"Commenti&Analisi" Il virus dell'anti-politica debilita la Cgil - di G.Caldarola
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1 Febbraio 2003
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SINDACATI. APPELLO PER UN MOVIMENTO FORTE E UNITARIO DI GIUSEPPE CALDAROLA Il virus dell'anti-politica debilita la Cgil
Bisognerà decidersi a lanciare una campagna internazionale per salvare la Cgil. La ricostruzione di uno schieramento riformista, in grado di guidare lo scontro finale con Berlusconi e di candidarsi alla guida del paese, non può fare a meno di un sindacato forte e unitario. E' necessario un appello internazionale perché qui in Italia si sta consumando una grande esperienza europea di sindacalismo del Novecento che sembrava in grado di gareggiare con i tempi. Sta finendo tutto. Il referendum sull'art.18 può dare il colpo mortale. E tutto sta finendo senza una direzione precisa, se non il tentativo di sciogliere la felice anomalia del sindacato in una miriade di piccoli, o meno piccoli, partiti o movimenti personali. Chiariamo subito un equivoco. Non è la politica che sta distruggendo il sindacato. Ovvero non è la voglia di far politica che consuma la grande Cgil. Semmai sono la cattiva politica o la piccola politica a minacciarla. La Cgil ha sempre fatto un uso sapiente della politica sia nel rapporto con l'avversario, sia all'interno della sinistra. Ci sono stati momenti in cui il fare politica della Cgil ha consentito di accumulare una tale dote di prestigio e di rappresentatività da consentirle di recuperare quelle posizioni più tradizionalmente sindacali che rischiava di perdere nell'evoluzione dei tempi. Qualcosa è cambiato negli ultimi anni. E' successo al sindacato quello che è successo alla magistratura e, perché no?, anche al giornalismo: la crisi globale del partito di massa e la più generale crisi della rappresentanza politica ha spinto le Confederazioni a occupare spazi lasciati liberi. Anche una lettura estensiva della concertazione ha spinto il sindacato entro i territori della politica in modo nuovo e irreversibile. I politici di professione non devono lamentarsene, ora. La formula che si usa per esorcizzare quella recente stagione, " il sindacato faccia il suo mestiere", è felicemente polemica ma del tutto infondata. Il mestiere del sindacato moderno è occuparsi del lavoro dipendente e contemporaneamente dell'Italia. Il problema nasce quando non si occupa né dell'uno né dell'altra. La trasformazione del sindacato in soggetto politico tout court convive con la crisi dei modelli della rappresentanza politica, per cui si può dire che il sindacato corre il rischio di diventare una delle correnti del populismo anti-politica. Il sindacato vive la grande tentazione di guidare la rivoluzione dall'alto dell'anti-politica. Di qui anche la suggestione plebiscitaria. Una tentazione che si accompagna ad una cultura anti-riformista che ha antiche e tragiche tradizioni: «Per il riformista, la riforma è tutto; … con la tattica riformista una riforma si converte inevitabilmente in uno strumento di rafforzamento del potere» (Giuseppe Stalin , Principi del leninismo, Edizioni Rinascita, pag. 106). E' questo impianto che va rovesciato. L'appello internazionale per la salvezza della Cgil deve tendere a restituire al sindacato da un lato il suo fondamento unitario: «… e soprattutto lottate insieme, rimanete uniti…» (Giuseppe Di Vittorio, ultimo discorso, Camera del Lavoro di Lecco, 3 novembre 1957); dall'altro la sua missione deve essere rivolta alla salvezza e al rinnovamento del paese, la terza deve comprendere la capacità di dare rappresentanza ai non rappresentati. Un soggetto sindacale forte, autonomo dalla politica, deve partecipare alla ricostruzione di nuove forme di rappresentanza. Istituzioni forti, parlamenti legittimati, governi stabili sulla base del consenso (come disse Cofferati in Bicamerale), partiti rinnovati ma partiti veri, non scatole vuote da assediare. Se il sindacato, invece, si lascerà guidare dalle correnti dell'anti-politica, perderemo tutti, in nome di «idee meravigliose, che raramente coincidono con le cose». (Roberto Vecchioni, versi della Corazzata Potemkin).
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