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"dopoUnipol" Spartizione tra Emilia e Toscana

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    dopoUnipol

    venerdì 6 gennaio 2006
      Pagina 6 - Primo Piano


      L’ACCORDO ANCORA DA DECIDERE LA POLTRONA DI AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA COMPAGNIA. SE SALTA L’OPERAZIONE ROMANA DUE POSSIBILI SCENARI

      Emilia e Toscana si spartiscono l’Unipol

      Stefanini presidente. Campaini numero uno di Finsoe. Bankitalia potrebbe bocciare l’Opa su Bnl

      Pierangelo Sapegno
      inviato a BOLOGNA
        Dopo quattro ore, che sembravano un tempo che non finiva più, hanno deciso su tutto. Manca solo l’amministratore delegato di Unipol, ma si sapeva già. Il presidente che prende il posto di Giovanni Consorte è Pierluigi Stefanini, che lascia il suo in Holmo a Mario Zucchelli. Vice di Unipol è Vanes Galanti. Vice Holmo è Piero Collina. Presidente della holding Finsoe è il toscano Turiddo Campaini, nemico dichiarato dell'Opa Bnl. Vice, Claudio Levorato. Queste le proposte. Lunedì le nomine. Prima impressione: Unipol dà un segno di continuità ma anche di allargamento della governance, nonostante a mezza giornata e a mezza riunione sia caduta come un tuono la notizia che Vincenzo Desario, il reggente di Palazzo Koch, starebbe per dire no alla madre di tutte le Opa. La seconda è che i toscani non sono usciti sconfitti nella loro battaglia. A fine giornata, Stefanini la riassume così: «Abbiamo ipotizzato una maggiore distinzione tra proprietà e gestione». E specifica: «L’operazione Bnl va portata avanti comunque». Egidio Checcoli, presidente Legacoop Emilia, uno dei grandi tessitori di questa operazione, aggiunge: «Stefanini è un’ottima persona e un’ottima scelta. La proposta di Campaini registra una importante novità, perché si consolida l’unità a livello nazionale della cooperazione, lanciando un ponte fra le varie regioni». Ma queste decisioni nascondono forse contrasti non ancora chiusi.
          E le 4 ore di riunione del cda di Holmo dimostrano solo in parte le difficoltà incontrate in questi giorni per arrivare alle sei nomine di ieri sera. Questo clima di incertezza, e di polemiche, si spiega bene con il fatto che la strategia di Giovanni Consorte, per quanto avesse suscitato divisioni e malumori, era diventata la grande strategia della Lega, che a questo punto guarda a se stessa perplessa e attonita. Le due anime del mondo cooperativo, quella emiliano-romagnola e quella toscana, si sono da sempre affrontate anche con toni aspri.
            Come ha spiegato Franco Grassini, autore di un saggio sulle cooperative, «le imprese emiliane e le loro alleate, formate essenzialmente da produttori e costruttori, avendo maggiori necessità di capitali per gli investimenti, hanno ritenuto opportuno comprarsi una banca, mentre quelle toscane, basate per lo più sulla distribuzione commerciale, non avendo bisogno di una cospicua leva finanziaria, si sono opposte all’perazione Bnl». Adesso che Consorte è uscito di scena, il dilemma si è riproposto, e non è un caso che l'altro ieri, Luigi Sanzò della Puglia, ai margini della grande consulta delle leghe regionali, dicesse che loro hanno comunque «bisogno di una grande banca perché abbiamo serissimi problemi di accesso al credito». In mezzo a questi contrasti, il tentativo di alcuni toscani di alzare il prezzo, portando su un piatto d’argento l’adesione del Montepaschi e chiedendo in cambio la presidenza Unipol, è naufragata quasi subito perché da Siena è arrivato il no secco della Fondazione. A questo punto la corrente imprenditoriale delle cooperative avrebbe avuto il via libera per Stefanini e per continuare l’Opa di Bnl. Anche se, senza un sostegno bancario, sarà difficile, secondo molti, reggere finanziariamente l’operazione. E allora sarebbe ancora campato in aria il rischio di un fallimento e di vedersi sfilare sul mercato il gioiello di famiglia, quella compagnia di assicurazioni nella quale tante risorse sono state versate e che tante soddisfazioni ha dato, almeno fino agli inizi della Opa sulla Bnl?
              La struttura dell'Opa, pensata da Consorte per un controvalore di circa 4,9 miliardi di euro, si fondava su un aumento di capitale per Unipol da 2,6 miliardi più circa 800 milioni di cessioni varie, e su un ricorso a prestiti per 1,6 miliardi di euro. Ma se è vero che Desario avrebbe già deciso per un no tecnico e che la sua volontà verrà resa nota prima del 16 gennaio, che cosa potrà succedere adesso dentro alla Lega e a Unipol? L’aumento di capitale varato da via Stalingrado ha richiesto un intervento molto sostanzioso da parte del movimento cooperativo. In una situazione simile, se l'Opa venisse davvero bocciata, Unipol si troverebbe maggioritaria dentro Bnl, ma costretta per legge a congelare le quote in eccedenza il 30 per cento, in condizioni di mercato sicuramente non proprio positive.
                Con due prospettive: una, quella smentita a gran voce dai dirigenti delle cooperative, che vede la compagnia di via Stalingrado indebolita finire sul mercato, col rischio di essere divorata in un sol boccone da qualcuno più grande (c’è già chi evoca lo spettro del Leone di Trieste, ossia proprio delle Generali, già socie del patto che controllava Bnl prima della scalata, che in una sorta di vendetta postuma sarebbero disposte a mettere sul piatto 7,8 miliardi di euro per acquistare Unipol). La seconda prospettiva è invece quella suggerita e sussurrata da Giuliano Poletti, presidente Legacoop, che vede un rilancio della compagnia assicurativa, la ricerca di partner e di altre acquisizioni.
                  Come aveva detto Consorte ai soci, il giorno che aveva ottenuto l'aumento di capitale: «Guardate che questi soldi servono per la scalata alla Bnl. Ma, se fallisse, è un aumento che serve a Unipol per essere più forte e tentare analoghe strade per crescere». Perché, gira e rigira, si ritorna sempre lì, dove tutto era cominciato, dall'uomo che aveva segnato il destino di questi giorni e di quelli a venire. E anche nella sera che lo cancellano si riparte da capo e dalle sue parole, come se in fondo fossero ancora le loro.

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