio anno non si presenta certo sereno, per i Ricucci e non solo.
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