28/7/2025 ore: 14:51

Assemblea Generale Filcams, la relazione del Segretario Generale Fabrizio Russo

Buongiorno a tutte e a tutti,

è difficile, ma è anche inevitabile e necessario in premessa, prendere la parola in un’estate come questa, in un contesto internazionale in cui i cieli sono ogni notte solcati da ordigni mortali, e ogni giorno attraversati dai messaggi di violenza folle e inaudita delle élites politiche ed economiche globali.

I social media, gli schermi televisivi, i giornali sono dominati ormai quotidianamente da eventi di guerra, da immagini di insopportabili atrocità, di barbarie: vite di bambini spazzate via in pochi istanti, bombardamenti indiscriminati, corpi gettati nello scontro e sacrificati in attesa che le cancellerie e i potentati politici decidano sul destino di interi continenti.

Qualcuno potrebbe pensare che chi lavora e chi rappresenta il lavoro, in un contesto che è ancora di relativa e fragile pace come il nostro, debba inevitabilmente passare in secondo piano. Qualcuno potrebbe addirittura suggerire, con malcelato interesse di parte, che faremmo meglio a tacere.

Ma se ben vediamo, c’è più di un nesso tra questa fosca economia di guerra e la guerra di economia e di sfruttamento delle persone di cui parliamo noi, che si svolge ogni giorno in tutte le regioni del mondo.

C’è un modo solo di incidere sulle vite e sui destini delle persone con il governo autoritario della guerra, oppure di far arricchire in modo indiscriminato con il governo autoritario dell’economia una nuova casta di dominatori e di predatori tecnologici, a danno di una moltitudine di oppressi.

C’è un modo solo di drenare senza alcun ritegno risorse, persone, ecosistemi naturali e umani senza curarsi del caos e della devastazione che si lascia alle spalle.

La guerra, quella delle bombe e degli sfollati, è speculare alla guerra contro l’umanità che lavora, contro i migranti che il lavoro lo cercano.

Guerra e sfruttamento del lavoro non sono due realtà separate, sono due aspetti strettamente connessi di un globale e tumultuoso processo di ridefinizione e di riallocazione del potere e della ricchezza.

Non è un caso che proprio uno dei governi americani più aggressivi che la storia ricordi, capitanato da Trump e da una piccola compagine di suoi accoliti e di tecnocrati ideologizzati, alterni con fare apertamente dispotico la minaccia delle sanzioni a chi non si piega ai suoi diktat con l’uso di armi e bombe vere.

E non è un caso che associ il sostegno militare al genocidio dei palestinesi con proposte aberranti di deportare l’intero popolo superstite lontano dalla sua dimora storica, ignorando che questa è e resta la Palestina, come più volte sottolineato dalle risoluzioni delle nazioni unite.

E non è un caso che tra la blandizia e il ricatto in economia, i premi e le punizioni in diplomazia, l’America non dimentichi di deportare in massa migliaia di persone, e di reprimere con l’esercito e i marines i moti di piazza di chi osa protestare.

E oltre a dare prova di una privatizzazione di fatto della politica e delle risorse pubbliche, non è un caso che la Casa Bianca aggredisca quel poco welfare che era stato concesso ai suoi cittadini, privando i meno abbienti di copertura sanitaria, e nel contempo chiedendo e ottenendo che l’intera comunità europea si imbarchi in una dissennata e scellerata corsa al riarmo.

Guerra, deportazione, privatizzazione violenta dello stato e disprezzo delle garanzie di solidarietà sociale, ecco come tutto tragicamente si tiene.

È così che si afferma la distorsione aberrante e antidemocratica dell’intero sistema occidentale.

E purtroppo non ci stupisce che proprio un governo come il nostro attuale, che continua a ignorare e calpestare le condizioni di milioni di lavoratori, sia il più acquiescente, o se si preferisce il più complice, per non dire il più servizievole dei governi occidentali verso la nuova amministrazione americana.

