25/7/2002 ore: 11:18
"Opinioni" Rischio burocrazia per gli immigrati - di Tito Boeri
Contenuti associati
Rischio burocrazia
per gli immigrati
La legge Bossi-Fini aumenta gli adempimenti
per le imprese
DI TITO BOERI
Cosa vuol dire operare in
un mercato in cui mancano
i lavoratori anziché i
posti di lavoro? Una buona fetta
d’Italia è in condizioni di
piena occupazione, con tassi di
disoccupazione inferiori al 4%,
ma pochi si sono sin qui presi
la briga di studiare approfonditamente
come funziona il mercato
del lavoro in questi casi.
Fra questi pochi eletti, alcuni
economisti delle Università di
Padova e Venezia, non a caso
le zone in cui il mercato del
lavoro è maggiormente surriscaldato.
Le loro indagini, basate
per lo più su dati sulle aspirazioni
di chi cerca lavoro (Indagini
sulle forze lavoro) e sul turnover
di lavoratori e posti di
lavoro di fonte Inps portano a
tre principali risultati. Primo:
chi cerca lavoro in questi mercati
è molto esigente. Secondo: i
datori di lavoro competono tra
di loro nel procacciarsi lavoratori,
rubandoseli gli uni agli altri.
Terzo: in un mercato del lavoro
siffatto sono proprio gli immigrati
a impedire il surriscaldamento
del mercato, a tenere bassi
i salari.
Chi cerca lavoro in queste
ragioni richiede contratti con
maggiori garanzie di durata, è
disponibile a prestare il proprio
lavoro solo nell’ambito di
impieghi corrispondenti alle
proprie qualifiche e a precise
condizioni quanto alla natura
(full-time o part-time) dell’orario
di lavoro. L’indice di choosiness
elaborato da Ugo Trivellato
e Anna Giraldo mostra
che i lavoratori veneti sono, a
parità di altre condizioni (età,
livello di istruzione, genere,
composizione del proprio nucleo
familiare), circa del 30%
più esigenti di chi cerca lavoro
in Campania.
Tempi duri per i datori di
lavoro veneti. Giuseppe Tattara
e Marco Valentini ci descrivono
un mercato del lavoro in cui
le assunzioni avvengono principalmente
da altri posti di lavoro,
generando lunghe catene di
posti vacanti (per sostituire un
lavoratore "rubato" a un’altra
impresa, bisogna attrarne uno
già occupato altrove, spingendo
l’impresa da cui quest’ultimo
proviene ad aprire un altro posto
vacante e così via). È sempre
più difficile assumere qual
cuno in poco tempo, soprattutto
se proviene dalla nonoccupazione
(ad esempio, è un giovane
in cerca di prima occupazione
o un disoccupato).
Nell’industria, un’assunzione
su cinque (contro una su
venti agli inizi degli anni 90)
coinvolge lavoratori extracomunitari
e il dato è sicuramente
sottostimato, dato che in queste
zone è diffuso l’impiego irregolare
di manodopera immigrata.
Sono soprattutto le piccole e
piccolissime aziende ad assumere
lavoratori immigrati, perché
costano meno degli esigenti
lavoratori indigeni. Moltissime
le imprese a Treviso e Vicenza
con meno di 15 dipendenti
in cui si ha una maggioranza
di lavoratori immigrati.
Soprattutto sono gli immigrati
a garantire la mobilità del lavoro
in queste zone: il loro tasso
di turnover è del 150%, con
durate medie del lavoro
inferiori ai sei mesi (rispetto ai tre
anni dei lavoratori comunitari).
Lezioni da trarre? Eccone alcune.
Ragionando coi termini
(equivoci) ricorrenti negli ultimi mesi,
in queste regioni c’è un problema
di "flessibilità in entrata", mentre
ce n’è fin troppa di "flessibilità
in uscita". Piccolo è bello
se c’è l’immigrato perché costa
troppo il locale disoccupato. A
parte le rime, la revisione (in
atto) delle politiche per l’emersione
del sommerso dovrebbe,
per risultare più efficace, contemplare
anche i lavoratori immigrati.
E poi meglio snellire le
procedure della legge sull’immigrazione.
Perché più che l’articolo
18 dello Statuto dei lavoratori,
in Veneto conta l’articolo
18 della legge Bossi-Fini. Quello
che prescrive a chi assume il
lavoratore immigrato una marea
di adempimenti e che infligge
multe salate a chi «omette di
comunicare allo sportello unico
per l’immigrazione qualunque
variazione nel rapporto di lavoro
intervenuto con lo straniero».
Delle due l’una: o la legge
non verrà applicata, oppure rischia
di impedire alla manodopera
immigrata di esercitare il ruolo di
raffreddamento del mercato del lavoro
svolto in questi anni. Sicuro che aumenterà
il lavoro amministrativo, la burocrazia.
Secondo stime prudenziali, saranno circa
200mila i lavoratori extracomunitari in
Veneto che cambiano lavoro
ogni anno. Quanta carta e quanto
lavoro per le Prefetture che
devono comminare le sanzioni
amministrative ai datori di lavoro
inadempienti!