15/4/2022 ore: 15:51

Negozi sempre aperti durante le festività e contratti nazionali ancora non rinnovati. A Pasqua, nessuna sorpresa per gli addetti del commercio!

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Nessuna sorpresa positiva nell’uovo di Pasqua degli addetti del commercio, anche quest’anno molte imprese apriranno i negozi nei giorni di festa. Pasqua, Pasquetta e subito dopo 25 aprile e Primo Maggio, inizia il periodo delle festività civili e religiose e la legge che ne ha liberalizzato le aperture lasciando mano libera alle imprese.

Per queste, infatti, la conciliazione di tempi di vita lavoro dei lavoratori e l’opportunità di godere del riposo nei giorni festivi passano in secondo piano, a favore della ricerca di un ipotetico aumento dei consumi che non si è mai verificato e di certo non ci sarà in questa fase. Si potrebbe pensare che vista la situazione non economica, sociale e internazionale non è certo una priorità in questo momento, ma la Filcams invece rilancia una riflessione: sarebbe proprio questo il momento di rivedere le priorità e i valori della nostra società e della nostra economia, proprio mentre si attraversa una pandemia e si affronta una crisi internazionale dovuta alla guerra.

La Filcams Cgil, in prima linea da diversi anni per contrastare le liberalizzazioni delle aperture festive nel commercio, chiede che venga definita una programmazione a livello territoriale mettendo insieme tutti i protagonisti del settore. La richiesta però non ha ricevuto attenzione e per questo, dalla Lombardia alla Sicilia, passando per Piemonte, Toscana, Marche, Lazio e Calabria, le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo sciopero e/o l’astensione dal lavoro nei giorni festivi, a partire da Pasqua fino alla Festa dei Lavoratori.

Sarò sciopero in Sicilia anche per contrastare il comportamento di alcune imprese che hanno previsto la giornata festiva come lavoro ordinario e illegittimamente obbligato alla prestazione festiva, oppure hanno programmato la prestazione nelle giornate festive senza chiedere l’adesione volontaria.

Sciopero anche in Calabria dove i sindacati, tra le altre cose, hanno richiamato le aziende alla responsabilità sociale che potrebbero contribuire, con le chiusure, al risparmio energico.

Proclamata l’astensione del lavoro in Toscana: “Bisogna cambiare modello di lavoro nel commercio, costruirne uno più sostenibile, per città più vivibili all’insegna della cultura e non solo del consumo, oltre a difendere i valori civili e religiosi delle festività.”

Nel contrastare le aperture nel commercio e le liberalizzazioni selvagge degli orari commerciali, le organizzazioni sindacali della Lombardia richiamano alla responsabilità i consumatori ricordando che “non è essenziale fare spesa o altri acquisti a Pasqua, Pasquetta, 25 aprile e il 1° maggio così come in tutte le altre le festività.”

Anche in Umbria saranno purtroppo diversi i negozi, supermercati, centri commerciali, che resteranno aperti anche in giornate “sacre” e i sindacati del commercio hanno ricordato che la disponibilità al lavoro festivo è una scelta libera e autonoma e non un obbligo: “il datore di lavoro non può imporre al dipendente di lavorare in una giornata festiva ed è illegittima l’eventuale sanzione disciplinare a punizione del rifiuto al lavoro festivo".

Nel Lazio, le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione per sostenere “le lavoratrici e i lavoratori che avessero nel proprio contratto individuale un vincolo esplicito alle prestazioni festive (che sarebbero dunque tenuti a lavorare nelle giornate di Pasquetta, 25 aprile e 1° maggio), di astenersi dal fornire tali prestazioni, anche nella domenica di Pasqua.”

Nelle giornate festive non esiste l’obbligo di lavoro lo ricorda anche il Piemonte, un richiamo al contratto nazionale e ai valori della Costituzione, della democrazia e del lavoro.

E se il perseverare ad aprire 365 giorni l’anno compresi domeniche e festivi non è una novità anche sui tempi di rinnovo dei contratti nazionali di settore le associazioni datoriali non si distinguono dalle scorse tornate. Nonostante le trattative in corso, manca un rinnovo da ormai 28 mesi e più di 1 milione di addetti del terziario, tra Confcommercio, Federdistribuzione, Distribuzione Cooperativa e Confesercenti, sono in attesa del dovuto aumento contrattuale, urgente rispetto alla perdita del potere di acquisto causato dall’impennata dell’inflazione.