Guai a protestare, guai a far valere l’interesse collettivo, comune, generale: umile con i potenti, arrogante con i deboli, il nostro governo si ricorda di essere sovranista in casa sua solo quando si tratta di aggredire gli esclusi, i migranti, i più fragili.

Ma poi si schiaccia del tutto su richieste di spesa militare e di riarmo farneticanti che, dietro la facciata della sicurezza internazionale, in realtà rischiano di portarci verso una incredibile distorsione di risorse, e verso una immane guerra di distruzione.

Chi ne fa le spese, ovviamente, è l’umanità stessa.

Una parola, “umanità”, che intendiamo sia come moltitudine di persone, sia come espressione del senso etico della vita e della società.

E il rischio di assuefarsi a questa allucinante catena di eventi di guerra, come se fosse la normalità, è del tutto speculare al rischio di assuefarsi alle morti sul lavoro, al disconoscimento dei diritti civili e democratici elementari, al traffico e allo sfruttamento lavorativo di esseri umani, come se anche questo fosse la normalità.

Per questo motivo una forza storica, tenace e antica, come è quella del sindacato in tutto il mondo, deve far sentire la propria voce, deve ricordarsi di essere portatrice di valori immutabili e non negoziabili di solidarietà, di pace, di inclusione.

È questa un’epoca di responsabilità e impegno, in cui dobbiamo guardare avanti senza però dimenticare da dove veniamo e qual è il nostro insostituibile ruolo di tutela e affermazione dell’umanità.

Sono queste le motivazioni per le quali con la ripresa dei lavori dopo la pausa feriale, a partire dalla nostra prossima Assemblea Generale del 25 e 26 settembre, e nei mesi successivi, cominceremo, la Filcams comincerà, a discutere dell’articolazione di un nostro piano di lavoro di medio-lungo periodo sui temi della pace, della solidarietà, dell’accoglienza e dell’inclusione.

A margine della nostra discussione di oggi sarà presentato all’Assemblea Generale un ordine del giorno che rappresenta l’avvio di un impegno fattivo della Filcams anche su questo fronte.

Per quanto ci riguarda più da vicino, e anche questo è opportuno precisarlo in premessa, oggi proseguiremo una discussione particolarmente impegnativa e complessa che porterà con sé, in un modo o nell’altro, una notevole assunzione di responsabilità anche operativa da parte di tutti noi, a partire dall’Assemblea Generale della Filcams nazionale.

Ormai siamo piuttosto abituati ad assumerci tutte le responsabilità che ci competono, contrattuali, tecniche, valoriali, civili, politiche, tenendo insieme argomenti soltanto in apparenza distanti ed eterogenei tra loro ma in realtà strettamente correlati.

La tesi prevalente è che stiamo oggi discutendo di “cambiamento”: un termine che in tutta franchezza dobbiamo interpretare e definire bene, per non intendere parzialmente la portata, la complessità, l’articolazione degli obiettivi che ci dovremmo porre, che un’organizzazione sindacale nel 2025 si dovrebbe porre.

Le parole che usiamo sono importanti, se esprimono effettivamente la prospettiva, il senso, il significato più profondi di questa fase, e soprattutto se sono correlate a comportamenti e linee di azione coerenti.

Coerenti nel rapporto con le delegate e i delegati, le iscritte e gli iscritti, le lavoratrici e i lavoratori.

Coerenti, in termini ancora più complessivi, nel rapporto con le studentesse e gli studenti, con le pensionate e i pensionati, trasversalmente, dai più ai meno giovani, nel rapporto quindi con tutto il Paese.

E a proposito di giovani, un breve inciso, sbaglia chi bolla come “infantile” e “marginale” la protesta silenziosa di alcuni studenti medi agli esami orali di maturità di quest’anno. Sbaglia chi, seguendo la moda di etichettare ogni generazione con una lettera nuova, descrive queste manifestazioni di dissenso come “malessere da Generazione Z”.

