29/11/2000 ore: 7:45

Mercato del lavoro: Isfol: la flessibilità crea il posto fisso

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Mercoledì 29 Novembre 2000
testata_quotidiano
Flessibilità, una buona strada verso un lavoro più sicuro

di Lina Palmerini

A chi la vuole semplice sinonimo di precarietà, l’occupazione flessibile comincia a dare qualche delusione. Sono di ieri i dati Isfol che indicano come quest’anno il 38% di lavoratori a tempo determinato sia approdato a un posto fisso. Una percentuale cresciuta rispetto al ’99, quando il passaggio di status da atipico a tipico ha coinvolto il 35% di giovani. Sembra, insomma, che accanto all’immagine-spauracchio di una precarietà a tempo indeterminato, di una eterna "temporaneità" stia avanzando anche in termini numerici l’idea di una flessibilità reciprocamente utile. Utile all’impresa, ma anche ai lavoratori o, almeno, a quelli che hanno capacità e formazione adatte per "usarla" solo come biglietto d’ingresso. Sempre nel rapporto Isfol si legge che il contratto a termine aiuta la permanenza sul mercato del lavoro, visto che dopo più di un anno il 75% dei soggetti continua a essere occupato, a fronte di un 37% che rimane impiegato a tempo.

Il problema, quindi, non è la flessibilità in sé, ma le possibilità che ciascun lavoratore ha e potrebbe avere per giocarsela al meglio. È evidente, infatti, che i contratti flessibili, oltre ad assecondare gli andamenti del mercato, sono diventati la via maestra delle aziende per selezionare i lavoratori, in assenza di un efficiente sistema di collocamento. Poter contare su una formazione adeguata è un modo per non essere flessibili a vita, soprattutto alla luce di un altro dato rilevato dall’Isfol: non avanzano i "lavori-spazzatura", le richieste di professioni intellettuali superano quelle di personale non qualificato.

SERVIZIO A pag.15

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Mercoledì 29 Novembre 2000
italia - lavoro
Mercato del lavoro:
Per l’Isfol i contratti a tempo in un anno si trasformano in assunzioni stabili.
La flessibilità crea il posto fisso.
I giovani «inattivi» hanno maggiori possibilità dei disoccupati di lunga durata

ROMA Alle ultime buone notizie sull’occupazione, l’Isfol ne aggiunge una. Sapevamo, infatti, dai dati Istat, che l’occupazione nell’ultimo anno è cresciuta, spinta soprattutto dai contratti flessibili, sapevamo della riduzione del tasso di disoccupazione e degli spazi sempre più ampi che le donne si stanno ritagliando sul mercato del lavoro anche grazie al part-time. Quello che invece ancora non sapevamo, emerso ieri durante la presentazione del rapporto Isfol, è la "temporaneità" della flessibilità.

Al di là del gioco di parole, la novità è che una buona fetta di lavoratori flessibili riesce a passare il guado e approdare al posto fisso in tempi relativamente brevi, mediamente un anno. Non solo, sempre l’Isfol evidenzia come queste trasformazioni crescano più dei lavoratori temporanei. «Ci è bastato mettere insieme alcuni numeri e confrontarli — ha spiegato Marinella Giovine, responsabile mercato del lavoro dell’Isfol — per notare come la crescita dei lavoratori a tempo determinato sia meno rapida delle trasformazioni dei contratti a tempo in assunzioni stabili. Vediamo infatti che quest’anno sono un milione 450mila i lavoratori a tempo determinato, un più 10% circa rispetto a quelli dell’anno precedente. Le conversioni da contratti flessibili a stabili invece hanno raggiunto quota 38 per cento». Il dato forse rassicurerà un po’ chi vede il mercato del lavoro italiano avviato sulla strada senza ritorno della precarietà, convinto soprattutto dalle cifre del lavoro atipico: dall’aprile ’99 allo stesso mese del 2000, il 57% dei contratti stipulati è flessibile, cioè a tempo determinato, part-time o interinale.

Il saldo positivo sulla crescita dell’occupazione — avverte però l’Isfol — deriva essenzialmente da una diminuzione delle uscite e non da un aumento degli ingressi. «Dal 1999 al 2000 — ha spiegato, il presidente dell’Isfol, Michele Colasanto — i nuovi ingressi sono stati poco meno di 1,4 milioni a fronte di più di 1,1 milioni di uscite. Ma aumenta il peso degli occupati flessibili che rappresentano oggi il 13,7% della forza lavoro».

Quasi con uno slogan, l’Isfol sottolinea però alcune differenze: per esempio che i contratti a tempo determinato non sono una «trappola», visto che il 38% riesce conquistare il posto fisso mentre lo stesso non può dirsi per il part-time. Nonostante l’accelerazione di questa forma di lavoro, arrivata a quota 13,5%, con una punta del 19,4% al Sud (era il 2,2% un anno fa), solo il 24% riesce a "evadere" e passare al tempo pieno mentre il 60% resta nelle stesse condizioni.

Chi non cerca trova. Anche questo gioco di parole è servito a illustrare e mettere in evidenza una caratteristica-paradosso del mercato del lavoro italiano rilevata dal rapporto Isfol. Risulta infatti che gli inattivi, come lo studente appena laureato, hanno molte più chance di un disoccupato di lunga durata. Confrontando i numeri Isfol delle new entry sul mercato del lavoro, si vede che solo il 17% dei disoccupati trova un posto contro un 48% che lo trova ma da una condizione di inattività, cioè senza essere transitato nelle liste di disoccupazione. «Il mercato cerca risorse fresche, magari anche qualificate, piuttosto che disoccupati di lunga durata. Questo però — puntualizza Giovine — è dovuto anche al fatto che è il Nord a trainare l’occupazione e in quelle aree non si resta senza lavoro per troppo tempo, anzi, c’è il problema opposto».

La controprova è che nemmeno la discesa del tasso di disoccupazione ha coinvolto i disoccupati da più di un anno: secondo l’Isfol oggi rappresentano il 60,8% sul totale dei senza-lavoro contro un 60% del ’99. Un lieve peggioramento rilevato che però sta trasformando questo status in una strada senza uscita.

Sul fronte della formazione, il dato più evidente è il maggior investimento: nel corso degli anni ’90, la spesa complessiva è quasi raddoppiata, passando dai 7.178 miliardi del ’91 ai 12.982 miliardi del ’98. A trainare è stata soprattutto la formazione regionale: dai 2.263 miliardi del ’95 si è passati ai 3.630 del ’98 con un incremento del 60 per cento.

Lina Palmerini

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