15/6/2007 ore: 10:16
Padoa-Schioppa: «per il tesoretto richieste inquietanti»
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VERTICE DELL’UNIONE Padoa-Schioppa “Richieste inquietanti 4 volte quanto abbiamo” ROMA Le pensioni basse. Gli ammortizzatori sociali. Lo scalone previdenziale, l’abolizione dell’Ici, i cantieri della Tav. E poi le risorse per Kyoto, le case per le famiglie degli sfrattati. La detassazione degli straordinari. E la sicurezza? Chi va a dire al Cocer dei Carabinieri che per loro non c’è nulla? Tommaso Padoa-Schioppa è un generale assediato. Ieri ciascun capogruppo aveva da dire la sua su come spendere il tesoretto. Lui, serafico, prende appunti, ascolta, osserva. Poi prende la parola: «La somma di tutto ciò che chiedete è 4-5 volte superiore alle disponibilità». A spanne oltre sedici miliardi di euro. «Se le mettiamo insieme siamo di fronte ad un quadro inquietante di richieste». Per di più «a conti fatti», la somma da investire «potrebbe essere inferiore ai promessi due miliardi e mezzo: le cifre ballano al peggio. Aspettiamo i dati sull’autotassazione del 21 giugno: ci vediamo il 25 e ne riparliamo». Il ministro dell’Economia fa capire che la decisione di far marcia indietro sull’applicazione automatica dei nuovi studi di settore potrebbe costare un pezzo dell’atteso extragettito. E che di questo, come di molti altri fattori, occorre tenere conto. Se ieri doveva essere il vertice «definitivo» per venire incontro alle attese, la maggioranza si è trovata di fronte all’ennesimo rinvio. Gran parte delle misure che si sarebbe voluto varare prima dell’estate finiranno (forse) nella Finanziaria per il 2008. Padoa-Schioppa ha rimandato al mittente l’idea di aumentare le risorse rivedendo gli impegni presi con Bruxelles sul deficit. «Non se ne parla». Ha messo sul tavolo un problema emerso in questi giorni: il comma 507 della Finanziaria ha colpito in modo indiscriminato le spese di alcuni ministeri, dove in qualche caso manca la benzina per le auto. Uno scherzetto che potrebbe costare più di un miliardo di euro. C’è poi «l’incognita» della spesa sanitaria, dei cantieri Tav e Ferrovie, dei contratti pubblici, l’andamento della spesa per interessi, che risale a causa dell’aumento dei tassi. C’è ancora da capire quali saranno i risultati sul fronte della lotta all’evasione, che nonostante gli sforzi «è un’epidemia». Da ieri è a rischio persino il via libera al decreto che nelle intenzioni del premier dovrebbe servire a mandare un primo segnale ai redditi più bassi e ai pensionati poveri. Padoa-Schioppa, d’intesa con Prodi, ha detto che lo si potrà fare dopo l’approvazione del Dpef. Ma poiché ciò significa a luglio, ci sono buone probabilità che tutto slitti a settembre. Anzitutto è impossibile convertire un decreto in piena estate - i deputati vogliono andare in vacanza - e poi l’accordo va trovato con i sindacati, e non può prescindere dalla soluzione per superare lo scalone previdenziale. Altra questione sulla quale la trattativa è in alto mare. Padoa-Schioppa ha insomma evitato l’assedio. E conferma la linea decisa sin dall’inizio con il collega Visco: prima di prendere ogni decisione occorre attendere i dati sull’autotassazione. Quella che i suoi stessi alleati vedono ormai come un alibi per rinviare ogni decisione di spesa per lui si sta rivelando una carta vincente. «Da vecchio esperto di trattative», ammette il senatore Ds Giorgio Benvenuto, «credo che Padoa-Schioppa abbia ottenuto ciò che sperava accadesse: ha aspettato che nelle maggioranza cominciassero a litigare su come spendere il tesoretto. E nel frattempo lui può fare ciò che ha pensato sin dall’inizio: spendere sì i soldi, ma in un quadro più ampio come è quello della Finanziaria». Per il momento in consiglio dei ministri approdano tagli. Oggi all’ordine del giorno c’è la riorganizzazione di quattro dicasteri: Beni Culturali, Infrastrutture, Pubblica Istruzione, ma soprattutto dell’Economia. Padoa-Schioppa chiuderà 40 uffici provinciali di Tesoro e Ragioneria. Risparmi a regime: 30 milioni di euro. «Lei si sente di sinistra?», gli chiedono in una intervista a Sky. «Mah, non lo so...» Ma «sono parte di una maggioranza di centro-sinistra e e non avessi condiviso questa linea non sarei entrato in questo governo». Chiedere conferma agli alleati. |