Il problema è culturale, sociale ma anche politico in senso più evidente e ampio. Il nostro Paese oltre a trovarsi in un glaciale inverno demografico, continua a perseguire politiche dissennate verso i giovani, spingendoli alla sfiducia, disincentivandoli dal legame sociale, incoraggiandoli di fatto all'emigrazione che non è solo dovuta a disagio economico ma ad una legittima frustrazione ormai esistenziale.

Esiste, e va posta all'attenzione con il massimo rigore, una grande questione giovanile in Italia

E la rappresentanza non può non assumere in prima persona e in prima istanza una piena titolarità e un pieno ingaggio su questa tematica, laddove altri esercitano una sociologia superficiale e d’accatto, o preferiscono voltarsi dall'altra parte, ignorando segnali di malessere che per adesso si manifestano con un silenzio ma anche con una risolutezza che ci impongono interesse, cura, riguardo.

E da ultimo, dicevamo, coerenti dobbiamo esserlo con le persone più fragili, gli esclusi, gli invisibili e i migranti, con chi nel nostro Paese è costretto a venirci perché si sottrae alla guerra o alla fame, o dal nostro Paese è costretto ad andarsene.

Il cambiamento, quindi, non è evidentemente una questione che attiene in modo esclusivo al vocabolario, all’espressione o più in generale alla forma; è invece e senz’altro questione che si porta appresso anche, soprattutto del merito.

Allora, credo che sia utile precisare che dobbiamo discutere in primo luogo del cambiamento, della evoluzione della nostra organizzazione in modo però strettamente correlato e funzionale ad una evoluzione, a un miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita in cui versano i diversi milioni di persone che noi rappresentiamo.

Questo è, per così dire, non solo l’oggetto del contendere ma è la ragione fondante per cui noi esistiamo: svolgere con sempre maggior efficacia, forza e determinazione la nostra azione di rappresentanza.

Rappresentanza non è solo difesa di interessi o definizione di perimetri professionali. Non è solo rivendicazione, negoziazione, ottenimento di avanzamenti contrattuali. Queste sono tutte cose importantissime, e nessuno è qui per negarlo.

Rappresentanza è anche è soprattutto – una alleanza, una proposta etica e sociale, una evoluzione delle coscienze, un cambiamento radicale delle istanze, dei fondamenti valoriali e dei metri di valutazione con cui oggi guardiamo al lavoro.

Rappresentanza è mettere in priorità, nell’agenda del Paese, la questione del lavoro e della sua centralità costituzionale.

Mettere al centro il lavoro come patto di crescita, di scambio culturale, di realizzazione e contribuzione civile, di comunità e di solidarietà.

Riaffermare il lavoro come primo motore della socialità e dell’identità, non come condanna all’anonimato e alla marginalità.

Riaffermare il lavoro come riscatto ed espansione dell’umanità, non come ricatto e umiliazione dei deboli.

Per questo diciamo e ribadiamo – e da qui non si sfugge – se c’è una priorità per la Filcams, se ci deve essere una priorità per la Cgil tutta, è e sarà esattamente questa: un avanzamento delle condizioni di vita e di lavoro di chi presta attività nei nostri settori!

Il benessere, la prosperità, la serenità di chi rappresentiamo, deve e dovrà essere la premessa, la condizione irrinunciabile per convocare ogni futuro presidio, per mobilitare energie e risorse, per imporre un nuovo ordine del giorno all’intero Paese.

Ecco, nel metodo e nel merito, di cosa parliamo quando noi parliamo di cambiamento!

E di merito, di sostanza, di contenuti mi sentirete parlare forse più spesso del solito nelle mie introduzioni ai nostri lavori a partire da quella odierna e così ancora nel periodo a venire.

Ne abbiamo discusso in segreteria ancora negli ultimi giorni: continuiamo ad essere convinti che nelle nostre discussioni certo sia necessario salvaguardare la forma e le regole, che sono di frequente anche sostanza, come siamo altrettanto convinti che per una categoria come la nostra rappresenti una necessità rimanere sempre e comunque ancorati al merito, nel caso anche con un certo protagonismo.

È di tutta evidenza.

