13/10/2003 ore: 10:26

"Intervista" T.Boeri: Quanti soldi porti, caro straniero

Contenuti associati




 Intervista a: Tito Boeri
       
 



Intervista
a cura di

Maristella Iervasi
 
12.10.2003
Quanti soldi porti, caro straniero
L’economista Tito Boeri: gli immigrati sono una grande risorsa economica. Di cui non possiamo fare a meno

ROMA L’immigrazione è una risorsa per gli italiani, contrariamente a quanto dice la Lega che ostacola come può l’integrazione degli stranieri. Per Bossi e compagnia l’immigrato non ha diritti, ma una valigia in mano: deve restare in Italia solo e per la durata del contratto di lavoro, altrimenti va espulso senza tanti
complimenti. Ma l’uscita a sopresa del vicepremier Fini: «Sono maturi i tempi per il voto agli immigrati», ha aperto il dibattito sull’immigrazione
intesa come risorsa di cui farne tesoro. Per tanti motivi, dal fabbisogno indispensabile di manodopera
al calo demografico del Paese. Come ci spiega
l’economista Tito Boeri, professore alla Bocconi
e direttore della Fondazione Rodolfo De Benedetti.
L’immigrazione è una ricchezza per gli italiani?
«Il valore economico dell’immigrazione è indubbio».
Qualche indicazione?
«Gli immigrati “oliano” gli ingranaggi dei mercati
del lavoro, spostandosi nelle province dove c’è scarsità di manodopera».
Insomma, gli stranieri, compresi quelli che stanno per essere messi in regola, sono una percentuale ormai importante della forza lavoro italiana.
«Al loro lavoro è riconducibile oltre il 6% del
prodotto interno lordo. Li troviamo concen trati
per lo più nelle regioni ad alta produttività, dove c’è meno disoccupazione. Se fossero istribuiti come gli
italiani sull’intero territorio, il loro contributo sarebbe pari alla percentuale che rappresentano. Essendo invece concentrati per lo più nel nord del paese il loro apporto - inteso come risorsa economica -, risulta maggiore».
E gli italiani, professore, percepiscono il valore economico dell’immigrazione? Vogliono che gli immigrati usufruiscano dei servizi offerti dal
welfare?
«Esattamente. Con la grande sanatoria dell’autunno scorso hanno pagato 350 milioni di euro, pari circa
a un sesto del gettito dell’eurotassa che ci era servita per entrare nell’euro. Demoskopea per conto della
Fondazione De Benedetti ha condotto un’inchiesta sull’immigrazione, proprio affrontando la spesa per l’integrazione».
E cosa dice la gente?
«È disponibile a pagare di tasca propria per favorire l’inserimento sociale delle persone immigrate con
lavoro regolare. Spendendo mediamente 31 euro a testa per servizi di integrazione legati a corsi di lingua
italiana ed educazione civica, di formazione e qualificazione professionale e così via. Un dato
che se proiettato sulla popolazione nel suo
complesso, porterebbe ad una somma di un miliardo
e mezzo di euro. Più di quanto le stesse persone intervistate un campione di 1000 individui di età compresa fra i 14 e i 79 anni, rappresentativi
dell’Italia - pagherebbero per tenerli fuori dal nostro paese con controlli più severi alle frontiere:
22 euro a testa».
Quindi, a parte la Lega che insite nella sua politica di punizione e d’esclusione dell’immigrato, l’immigrazione in generale
è vista come una grande risorsa economica?
«Esattamente. Va detto che gli immigrati si posizionano nelle regioni più avanzate, colmando la scarsa mobilità dei lavoratori italiani e accettando
mestieri che gli italiani non vogliono più svolgere. Gli immigrati tendono a concentrarsi nelle regioni che offrono migliori opportunità di inserimento nel mercato del lavoro: quelle con tassi di occupazione
e produttività più elevati, dando un contributo d’importanza crescente alla produzione nazionale».
Ma nonostante ciò, una parte della popolazione è preoccupata.
«La popolazione con redditi medio-bassi è più preoccupata dall’arrivo degli immigrati rispetto ai ceti
con redditi medio-alti, per i quali emerge la consapevolezza dell’utilità degli immigrati e dell’esigenza di investire nella loro integrazione.
Detto questo, però, bisogna tener conto delle preoccupazioni della gente».
E come?
«Gradualità nei flussi e immigrazione regolare. Non ponendo restrizioni troppo forti».
Ben detto, ma la Bossi-Fini va proprio in questa direzione.
«Ed è proprio questo il limite della legge sull’immigrazione di questo governo: non lascia libero l’immigrato di cambiare lavoro e di raggiungere la regione dove c’è opportunità
lavorativa. Lo scoraggia a spostarsi, alimentando il lavoro nero. Se gli immigrati regolari fossero liberi
di scegliere, andrebbero dove la loro manodopera sarebbe necessaria. Creando così meno problemi alla
popolazione».



 


     

Close menu