Intercettazioni, 90 mila no alla legge-bavaglio
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ROMA - Non la vogliono né i magistrati, né i giornalisti, né gli editori, ma neppure migliaia di cittadini sul web. Toccano quota 90mila le firme all´appello di Stefano Rodotà contro la riforma delle intercettazioni per cui da stasera, in una seduta notturna del tutto straordinaria della commissione Giustizia del Senato, la maggioranza tenta il rush finale. Con l´obiettivo di chiudere la discussione per giovedì e portare il testo in aula tra una settimana, non appena saranno stati approvati i molti decreti legge in attesa.
La pagina di Facebook «Libertà è partecipazione informata», dove c´è l´appello, è tra le più cliccate e aumentano di continuo le adesioni e i commenti contro il ddl Alfano. Come questo: «Si cerca di far credere alla gente che sia un provvedimento che tuteli tutti i cittadini, che ne rispetti la privacy. Ma sorge spontaneo il dubbio che riguardi solo la cricca». Basti pensare alla denuncia del gip di Firenze Rosario Lupo: «Con questa legge non ci sarebbe stata l´inchiesta sugli appalti del G8». Si annunciano le prime manifestazioni pubbliche: un sit-in alla Rai il 21 maggio. E tre giorni dopo la convocazione degli «Stati generali per l´informazione libera» sotto lo slogan «prepariamoci a dare libero sfogo alla nostra creatività».
Dal web a Torino, al Salone del libro, dove da sabato è partito un nuovo appello contro il lungo e unico articolo che trasforma le intercettazioni da ordinario mezzo di prova contro i delitti in uno strumento straordinario, che si potrà utilizzare con il contagocce, dribblando tra ostacoli insormontabili come la durata: solo in casi eccezionali si potrà tenere un telefono sotto controllo fino a 75 giorni. Dice Stefano Mauri, presidente del gruppo Gems e degli editori di varia dell´Aie, autore con Giuseppe Laterza del testo dell´appello: «Sono arrivate le adesioni di Nottetempo, Zanichelli, Neri Pozza, Codice Edizioni, ma tutti vogliono firmare e lo potranno fare sul sito di Laterza. Mi aspetto che destra e sinistra si rendano conto che è bene che i cittadini siano informati sulle iniziative dei magistrati e sulla fondatezza o meno delle smentite dei politici». Aggiunge Lorenzo Fazio, direttore editoriale di Chiarelettere: «Questo ddl si aggancia alla legge 231, che regola i rapporti aziendali e costringe dirigenti, imprenditori e direttori a vigilare. Le multe per chi pubblica testi di intercettazioni arrivano a 465 mila euro. E´ una forma di censura molto furba».
Dopo la mancata firma della Mondadori e di Einaudi all´appello dice da Torino il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari: «Era assolutamente inevitabile. Questo appello è stato molto importante. Io faccio parte di quelli che lo hanno firmato, ma riconosco che sia Mondadori che Einaudi non erano tenuti a farlo». E dai vertici della Mondadori filtra un´indiscrezione a proposito dell´appello che è stato commentato così: «E solo un´operazione di marketing editoriale»