E quindi, lo riprecisiamo anche oggi, per quanto ci riguarda, gli obiettivi non possono che essere quelli atavici, nostri! La diffusione di un lavoro sempre più stabile, sempre più regolare, sempre più dignitoso, sempre più umano come diciamo ormai usualmente noi in Filcams.

Tenendo evidentemente in considerazione che questi obiettivi, nostri da sempre, vengono oggi declinati in condizioni critiche diverse, sempre più difficili ed emergenziali, dove la tecnologia funge da moltiplicatore e acceleratore, dove si aggiunge con troppa frequenza l’impreparazione catastrofica, l’incultura e l’incoscienza di ampi settori delle categorie datoriali.

Ma noi, un passo alla volta, andiamo avanti!

 

Avanti con la nostra discussione interna e anche in un confronto franco, aperto, senza infingimenti, con la Confederazione, nel rapporto con Cisl e Uil di categoria, nel rapporto con le associazioni datoriali e ancora nel rapporto con la politica e le istituzioni e, come ci siamo detti, con il Paese tutto.

Innanzitutto: abbiamo capito tutte e tutti che non stiamo parlando qui di tutelare e gestire l’esistente, apportando qua e là qualche miglioria nel nostro approccio alla negoziazione.

Il cambiamento, il nostro cambiamento vero deve partire da un nuovo protagonismo nella comunicazione sociale, nella trasmissione e ricezione collettiva dei nostri messaggi, nella diffusione delle nostre istanze.

Dobbiamo riprenderci la narrativa e la narrazione sul lavoro, sul suo senso profondo e sulle sue finalità sociali generali, perché non si va da nessuna parte se le nostre parole sono silenziate e la nostra presenza è oscurata nelle comunicazioni pubbliche.

Il cambiamento vero vuol dire che devono essere riconosciuti, recepiti e accolti nuovi precetti sociali e vanno affermate nuove regole generali del lavoro, perché milioni di persone escano definitivamente, e non in via transitoria, dal limbo in cui sono trattenute.

Il cambiamento vero vuol dire, appunto, che non si esce transitoriamente dalla transitorietà, non si esce precariamente dalla precarietà, non si trovano soluzioni temporanee allo sfruttamento continuo del lavoro temporaneo, non si individuano compromessi stagionali per il lavoro stagionale.

Il cambiamento sarà tale quando avremo determinato definitivamente, e lo determineremo, un nuovo ordine valoriale, un nuovo, sostanziale e non più negoziabile riconoscimento della centralità della persona che lavora, contro chi di quella persona vuole fare un nuovo schiavo, un cieco prestatore d’opera, o peggio ancora il coefficiente di un algoritmo.

E per questo, ancora nel merito, il cambiamento di cui parliamo passa in ogni caso, e soprattutto, dalla definizione di un nuovo modello sindacale, che sappia rafforzare il valore e l’esercizio della confederalità attraverso una articolazione equilibrata, avveduta, lungimirante, del ruolo, delle prerogative, delle funzioni delle strutture confederali e categoriali.

Così, provando a razionalizzare i termini della discussione, sono almeno sei le questioni, sostanzialmente già affrontate e rispetto alle quali a più riprese sono anche state condivise e definite indicazioni; le rammentiamo, ce ne fosse la necessità, per agevolare la prosecuzione della discussione: “perimetri contrattuali”, “risorse”, “contrattazione inclusiva”, “modello contrattuale”, “democrazia” e “rappresentanza”.

Per alcune di queste, tra cui “perimetri contrattuali” e “risorse”, lo ricorderete, si era assunto l’impegno di prevedere un’ulteriore fase di approfondimento.

