1/6/2006 ore: 10:37
"BankIt" Draghi: risanare ora per tornare a crescere
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Come la corsa all’euro dieci anni fa, oggi ?tornare alla crescita? ? la priorit? di politica economica su cui unire l’Italia, dice Mario Draghi nelle sue prime ?considerazioni finali? da governatore. Riecheggia Carlo Azeglio Ciampi il messaggio di un discorso breve che rompe con il passato, meno solenne e meno noioso, aperto alle idee che circolano al di fuori: evitare il declino ? possibile, perch? ?il Paese nella sua storia ha saputo rispondere a sfide ben pi? drammatiche?. La ripresa economica in corso, che potrebbe far ?avvicinare all’1,5%? la crescita del prodotto lordo 2006, ?non pu? da sola risolvere il problema di crescita che affligge il Paese da oltre un decennio?, che ?deprime le aspirazioni dei giovani? e ?prelude al regresso?. Il prodotto di un’ora di lavoro da noi ?? cresciuto assai meno che altrove?; la causa principale sta nel ?ritardo dell’adeguamento della capacit? tecnologico-organizzativa delle imprese?, troppo piccole e specializzate in settori tradizionali, insidiati dalla concorrenza dei Paesi emergenti. Non si pu? rilanciare lo sviluppo senza risanare la finanza pubblica, e viceversa. Draghi evita di individuare responsabilit?, ma vede una situazione pesante perch? ?i vantaggi della moneta unica per la finanza pubblica sono stati in gran parte dispersi?. Per realizzare l’obiettivo concordato con l’Europa ?? necessaria una correzione dell’ordine di due punti percentuali del prodotto? ovvero 30 miliardi di euro. E nemmeno basta, perch? il governo vuole ridurre la pressione tributaria sul lavoro (il ?cuneo fiscale?) e rilanciare gli investimenti pubblici. Si arriverebbe facilmente a tre punti di Pil. Il governatore espone le cifre senza dire se ritenga possibile una manovra da 40-45 miliardi di euro (80-90.000 miliardi di lire) in un solo anno; ma ? evidente che la risposta tende al no. Tra le righe del suo discorso si pu? leggere, secondo intepretazioni attendibili, il suggerimento al governo di operare una correzione subito, sui conti del 2006, con misure ad effetto permanente che sgravino anche il 2007. Una volta che si sia agito con coraggio quest’anno, non sarebbe impossibile negoziare con l’Europa un calendario di rientro meno gravoso. Oggi ?quasi un quarto della spesa ? assorbito da pensioni versate a persone con meno di 65 anni? e l’et? media a cui si lascia il lavoro ? 60 anni, meno dei 61 che la Germania gi? ritiene pochi, dei 63 della Gran Bretagna. Questa et? media deve salire; Draghi non dice come, ma allude a disincentivi o a regole pi? restrittive per la pensione di anzianit?. Gli enti locali devono essere resi responsabili delle loro scelte: se spendono di pi?, dovranno tassare di pi?, attraverso ?vincoli efficaci all’assunzione dei debiti? e ?una autonomia di prelievo sufficientemente ampia?. Tra tutte le possibili misure per risanare la finanza pubblica, occorre scegliere quelle che sono pi? funzionali a rilanciare lo sviluppo, o che lo ostacolano di meno. Draghi appoggia l’intenzione del governo di ridurre in modo consistente le imposte sul lavoro (il 45,4% dell’intero costo del lavoro sopportato dall’impresa contro una media del 37,3% nei Paesi Ocse). Le risorse si possono ricavare in parte dalla riduzione degli incentivi alle imprese, poco efficaci: secondo indagini della Banca d’Italia, nel Mezzogiorno solo il 30% dei fondi distribuiti d? origine a investimenti davvero aggiuntivi, al Centro-Nord ancora meno, il 10%. Draghi parla il linguaggio di un liberismo illuminato, attento ai deboli: ?la concorrenza costituisce il miglior agente di giustizia sociale in un’economia, in una societ?, come quella italiana, nella cui storia ? ricorrente il privilegio di pochi fondato sulla protezione dello Stato?. Sui settori dove intervenire non ha detto molto, forse per cautela politica; ha insistito sui servizi di pubblica utilit?, quelli nazionali dove la liberalizzazione ? ancora incompleta, e soprattutto quelli locali dove ?manca quasi del tutto?, anzi in taluni casi le aziende pubbliche si espandono ancora. Ostacola la crescita delle imprese italiane la loro scarsa raccolta di fondi direttamente dal mercato (17%, un quarto in meno rispetto a Francia e Germania). Abbiamo in Italia molto risparmio disponibile ma una Borsa troppo piccola. Si possono ridurre i costi del quotarsi, ma ? essenziale che gli imprenditori si facciano coraggio, dice Draghi, con l’unico appello alle buone intenzioni in un discorso altrimenti pragmatico: non abbiate ?timore di perdere il controllo dell’impresa?, apprezzate le opportunit? future di una mossa che ?nulla toglie alla passione e alla creativit?; ? meglio condividere il comando con altri azionisti oggi piuttosto che rischiare di perderlo del tutto domani. |