Deregulation lontana dalle farmacie

La mancata liberalizzazione ha aperto la strada ai big dall'estero Deregulation lontana dalle farmacie
R.E.
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MILANO - Riforma del commercio, ma fino a un certo punto. Perchè numerosi settori commerciali, alla fine, sono rimasti fuori dalla revisione e seguiranno un percorso tutto proprio come la liberalizzazione progressiva delle vendite di giornali e l'approdo della carta stampata nella distribuzione moderna, al di fuori delle edicole. La riforma del commercio non si applica a diverse formule commerciali: le farmacie, i generi di monopolio, alcune attività nel settore agricolo, l'artigianato e le fiere campionarie. Il caso delle farmacie ha innescato scottanti polemiche perchè, da più parti, è stata auspicata una «iniezione» di liberalizzazione nel settore, oggi rigidamente disciplinato. In altri Paesi, Stati Uniti o Gran Bretagna in testa, c'è sicuramente una maggior dose di deregulation ed esistono numerose catene di vendita che accoppiano le attività commerciali sui prodotti parafarmaceutici a quelle più propriamente centrate sulle specialità medicinali, sotto la vigilanza di personale qualificato. In Italia il margine per il farmacista sull'attività di vendita si aggira sul 25% (media lorda) e ciò probabilmente spiega anche l'interesse di grandi gruppi esteri, come la tedesca Gehe, per le privatizzazioni di farmacie a livello comunale. Nel nostro Paese si contano 16mila farmacie, di cui 15.324 private. La Gehe ha rilevato il controllo delle farmacie di Bologna, Milano, Cremona e Prato, mentre Alliance Unichem ha fatto shopping a Lucca, Cesena e Rimini; Codifarma ha puntato su Grosseto, la Comifar su Firenze. La distribuzione moderna ha infine dovuto «accontentarsi» di introdurre sui propri scaffali un po' di specialità paramediche (come cerotti, garze o disinfettanti). L'aspirina al supermarket è però ancora lontana. Giovedí 16 Maggio 2002
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