Lo abbiamo confermato all’incirca un anno fa, era il 25 luglio 2024, a margine di una Assemblea Generale della Cgil attraverso l’approvazione di un ordine del giorno che all’ultimo capoverso dava esplicito mandato alla segreteria nazionale della Cgil di avviare un percorso, con modalità e tempi certi e vincolanti, con l’attivazione di gruppi di lavoro come previsto dalle delibere attuative risalenti a marzo del 2022 su:

  • Primo tema: strutture organizzative, ruolo delle camere delle lavoro e risorse
  • Secondo tema: rappresentanza, contratti nazionali, perimetri e sovrapposizioni

 

I gruppi di lavoro, istituiti in base alla composizione prevista dalle delibere attuative, avrebbero dovuto restituire gli esiti e le relative proposte – entro la fine del 2024 per i temi contrattuali, ed entro febbraio 2025 per quelli organizzativi – all’Assemblea Generale per assumere le decisioni conseguenti.

Nei fatti, per quanto attiene i “perimetri contrattuali” si è avviata una prima interlocuzione tra Confederazione e categorie in considerazione di una bozza di documento di analisi e siamo in attesa, trascorsi ormai diversi mesi, dell’avvio della discussione di merito con la convocazione di una sorta di riunione di ritorno; per quanto riguarda il gruppo di lavoro chiamato ad occuparsi di “risorse” pare di aver inteso che potrebbe decidersene una prima riunione nelle prossime settimane.

Ci sono poi ulteriori due temi che per quanto ci riguarda, per quanto riguarda la Filcams, rivestono particolare rilevanza e dei quali è necessario entrare ulteriormente nel merito: “contrattazione inclusiva”, il primo, e “modello contrattuale”, il secondo.

In relazione al primo, a titolo semplificativo e certo non esaustivo, ci sarebbe in primo luogo una verifica da svolgere rispetto a quanto affrontato in considerazione degli impegni definiti, anche in questo caso, nel contesto dell’ultima Assemblea Organizzativa in ordine alla istituzione nei luoghi di lavoro e nei siti e nelle filiere dove siano applicati più contratti collettivi nazionali di lavoro, dei coordinamenti delle delegate e dei delegati della Cgil e delle categorie coinvolte per iniziativa della Camera del Lavoro e congiuntamente con la categoria titolare della contrattazione applicata nell’impresa o ente committente.

Lo ricorderete, obiettivo dell’attività di coordinamento da parte delle Camere del Lavoro, è o avrebbe dovuto essere, a seconda dei casi, “la regia sui temi di valenza generale, a partire da quelli legati a salute e sicurezza, legalità, ricomposizione delle condizioni di lavoro e quanto connesso alle problematiche degli appalti”.

Sul tema degli assetti contrattuali non è questa, con ogni probabilità, la sede nella quale dare nuova linfa al dibattito tra coloro che propendono per un unico modello contrattuale e i fautori di una diversificazione dei modelli contrattuali rispetto ai diversi settori; mi verrebbe da supporre che non si tratti propriamente di correnti di pensiero, se tali possono essere definite, in antitesi tra di loro, piuttosto approcci, posizioni, convinzioni che rispondono a una differente considerazione dei tempi.

Mi spiego meglio, un unico obiettivo di lungo periodo al quale si può e si deve pervenire a seguito di un adeguamento, di un aggiornamento, di un efficientamento gestiti con gradualità dei modelli contrattuali all’oggi in condizioni deteriori.

Per quanto riguarda “rappresentanza” e “democrazia” c’è un principio che è nel contempo un obiettivo, l’obiettivo, meglio, al quale tendere: la più ampia partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla vita, ai processi, alle decisioni dell’organizzazione.

Anche qui non sarei per farne una questione di supporto alla fazione dei sostenitori della rappresentanza sindacale unitaria piuttosto che di quella aziendale.

Tutti conveniamo che le rappresentanze sindacali debbano essere elettive ed elette e laddove ce ne siano le condizioni, come assai di frequente avviene, debba essere privilegiata l’adozione alla rappresentanza unitaria. Lo suggeriscono, diciamo, un minimo di buon senso e di senso d’organizzazione che così si debba agire!

