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Giovedì 16 Novembre 2000 italia - economia Per l’Istat il Pil ha segnato nel terzo trimestre una crescita congiunturale dello 0,5% e l’aumento su base annua cala dal 2,7% al 2,4% L’Azienda Italia perde slancio. Del Turco: frenata prevedibile. Guidi lancia l’allarme: reazione shock per recuperare competitività
ROMA. L’Azienda Italia rallenta la marcia. Secondo le stime preliminari dell’Istat nel periodo luglio-settembre il Prodotto interno lordo è risultato pari a 486.900 miliardi di lire a prezzi 1995: rispetto al secondo trimestre di quest’anno (e per giunta con due giornate lavorative in più), la crescita è dello 0,5%, mentre a livello tendenziale l’incremento cala al 2,4% (dal 2,7% del trimestre precedente) con due giornate lavorative in meno.
La crescita congiunturale del Pil, aggiunge l’Istat, è la sintesi della modesta diminuzione del valore aggiunto dell’industria, solo parzialmente compensata dagli aumenti che si sono verificati nell’agricoltura e nei servizi. Una buona mano, come rileva Federalberghi, è venuta dalle performance del settore turistico.
La nostra economia insomma ha il fiato corto e sta lentamente perdendo terreno nei confronti degli altri Paesi industrializzati. Non solo degli Stati Uniti, che continuano a marciare a pieno regime (+5,3% il Pil Usa nel terzo trimestre 2000), ma anche degli altri partner europei: la Gran Bretagna, ad esempio, sempre nel terzo trimestre di quest’anno ha incasellato un’espansione del 2,9%, mezzo punto in più dell’Italia.
Complessivamente, quindi, l’economia italiana nei primi nove mesi del 2000 ha subito una nuova correzione al ribasso del tasso di crescita, che dal 2,8% dei primi sei mesi è sceso al 2,7 per cento. Insomma un campanello d’allarme visto che (come rilevano fonti del Tesoro) nel quarto trimestre si farà sentire l’effetto-alluvione che minaccia di avere serie ripercussioni anche sulla produzione industriale.
Le prestime sul Pil hanno innescato ieri pesanti polemiche perché mettono in serio rischio gli obiettivi di politica economica del Governo. Il rallentamento della crescita economica non è preoccupante, le stime Istat non vanno sottovalutate, ma neanche drammatizzate, ha invece rassicurato il ministro delle Finanze, Ottaviano Del Turco: «Il rallentamento della crescita era, in qualche misura, prevedibile». «L’obiettivo di una crescita al 2,8% è ancora raggiungibile, ci sarà una accelerazione nell’ultima parte dell’anno grazie anche al bonus fiscale» ha aggiunto il sottosegretario alle Finanze, Natale D’Amico. «I dati sul Pil mostrano chiaramente un allentamento della crescita, dovuto soprattutto al caro-petrolio, ma il 2,8% a fine anno è ancora possibile» ha rimarcato Paolo Onofri, consigliere economico di Palazzo Chigi.
Imprese e sindacati mostrano invece serie preoccupazioni. «Questa frenata è una cosa che ci preoccupa seriamente e profondamente», quindi basta con le decisioni di «bassa macelleria di bottega» occorre una «reazione shock per contrastare ed invertire la flessione di competitività», ha rilancia Guidalberto Guidi, consigliere per le politiche industriali di Confindustria.
«Il raggiungimento dell’obiettivo del 2,8% per il Pil è determinante, in quanto ogni 0,1% di scostamento farebbe mancare circa 2mila miliardi — ha afferma Marco Venturi, presidente di Confesercenti —. Siamo sinceramente preoccupati. È mancata una strategia forte ed è stato sottovalutato l’impatto del petrolio e della domanda interna che è stagnante».
Sostenere i consumi e accelerare lo sviluppo: questa la terapia dei sindacati. «La decelerazione della crescita è legata — ha affermato il segretario confederale Cgil, Walter Cerfeda —al rallentamento dell’economia internazionale. Questo giustifica ancora di più l’urgenza di dare a questa ripresa una seconda gamba robusta, la domanda interna». Secondo il segretario confederale Cisl, Gigi Bonfanti, c’è la prova che nonostante gli sforzi fatti per il risanamento e lo sviluppo, il Paese non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati perchè manca una politica di concertazione.
Bordate dal Polo. «Il rallentamento del Pil conferma che la Finanziaria è debole, con conti sbagliati, la crescita sarà sotto il 2,5%», ha affermato il responsabile dell’ufficio programma di Forza Italia, Renato Brunetta. Per Antonio Marzano, responsabile economico di Fi, la mancata crescita può essere anche maggiore, per effetto del caro-petrolio e del super-dollaro.
Vincenzo Chierchia Elio Pagnotta
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