3/3/2005 ore: 12:35
"Bankitalia 2" Il premier ha blindato il voto
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giovedì 3 marzo 2005 Colloqui a raffica e un vertice segreto. Poi l’intesa Augusto Minzolini ROMA L’ULTIMO giro di vite per compattare la maggioranza di governo attorno al Governatore Antonio Fazio, Silvio Berlusconi lo ha dato a metà del pomeriggio di ieri. Una telefonata al suo deputato-avvocato, Niccolò Ghedini, che gli ha subito passato Pierferdinando Casini. Poi una rapida riunione nello studio del Presidente della Camera, nel corridoio dei passi perduti, a cui erano presenti il ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, il sottosegretario Paolo Bonaiuti e il presidente della commissione Bilancio, il leghista Giancarlo Giorgetti. Obiettivo: assicurarsi che la base leghista non avrebbe fatto scherzi. A quel punto il «no» al passaggio del controllo sulle concentrazioni bancarie da Bankitalia all’anti-trust e l’introduzione del mandato a termine del Governatore, cioè i punti dolenti per Fazio presenti nella proposta di legge sul risparmio, sono stati completamente scongiurati. «Non credo che ci saranno problemi», assicurava alle 17 e 30, subito dopo la riunione, lo stesso Casini. Così il premier può ritenersi soddisfatto: ha salvato il numero uno di via Nazionale e se ne è assicurato la riconoscenza (semprechè questo valga qualcosa nelle stanze del potere). E nel voto di oggi (a scrutinio segreto) sugli articoli del provvedimento che riguardano la nuova normativa sul «falso in bilancio» avrà dalla sua parte il partito pro-Fazio, guidato ieri platealmente nell’aula di Montecitorio dal ministro dell’agricoltura Alemanno. In fondo il Cavaliere deve guardarsi solo dall’ipotetica vendetta di chi, nella maggioranza, non ha gradito il nuovo asse con il governatore. «Ci potrebbe essere una vendetta proprio sul falso in bilancio», sussurava ieri il forzista Maurizio Lupi. Ma a stare all’esito delle votazioni di ieri i dissidenti capitanati da Bruno Tabacci e Giorgio La Malfa sono davvero pochi e, comunque, già ieri molti professavano fedeltà al governo sugli ultimi articoli delicati del provvedimento. E allora chi ha perso in questa grande partita di potere? Sicuramente non il premier che, anzi, ha dato le carte e si è mostrato magnanimo (grazie ai buoni uffici di Gianni Letta) con il Governatore. Non ha perso neppure Antonio Fazio che, invece, ha dato una grande dimostrazione di forza: ieri, ad esempio, Ignazio La Russa e Stefano Saglia che nei giorni scorsi si erano pronunciati per il mandato a termine, sono stati costretti ad una repentina quanto goffa marcia indietro. Non hanno vinto certo i due capi della rivolta, La Malfa e Tabacci. Anche se tutti debbono riconoscergli il coraggio di aver portato avanti la loro battaglia fino in fondo: «Purtroppo - sono le parole amare di Tabacci - nella prima Repubblica la politica decideva tutto, anche i consigli d’amministrazione delle banche; oggi non decide niente, anzi il Parlamento è diventato un territorio di razzie per gli altri Poteri». Appunto, gli altri Poteri. Secondo qualcuno gli sconfitti o i possibili nuovi equilibri determinati anche da questa partita, bisognerà valutarli in quell’ambito. «Questa - osserva con aria distaccata Giorgio la Malfa - è la prima vera sconfitta di Cesare Geronzi. E’ stato lui in queste settimane a guidare il partito anti-Fazio. Motivo? Tutti sanno che l’alleanza di ferro tra i due si è spezzata nello scontro tra Geronzi e l’amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi, Mauro Fiorani, per il controllo dell’Antonveneto. Fazio si è schierato con quest’ultimo scatenando le ire di Geronzi. Tutti e due hanno corteggiato Berlusconi, ma alla fine, a quanto pare, il Cavaliere ha scelto il Governatore». Un pochino diversa è, invece, l’analisi di Tabacci che individua nell’esito di questa battaglia campale in parlamento il segnale di un armistizio tra Geronzi e Fazio-Fiorani proprio sull’Antonveneto: «Mi sbaglierò ma quanto è avvenuto - osserva il presidente della Commissione Attività Produttive della Camera - preannuncia un’intesa tra i due». Sarà. Quello che è certo finora, invece, è che lo scontro è stato reale e ha dimostrato che non è solo il sistema bancario nel suo complesso ad avere dei referenti politici, ma anche le singole banche. Basta analizzare l’evoluzione della posizione della Lega nella vicenda: fino a poche settimane fa era tutta schierata contro Fazio, nel solco delle posizioni espresse in passato dall’ex-ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Poi, l’entrata in scena di un istituto del Nord, la banca Popolare di Lodi, contro un istituto del Sud come Capitalia di Geronzi, gli ha fatto cambiare posizione. Tant’è che ieri la difesa di Fazio è stata motivata dal padano Giancarlo Pagliarini con queste parole: «Ora la nostra priorità è quella di contrastare il polo bancario romano». |