Al netto delle fragilità degli accordi interconfederali sottoscritti, nei contesti nei quali il ricorso a forme di rappresentanza più strutturate è estremamente difficoltoso se non oggettivamente impossibile – così, solo a titolo esemplificativo – nel lavoro domestico, negli studi professionali, nell’artigianato, nella distribuzione, nel commercio, nei servizi, nella ristorazione, nel turismo, frammentati, non sarebbe forse più utile discutere, confrontarsi, sperimentare su nuove forme di rappresentanza che ci mettano in relazione con quanto sta avvenendo nel lavoro del 2025, del 2035 e magari pure, con qualche ambizione in più, del 2045?

E così pure per il tema “democrazia”.

Non è dialettica tra fautori di voto certificato, di referendum, di quorum e di raggiungimento della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto e chi la pensa diversamente.

È più semplicemente questione di contestualizzare rispetto ai nostri settori gli strumenti a disposizione e forse, soprattutto, di trovarne di nuovi, in primo luogo sostenibili sia dal punto di vista organizzativo che gestionale.

Parliamoci anche qui chiaro: politicamente chi tra di noi vorrebbe mai precludersi la possibilità di confrontarsi rispetto ad un qualsiasi risultato ottenuto con il maggior numero possibile di lavoratrici e di lavoratori?

Ecco, con queste ultime due questioni abbiamo raggiunto quota sei; sei temi, rispetto ai quali, lo abbiamo ribadito a più riprese, diciamo secondo i canonici principi della ragionevolezza e della buona fede, da parte nostra, da parte della Filcams non ci sono ritrosie, non ci sono riserve, non ci sono perplessità, non ci sono preoccupazioni, non ci sono esitazioni, non ci sono dubbi.

Viene solo da dire e lo ribadiamo a noi innanzitutto, andiamo avanti! Affrontiamole queste questioni, non attardiamoci, non continuiamo a dire che le dobbiamo approfondire senza mai farlo, non continuiamo a citarne i titoli non entrando nel merito, non continuiamo a menzionarle in assemblee, in riunioni, nelle occasioni più disparate senza mai neanche lambirne i contenuti.

La Filcams non si sottrarrà, e in qualsiasi gruppo di lavoro, commissione o altro ambito che si riterrà di definire e al quale avremo modo di prendere parte ribadiamo l’impegno a farci trovare pronti, organizzati, preparati, alla discussione.

Ci attende un autunno lungo e impegnativo, si tratterà, è inevitabile, di riprendere le nostre mobilitazioni: la nostra, di categoria, e la mobilitazione di iniziativa confederale.

Dovremo proseguire con la nostra vertenza “per l’umanità del lavoro”, con le iniziative di lotta, con i rinnovi contrattuali di primo e di secondo livello, con le vertenze aziendali, con nuove strategie di comunicazione anche di lungo periodo che ci consentano di interloquire efficacemente con il maggior numero possibile di persone, a partire da chi, per un motivo o per l’altro, è in condizioni di fragilità.

La rinegoziazione della contrattazione nazionale continua, continuerà a rappresentare una priorità: le trattative per il rinnovo dei contratti del lavoro domestico, del portierato, delle farmacie, la mancata firma di Confindustria del contratto Pulizie Multiservizi sono questioni all’ordine del giorno dell’agenda politica della Filcams tutta.

Per chiarezza, non ci sono contratti di serie A o di serie B; come abbiamo rinnovato negli ultimi due anni e mezzo 17 contratti nazionali di lavoro, così in tempi congrui dobbiamo arrivare a 21, garantendo condizioni salariali e normative adeguate anche per le centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori ai quali si applicano questi quattro contratti nazionali che esemplificano, in modo che più efficace non potrebbe essere, la vastità e l’eterogeneità del nostro perimetro d’azione.

E poi, ma anche questo lo abbiamo ben chiaro, dobbiamo già prepararci per le prossime tornate negoziali attese per il 2027.

Non è ammissibile, del resto è uno degli impegni che ci siamo presi, replicare quanto avvenuto gli scorsi anni in ordine alla dilazione dei tempi nel rinnovo della contrattazione.

