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Sabato 24 gennaio 2004
Bananas IL BISUNTO DEL SIGNORE
di Marco Travaglio
È risorto. Al 33° giorno, con un certo ritardo sulla tabella di marcia, ma è risorto. L’Unto del Signore è diventato Bisunto. Cade finalmente il velo dal rifatto di Dorian Gray. Ma subito un interrogativo si impone: ne valeva la pena? Stiamo parlando di un pover’uomo che ha speso 500 miliardi in avvocati per farla franca e si ritrova di nuovo sotto processo per corruzione giudiziaria, propri come quattro anni fa. Ora ha speso non si sa bene quanto per diventare più bello, e il risultato è sotto gli occhi di tutti: una palla da biliardo in doppiopetto, per giunta triste, molto triste. Pezo el tacòn del buso. Qualcuno insinua persino che il chirurgo plastico fosse un comunista, un girotondino o un malato di Parkinson. Per esempio le cuciture, forse eccessive, sembrano aver ridotto la bocca, magari nella speranza di ridurre anche le corbellerie che di solito ne escono: lui, con quelle dette ieri, ha tenuto a rassicurare i suoi discepoli. Anche se il chirurgo ha ecceduto con la pinzatrice, ci vuol altro per fargli dire qualcosa di serio. Per il resto, il Premier Componibile maschera bene le cicatrici. Almeno per ora. Ma c’è un nonsoché di precario, nel nuovo Cavaliere. Il precedente dell’attrice Carmen Di Pietro, che si vide esplodere un seno al silicone durante un viaggio aereo, è piuttosto inquietante. Non vorremmo che alla prima missione internazionale anche a Berlusconi partisse un occhio in volo, gli schizzasse via un orecchio, gli scivolasse giù il naso. Sarebbe seccante, anche per il prestigio conquistato dall’Italia nel Semestre europeo. E poi ci vorrebbe un altro rattoppo, come se fosse facile trovare i pezzi di ricambio. In ogni caso, è bene pensarci per tempo: dopo la brillante uscita di ieri sull’euro, occorrerà presto una terza faccia: anche la seconda è quasi andata. Ora incombe il nuovo Evento, per celebrare degnamente il X Anno dell’Era Berlusconiana. Pare che oggi, davanti all’arca dell’alleanza, il Cavalier Bisunto chiamerà i fedeli a declamare brani scelti dalla «Carta dei valori», come si fa in chiesa con il Credo e il Padre nostro. Solo che i testi, in questo caso, sono di Adornato. Il piccolo pensatore, con sforzi sovrumani, ha messo insieme un libretto azzurro di 41 pagine. Rischiando addirittura l’ernia al cervello per partorire concetti come: «Continuità nella discontinuità», «partito di centro alleato con la destra e aperto alla sinistra riformista», «federalismo nazionale», «liberalismo sociale», «umanesimo cristiano e laico». Manca soltanto la pioggia asciutta, il mare dolce e l’Adornato intelligente. Si segnalano, invece, il «pensiero positivo» (da un’idea di Jovanotti), la «civiltà dell’amore» (copyright di Cicciolina) e «l’ambientalismo blu» (frutto dei funghi allucinogeni). È la prima volta, comunque, che quando Adornato scrive qualcosa, qualcuno la legge, anche se per costrizione, ad alta voce, in coro, sotto gli occhi rifatti del Capo. Naturalmente - avverte James Bondi - «non si tratterà di una autocelebrazione, ma di un’occasione per riunire il popolo di Forza Italia che dovrà stringersi attorno a Berlusconi, fargli sentire tutto il calore, l’affetto e la riconoscenza che merita per ciò che ha fatto per la libertà e la democrazia. Berlusconi conferma il peso che le personalità hanno nel corso della Storia. Se non avesse deciso di abbandonare gli agi della sua condizione di imprenditore per un impegno e una dedizione assoluta al bene dell’Italia, l’Italia avrebbe imboccato una strada senza libertà e di decadenza». A proposito di agi, dedizione e bene dell’Italia, sarebbe il caso di far declamare ai discepoli e al devoto James anche un’altra citazione. Che non è di Adornato, ma di chi Forza Italia ha inventato nel 1993, Marcello Dell’Utri: «Eravamo nel settembre 1993, Berlusconi mi convocò nella sua villa di Arcore e mi disse: “Marcello, dobbiamo fare un partito pronto a scendere in campo alle prossime elezioni”. Lui aveva provato in tutti i modi a convincere Segni e Martinazzoli. “Vi metto a disposizione le mie tv”. Tutto inutile. Allora decise che il partito dovevamo farlo noi. Poi c’era l’aggressione delle procure e la situazione della Fininvest, con 5mila miliardi di debiti. Franco Tatò, amministratore delegato del gruppo, non vedeva vie d’uscita: “Cavaliere, dobbiamo portare i libri in tribunale”. I fatti poi, per fortuna, ci hanno dato ragione» (Intervista ad Antonio Galdo per il libro “Saranno potenti”, Sperling & Kupfer, 2003). C’era chi, travolto dai debiti e da Tangentopoli, falliva e andava in galera. Chi, terrorizzato da quella prospettiva, si sparava. E chi trovava una terza via più accettabile e meno traumatica: diventare presidente del Consiglio. Partito di plastica, si diceva allora. Pertito della plastica, si direbbe oggi.
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