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"Commenti&Analisi" Se il premier aggira l´opinione pubblica - di I.Diamanti
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6 APRILE 2003 |
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Se il premier aggira l´opinione pubblica ILVO DIAMANTI L´OPINIONE Pubblica. Come esce da questa crisi, oggi che la guerra procede, drammatica, da settimane? Mesi di vigilia ne hanno sottolineato l´importanza, evidenziando un antagonismo duale e globale: Bush contro l´opinione pubblica mondiale. Ora che la guerra è cominciata, nonostante l´opposizione che attraversa la società di tanti paesi; ora che la guerra è spettacolo quotidiano, 24 ore su 24, il giudizio non cambia. L´Opinione Pubblica si è imposta, definitivamente, come un attore importante, determinante della scena politica mondiale. Capace, con la sua pressione incombente, di produrre risultati significativi e visibili.Prima della guerra, l´ampiezza del dissenso verso la guerra, espresso, oltre che dalle mobilitazioni sociali, dai sondaggi che rilevano l´Opinione Pubblica, ha, certamente, condizionato le scelte dei governi. Ha "incoraggiato" la voglia di smarcarsi dalla posizione degli Usa manifestata dai governi di Francia e Germania. Ha messo, peraltro, in difficoltà chi, come Aznar e Blair, ha scelto di affiancare gli Usa, nonostante il vento contrario del sentimento sociale (e un sondaggio della settimana scorsa suggerisce, in Spagna, un sorpasso ormai solido e ampio del Psoe nei confronti dei Popolari al governo). Ha indotto il premier italiano a camminare sul filo, pericolosamente sospeso tra due fedeltà: a Bush e ai sondaggi. Con il risultato di apparire, all´Opinione Pubblica (e a quella dei governi stranieri), in parte filoamericano e in parte semplicemente confuso. L´Opinione Pubblica: ha costretto a dilazionare i tempi di una guerra annunciata almeno da 6 mesi. E ad allungare le indagini degli ispettori Onu, più della convinzione che la loro missione potesse effettivamente far cambiare decisione agli Usa, erano i riflessi dell´Opinione Pubblica mondiale. Che spingevano i governi occidentali, a cercare vie d´uscita concordate in sede Onu. Per ottenere una legittimazione, da spendere nei confronti dell´Opinione Pubblica. Un problema, peraltro, soprattutto europeo. Visto che la divisione in seno all´Ue, come ha ricordato Joschka Fischer in un´intervista concessa a Le Monde qualche giorno fa, attraversa i governi, non l´Opinione Pubblica, che appare largamente schierata sulla posizione franco-tedesca. Tutto questo avveniva "prima" della guerra. Ma l´Opinione Pubblica non ha esaurito la sua influenza "dopo" l´avvio della guerra. D´altronde, gli indici del dissenso sociale sono calati, ma meno del previsto. Salvo che negli Usa e, in misura minore, in Gran Bretagna, i paesi più coinvolti, l´opposizione alla guerra resta maggioritaria, un po´ dovunque. L´attenzione agli umori dell´Opinione Pubblica, comunque, ha prodotto effetti visibili sullo stesso andamento del conflitto, condizionandone le strategie. La scelta, controversa e poco riuscita, di minimizzare il "costo umano" (terribile l´effetto del "pensiero economico-utilitarista" sul linguaggio... ). Il tentativo di "fare presto", accelerando la dissoluzione del regime di Saddam dall´interno; di oscurare le immagini di morte di tanti civili innocenti; ma anche le riprese tivù dei prigionieri anglo-americani. Difficile non collegare tutto ciò alla "paura" dell´Opinione Pubblica. Del suo degenerare. Allo stesso problema si collega la scelta delle milizie irakene di infiltrarsi fra le case, in mezzo alla gente comune. Non solo per mimetizzarsi. Anche per allargare le vittime civile. E l´emozione globale. Parallelamente, l´Opinione Pubblica mondiale costituisce la platea cui si rivolge la comunicazione prodotta, in questa occasione più che in altre precedenti, da tv arabe, come Al Jazeera; e di quella, esplicitamente militante, di Bagdad. L´Opinione Pubblica, dunque, conta ancora. Eccome. Conta negli Usa, dove si voterà fra un anno per il Presidente. Conta in Europa, dove tutti i governi sono sotto tiro, per le conseguenze economiche, oltre che emotive di questa stagione di guerra infinita. Conta in Arabia, dove i regimi, più vicini (o meno lontani) all´Occidente, devono misurarsi con un sentimento di insofferenza contro gli Usa, tale da metterne a rischio la tenuta, costringendoli a porre in