E - ancora! - dobbiamo continuare a qualificare, come bene stiamo facendo, la nostra azione sul versante internazionale, nel rapporto con i sindacati internazionali e pure con i sindacati di altri paesi, investendo sempre di più sul ruolo delle delegate e dei delegati componenti dei comitati aziendali europei e sulla loro formazione, come si farà a partire dal mese di ottobre.

Proseguiamo quindi lungo la direttrice tracciata con il nostro piano di lavoro definito a congresso, con tutti gli strumenti a disposizione, tutti nessuno escluso: mobilitazione, iniziative di lotta, contrattazione, contenzioso, comunicazione, attività sul versante internazionale, formazione, diffusione di una bilateralità virtuosa ed efficace .

Andando ancora avanti, il 23 e il 24 luglio è stata convocata l’assemblea generale della Cgil, nel corso della quale avremo modo di confrontarci, oltre che sulle diverse questioni ancora aperte che ho ripercorso in questa mia introduzione alla nostra discussione di oggi, sulla prosecuzione della mobilitazione di iniziativa confederale. Anche qui, capitalizzando, al di là dell’esito, la portata complessiva della gestione della fase referendaria; gestione ed esito dei quali crediamo sia necessario discutere ancora e più approfonditamente.

Lo faremo anche in considerazione di una serie di ulteriori disamine che avremo modo di svolgere ancora nei prossimi giorni.

Innegabile che i referendum abbiano rappresentato uno snodo cruciale della nostra azione e che abbiano consentito la diffusione di particolare attenzione, senz’altro più rilevante di quella che avremmo raccolto noi soli rispetto a temi, questioni, problematiche pure molto prossime alla nostra azione quotidiana. Ma come ci siamo detti, avremo di ritornarci in termini di maggior compiutezza.

Ci attende, è di tutta evidenza, già nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, una discussione complessa rispetto alla quale ci dobbiamo porre l’obiettivo, intanto, di arrivare preparati, ma soprattutto di tenere insieme l’oggi, il domani e auspicabilmente anche il dopodomani e di mantenere una correlazione in ordine ad una serie di questioni, come già posto in premessa, estremamente eterogenee tra di loro.

Ma in primo luogo viene il merito e ancorati al merito dobbiamo stare.

La gestione del tempo e l’organizzazione della discussione rappresentano senz’altro aspetto non secondario. Anche da questo punto di vista c’è necessità di estrema chiarezza.

Il confronto che ci attende va affrontato compiutamente, avendo la capacità di tenere insieme temi eventualmente anche temi programmatici e temi prettamente organizzativi o riorganizzativi, la cui estrema rilevanza è segnata anche, soprattutto, da una notevole valenza politico e contrattuale e da quanto da questo punto di vista ne consegue.

Un confronto che va accompagnato, senza forzature, che va gestito da tutti, nessuno escluso, con grande senso di responsabilità e di organizzazione, in considerazione degli appuntamenti che ci attendono, affrontati alle scadenze fisiologicamente previste

Per concludere, in considerazione delle precisazioni poste e dell’esito della imminente Assemblea Generale della Cgil, è inevitabile che la nostra assemblea di oggi assuma, pur nella necessità di condividere e definire valutazioni su questioni rilevantissime, carattere ancora interlocutorio.

Dalla prossima settimana si tratterà invece di superare una dimensione puramente interlocutoria per affermare sempre più pragmaticamente, nelle posizioni e nelle azioni, la piena centralità nella vita del Paese dei lavori e delle lavoratrici e dei lavoratori che noi rappresentiamo.

A chiusura e lasciandovi poi la parola per l’avvio del dibattito, come segreteria nazionale ci terremmo a rivolgere un particolare ringraziamento a tutti voi e insieme a voi a coloro che, in tanti, tantissimi, in questi mesi si sono prodigati, in primo luogo delegate e delegati, e ci hanno consentito di raggiungere risultati altrimenti irrealizzabili.

Un impegno che ha testimoniato, ancora una volta, una Filcams all’altezza della situazione e delle sfide, consapevole, organizzata, coesa, preparata e autorevole.

Grazie compagne e compagni, anche oggi e ancora una volta.

 

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