5/9/2003 ore: 11:28
Ecco come cambieranno le nostre pensioni
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venerdì 5 Settembre 2003 DAGLI INCENTIVI ALLA REVISIONE DELLE REGOLE, DAI METODI DI CALCOLO AI CONTROLLI Ecco come cambieranno le nostre pensioni Tutte le novità per lavoratori privati, dipendenti pubblici e neoassunti |
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Alessandro Barbera ROMA Novità in vista per le pensioni degli italiani. Scartata l’ipotesi di un intervento nella legge Finanziaria, le misure allo studio del governo saranno con tutta probabilità inserite nella delega previdenziale in discussione al Senato. Il progetto dettagliato dovrebbe uscire da un nuovo vertice lunedì fra i ministri Tremonti, Alemanno, Buttiglione e Maroni. L’ipotesi di intervento sarà quindi presentata alle parti sociali. Quattro i punti chiave della bozza governativa: l’accelerazione della riforma Dini con il graduale innalzamento dell'anzianità retributiva fino a 40 anni, un incentivo pari a circa il 32 per cento lordo della retribuzione per chi resterà al lavoro, la graduale equiparazione del trattamento dei dipendenti pubblici e privati e un aumento dei contributi per gli ex co.co.co. Ma nel pacchetto sono previste anche una decontribuzione per i neo-assunti, un contributo di solidarietà per le pensioni più ricche e un nuovo giro di vite sulle pensioni di invalidità. Per quanto riguarda l’anzianità retributiva, vale a dire gli anni di contributi necessari ad andare in pensione, dovrebbe salire fino a 40 anni, avendo come punto di riferimento il 2008. Ciò in linea di principio significa che chi vorrà andare in pensione prima di aver raggiunto l'età della vecchiaia (65 per gli uomini e 60 per le donne) dovrà aver accumulato versamenti per 40 anni. Questa è una delle misure più controverse: secondo l’esperto di previdenza Giuliano Cazzola l’ipotesi «è un buon inizio, ha una valenza strutturale, ma c'è ancora molto da capire. Mi sembrerebbe strano che per andare in pensione l'unica via sia quella di lavorare 40 anni». Oggi, spiega Cazzola, «in pensione d'anzianità ci si va in due modi: con un'età anagrafica ed un requisito contributivo che nel 2006 sarà 57-35 anni, oppure con un canale contributivo che l'anno prossimo è di 38 anni e nel 2008 diventa di 40. Si potrebbe far terminare entrambe le fasi transitorie nel 2008, farle arrivare entrambe al capolinea nello stesso periodo». E’ stato invece deciso di non procedere al blocco delle cosiddette «finestre» di uscita per le pensioni di anzianità. Ma non è esclusa una riduzione delle finestre del 2004 da quattro a due. Una decisione sulla quale Cazzola non concorda: «Sarebbe importante ridurre a due le finestre e accelerare l'andata a regime del sistema contributivo. Ciò permetterebbe di riequilibrare i sacrifici. Perché non c'è dubbio che un certo numero di generazioni si avvarrà di requisiti accorciati ed in più avrà il bonus. Non si capisce perché noi dobbiamo premiare dalla riforma Dini ad oggi, le generazioni più anziane, e punire quelle più giovani». Il pacchetto conterrà invece il cosiddetto «superbonus» proposto dal ministro Maroni: si tratta di una misura a favore di chi - pur avendo maturato il diritto alla pensione di anzianità - decida di rimanere al lavoro in cambio di un aumento della busta paga. Il progetto di massima concordato fra le parti prevede l'innalzamento dell'incentivo fino al 32,7% (lordo) dell'ultima busta paga: il 30% andrà al lavoratore, il 2,7% al datore di lavoro. Per quanto riguarda i dipendenti pubblici per il momento è stata scartata l'ipotesi dell'immediata equiparazione con i dipendenti privati. Benchè siano già stati equiparati i requisiti per andare in pensione, resta una differenza per quanto riguarda la retribuzione di riferimento per il calcolo della rendita. Novità in vista anche per i lavoratori parasubordinati: a partire dall'anno prossimo la quota da versare dovrebbe essere del 19%, come stabilito a regime per gli altri lavoratori autonomi nel 2014. |
Ritorna il «contributo di solidarietà» per chi incassa più di 10 mila euro
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Nessun taglio per le pensioni di invalidità ma un nuovo giro di controlli, magari ancora più rigidi rispetto al passato, per ridurre ulteriormente abusi e favoritismi. La questione continua ad essere oggetto di scontro tra la Lega ed i centristi. Rocco Buttiglione condivide l’esigenza di «moralizzare» il settore a patto però che non sia una «campagna contro il Mezzogiorno» e comunque l’intervento non andrà inserito in Finanziaria. La Lega invece rilancia: «Credo che la verifica da parte dell'Inps possa portare notevoli risultati», ha dichiarato ieri il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. «Purtroppo oggi - sostiene il parlamentare - abbiamo una situazione paradossale: la definizione dello stato di invalidità avviene a livello periferico e l'erogazione a livello centrale. Così anche i controlli vengono fatti a livello periferico. La mancata coincidenza fra chi verifica e chi eroga fa sì che ci sia una situazione di anomalia in senso truffaldino che porta in determinate aree ad avere percentuali di invalidità che sono veramente fuori dal mondo».
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Contributi più bassi ma non per i Cococo
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Novità in vista per i neo-assunti e per i tanti lavoratori parasubordinati (gli ex co.co.co). Per pagare le pensioni dei propri dipendenti, le imprese oggi pagano a nome del lavoratore il 32% dei contributi previdenziali. Per combattere il fenomeno del precariato e incentivare le imprese ad assumere, è stato proposto di tagliare del 3-5% i contributi a carico delle imprese che decidono di assumere nuovi lavoratori a tempo indetermiato. Ma la proposta, dopo essere stata bocciata dalla Camera e tolta dalla legge delega è tuttora controversa, e il livello della «decontribuzione» potrebbe risultare alla fine inferiore. Sindacati e opposizione, in particolare, si oppongono a questo intervento che, dicono, è destinato a creare un esercito di futuri pensionati poveri proprio in seguito ai minori contributi versati. Per chi è un lavoratore parasubordinato (gli ex co.co.co) è invece probabile un aumento dei contributi da pagare per maturare la pensione dello Stato. Oggi il datore di lavoro trattiene dalla busta paga e versa all’Inps circa il 14 per cento dei compensi pagati al collaboratore. A partire dall'anno prossimo la quota da versare dovrebbe essere del 19 per cento, come stabilito per gli altri lavoratori autonomi entro il 2014. Va però sottolineato che all'aumento dei contributi significherà la possibilità di avere una pensione più pesante. |