secondo piano perfino l´avversione nei confronti di Saddam. Conta anche in Occidente, l´informazione araba. Tanto che ad Al Jazeera è stato negato, in questa fase critica della guerra, il permesso di seguire le operazioni militari accanto alla missione anglo-americana. Al pari degli inviati francesi e tedeschi. Referenti di un´opinione pubblica considerata ostile. Conta l´opinione pubblica. Tanto che oggetto principale del dibattito, oggi, nel nostro Paese, non è più l´esito, né il "poi". Sono i "tempi". Per l´impatto che possono avere nell´Opinione Pubblica dei paesi occidentali. E c´è chi formula, per questo, equazioni oziose e un po´ ciniche: più lunga e dolorosa diventa la guerra per gli americani (ma parallelamente anche per gli iracheni), più duro sarà l´impatto sulla loro opinione pubblica. E, soprattutto, sui consensi a Bush. L´Opinione Pubblica. È un attore importante, dominante, sulla scena politica globale. O forse no? Perché, ad essere precisi, non è un vero "attore". Non c´è opinione pubblica, senza qualcuno che la riveli, le dia voce. L´orientamento della realtà sociale, indistinta: ha bisogno di altri attori, altri "canali" per manifestarsi. Due fra tutti: i sondaggi e i media. I sondaggi: ne tracciano misure e contorni. I media: rappresentano gli eventi, i sentimenti, i risentimenti. Sono i "media" a "formare" l´Opinione Pubblica. A fornirle uno specchio, in cui riconoscersi. Sono i "sondaggi" a definirne e a legittimarne il profilo. A tracciare l´identikit di un´entità altrimenti informe e inesistente. I media e i sondaggi. Sui media i sondaggi danno evidenza, oggettività all´Opinione Pubblica. E d´altronde, ogni giorno, sulle tv e sui giornali, passa il racconto della guerra, passano le voci della guerra, passano i sondaggi sulla guerra. Per molto tempo ancora, temo. Da ciò i rischi, oltre che l´importanza del ruolo che, "oggi" e "dopo" la guerra, l´Opinione Pubblica è destinata nel sistema politico. Perché essa è, comunque, rappresentata, orientata, da chi governa i media; da chi fa i sondaggi. Ciò spiega l´interesse, in parte l´inquietudine, che solleva quel che passa nel nostro modesto cortile domestico. Che, sotto questo profilo, costituisce un caso esemplare. Un´iperbole. Perché in Italia il rapporto fra sondaggi, media e politica è strettissimo. Perché il premier, ne costituisce il nodo. O almeno il nodo più saldo. Da ciò l´attenzione altissima che egli - e parallelamente l´opposizione - riservano a ogni questione televisiva. A ogni questione che riguardi i media. Ultima, la contrastata approvazione, alla Camera, della riforma sul riassetto della Rai. Riflette, certo, questo atteggiamento, il conflitto di interessi del Premier, ma anche, ancor più l´idea della politica che egli coltiva, persegue. Un disegno di democrazia mediatica senza mediazioni. Il Premier e l´Opinione Pubblica, uno di fronte all´altra. Un modello nel quale "chi sta in mezzo" conta poco. Sempre meno. I partiti, lo stesso Parlamento: organismi di consulenza, oppure un necessario vincolo, cui occorre sottostare. Poi, le procedure di rappresentanza, le elezioni. Da promuovere con parsimonia e cautela. Pesano di più i sondaggi. Sono più tempestivi. E non solo veicolano il giudizio sociale: lo orientano, lo influenzano. Tanto che "vincere i sondaggi" sta diventando più impegnativo e significativo che "vincere le elezioni". Così (come avviene in questa fase) quando il sentimento sociale volge al pessimismo e alla sfiducia verso il governo; quando le stime elettorali non danno indicazioni favorevoli alla sua maggioranza, il premier tende a restare sullo sfondo. Sotto traccia. Appare meno in tv. E rinuncia a divulgare dati di sondaggio, come fa spesso, in modo disinvolto. In attesa di tempi migliori. Perché i sondaggi, a differenza delle elezioni, non hanno scadenze fisse. E comunque, li puoi divulgare, come e quando vuoi. Il che ribadisce l´utilità e il rischio sotteso all´imporsi dell´Opinione Pubblica, come giudice e misura della "volontà popolare". Il rischio. Perché più di altre procedure per verificare le scelte dei cittadini, le vie attraverso cui si forma e viene delineata l´Opinione Pubblica restano largamente opinabili, fuori da controlli e garanzie. In Italia più che altrove. L´utilità. Perché, comunque, dal vento dell´Opinione Pubblica, quando soffia così violento e improvviso, ci si può riparare. Non se ne può negare o - peggio - invertire la direzione. |