"Intervista" T.Boeri: Quanti soldi porti, caro straniero
|
 |
Intervista a: Tito Boeri |
 |
|
|
|
|
|
|
Intervista a cura di Maristella Iervasi
|
|
|
 |
12.10.2003 Quanti soldi porti, caro straniero L’economista Tito Boeri: gli immigrati sono una grande risorsa economica. Di cui non possiamo fare a meno
ROMA L’immigrazione è una risorsa per gli italiani, contrariamente a quanto dice la Lega che ostacola come può l’integrazione degli stranieri. Per Bossi e compagnia l’immigrato non ha diritti, ma una valigia in mano: deve restare in Italia solo e per la durata del contratto di lavoro, altrimenti va espulso senza tanti complimenti. Ma l’uscita a sopresa del vicepremier Fini: «Sono maturi i tempi per il voto agli immigrati», ha aperto il dibattito sull’immigrazione intesa come risorsa di cui farne tesoro. Per tanti motivi, dal fabbisogno indispensabile di manodopera al calo demografico del Paese. Come ci spiega l’economista Tito Boeri, professore alla Bocconi e direttore della Fondazione Rodolfo De Benedetti. L’immigrazione è una ricchezza per gli italiani? «Il valore economico dell’immigrazione è indubbio». Qualche indicazione? «Gli immigrati “oliano” gli ingranaggi dei mercati del lavoro, spostandosi nelle province dove c’è scarsità di manodopera». Insomma, gli stranieri, compresi quelli che stanno per essere messi in regola, sono una percentuale ormai importante della forza lavoro italiana. «Al loro lavoro è riconducibile oltre il 6% del prodotto interno lordo. Li troviamo concen trati per lo più nelle regioni ad alta produttività, dove c’è meno disoccupazione. Se fossero istribuiti come gli italiani sull’intero territorio, il loro contributo sarebbe pari alla percentuale che rappresentano. Essendo invece concentrati per lo più nel nord del paese il loro apporto - inteso come risorsa economica -, risulta maggiore». E gli italiani, professore, percepiscono il valore economico dell’immigrazione? Vogliono che gli immigrati usufruiscano dei servizi offerti dal welfare? «Esattamente. Con la grande sanatoria dell’autunno scorso hanno pagato 350 milioni di euro, pari circa a un sesto del gettito dell’eurotassa che ci era servita per entrare nell’euro. Demoskopea per conto della Fondazione De Benedetti ha condotto un’inchiesta sull’immigrazione, proprio affrontando la spesa per l’integrazione». E cosa dice la gente? «È disponibile a pagare di tasca propria per favorire l’inserimento sociale delle persone immigrate con lavoro regolare. Spendendo mediamente 31 euro a testa per servizi di integrazione legati a corsi di lingua italiana ed educazione civica, di formazione e qualificazione professionale e così via. Un dato che se proiettato sulla popolazione nel suo complesso, porterebbe ad una somma di un miliardo e mezzo di euro. Più di quanto le stesse persone intervistate un campione di 1000 individui di età compresa fra i 14 e i 79 anni, rappresentativi dell’Italia - pagherebbero per tenerli fuori dal nostro paese con controlli più severi alle frontiere: 22 euro a testa». Quindi, a parte la Lega che insite nella sua politica di punizione e d’esclusione dell’immigrato, l’immigrazione in generale è vista come una grande risorsa economica? «Esattamente. Va detto che gli immigrati si posizionano nelle regioni più avanzate, colmando la scarsa mobilità dei lavoratori italiani e accettando mestieri che gli italiani non vogliono più svolgere. Gli immigrati tendono a concentrarsi nelle regioni che offrono migliori opportunità di inserimento nel mercato del lavoro: quelle con tassi di occupazione e produttività più elevati, dando un contributo d’importanza crescente alla produzione nazionale». Ma nonostante ciò, una parte della popolazione è preoccupata. «La popolazione con redditi medio-bassi è più preoccupata dall’arrivo degli immigrati rispetto ai ceti con redditi medio-alti, per i quali emerge la consapevolezza dell’utilità degli immigrati e dell’esigenza di investire nella loro integrazione. Detto questo, però, bisogna tener conto delle preoccupazioni della gente». E come? «Gradualità nei flussi e immigrazione regolare. Non ponendo restrizioni troppo forti». Ben detto, ma la Bossi-Fini va proprio in questa direzione. «Ed è proprio questo il limite della legge sull’immigrazione di questo governo: non lascia libero l’immigrato di cambiare lavoro e di raggiungere la regione dove c’è opportunità lavorativa. Lo scoraggia a spostarsi, alimentando il lavoro nero. Se gli immigrati regolari fossero liberi di scegliere, andrebbero dove la loro manodopera sarebbe necessaria. Creando così meno problemi alla popolazione».
|
 |
|
 |
|
|
|
 |
 |
|
|
|
Per offrire una migliore esperienza di navigazione questo sito utilizza cookie anche di terze parti.
Chiudendo questo banner o cliccando al di fuori di esso, esprimerai il consenso all'uso dei cookie.
Per saperne di più consulta la nostra Privacy e Cookie Policy