24/6/2022 ore: 14:41

PROTEGGIAMO(CI): percorsi comuni e condivisi contro tutte le violenze sulle donne

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Dietro una storia di violenza fisica o psicologica, spesso c’è anche una violenza economica. Donne che non lavorano o sono precarie, con contratti a poche ore e stipendi bassi, condizioni che le rendono meno autonome e complicano il percorso per uscire dalle situazioni di violenza. 
Per questo la Cgil sta cercando di proporre ad associazioni e istituzioni di fare rete: “è indispensabile un approccio di sistema “afferma Giorgia Fattinnanzi del Dipartimento Politiche di Genere intervenuta al 4° webinar organizzato dalla Filcams Cgil nell’ambito del PASS (Piano di Apprendimento strategico sindacale). “Si comincia con l’emancipazione lavorativa che porta all’autonomia economica ed emotiva, per arrivare a staccarsi dalle situazioni di disagio e violenza.”
Affronta il tema della violenza economica anche Manuela Ulivi, avvocata di diritto di famiglia e collaboratrice della Casa di Accoglienza delle donne di Milano.
“Il rapporto con i soldi è molto complesso, e, ancora oggi, molte donne che vivono un rapporto di dominio con il proprio uomo, consegnano tutta la gestione del loro patrimonio ai loro mariti e compagni”.
E anche se la violenza economica fa fatica ad emergere, spesso è un’aggravante che complica il percorso.
Per questo la Casa di Accoglienza delle donne, un luogo di donne per le donne, oltre ad ascoltare le storie di chi si rivolge a loro, vuole costruire dei percorsi progettuali considerando il vissuto e il contesto pregresso, per mettersi in azione e trovare soluzioni insieme. E in questo percorso è spesso importante il ruolo del lavoro e del contesto lavorativo: “Abbiamo aperto la strada alle relazioni con le aziende, non solo per un maggior sostegno, ma perché fuori dal contesto familiare le donne a volte, riescono a guardarsi più criticamente e confrontarsi. Spesso, infatti, sono state le colleghe ad accendere una luce sul contesto di violenza.”
Il riconoscimento della violenza sul posto di lavoro è molto importante, non solo per i casi in ambito lavorativo ma anche per far emergere le difficoltà del contesto personale: “la donna che vive nella sfera privata delle situazioni di violenza tende ad isolarsi e non confidarsi con i familiari” prosegue Giorgia Fattinnanzi, “mentre può aprirsi in maniera differente con le colleghe in un contesto più formale. Per questo è fondamentale avviare dei percorsi di formazione e sensibilizzazione sui luoghi di lavoro, anche perché fino adesso, nonostante il lavoro fatto, i casi di femminicidi continuano a non diminuire.” 
La mancanza di democrazia, la parziale esclusione dal mondo del lavoro e quindi l’impossibilità di una piena realizzazione, sono per le donne degli ostacoli che non le rendono totalmente libere e libere di scegliere. Elisa Ercoli, Presidente Differenza Donna punta il dito sul nostro paese e su quegli ostacoli culturali che contribuiscono a limitare la vita e le scelte delle donne. 
“Così come affermato dalla Convenzione ILO, il mondo del lavoro è un luogo strategico per intaccare la violenza, anche quella domestica” spiega Elisa Ercoli, “sindacati e imprese devono occuparsi non solo delle violenze sul lavoro, ma anche di tutte quelle forme che rientrano in questo ambito, come i tirocini, gli spostamenti o i viaggi di lavoro. Ma possono essere anche antenne e occhiali per capire quello che succede in famiglia alle lavoratrici e migliorare le intercettazioni, per poi abbattere stereotipi e pregiudizi, attraverso percorsi di formazione e ascolto.”
Oria Gargano Presidente di Befree, cooperativa sociale nata per contrastare tratta, violenza e discriminazione delle donne, oltre a confermare l’importanza dell’inserimento lavorativo per stabilire la propria autorevolezza, pone l’accento sugli schemi mentali e culturali che rischiano di amplificare e giustificare la supremazia dell’uomo sulla donna. 
“Stereotipi, pregiudizi, presunzioni di potere sono gabbie concettuali che fanno male sia agli uomini che alle donne. Gli interventi educativi e i percorsi di formazione avviati vogliono portare l’uomo a riflettere sul perché si sente in diritto di sindacare su come la donna si veste o su dove va”.
Forme mentali da scardinare con un’azione comune che metta insieme tutte le parti sociali e istituzionali impegnate in questa battaglia. 
Lella Palladino presidente della Cooperativa Eva, tra le tante attività, gestisce due laboratori nei beni confiscati a Casal Di Principe, di inserimento lavorativo per donne in uscita dai percorsi di liberazione dalla violenza.
Oltre alla violenza economica, la battaglia da sostenere, in sinergia con gli altri attori sociali è quella contro gli stereotipi in un mondo disegnato al maschile. 
“Come possiamo cambiare un paese così profondamente maschilista che rende inapplicabili le poche buone leggi di cui ci siamo dotati? La subordinazione delle donne e la violenza nei confronti delle donne viene spesso legittimata anche nei tribunali, spostando l’attenzione sui comportamenti delle singole persone.”
Pesa, secondo Palladino, la mancanza di un ruolo istituzionale che si faccia carico della situazione sociale: “bisogna investire in politiche attive che riscrivano la strutturazione dell’identità di genere anche attraverso la formazione scolastica, non limitare le aspirazioni delle donne e dare per scontato che ci siano ruoli predefiniti, come per esempio che sia la donna ad occuparsi dei figli e delle persone deboli della società.”
Formazione, contrattazione nelle sue più estese articolazioni – da quella nazionale a quella sociale e territoriale - sono gli strumenti della Filcams per contrastare la violenza contro le donne e farsi promotrice di una diversa cultura e una differente narrazione. In questa direzione è nato anche il percorso formativo Proteggiamo(ci): “che ci consegna maggiore consapevolezza, conoscenze e competenze indispensabili per continuare a qualificare la nostra azione sindacale nei luoghi di lavoro e nei territori” ha affermato Maria Grazia Gabrielli segretaria generale Filcams Cgil nell’intervento conclusivo.
“Siamo convinte e sosteniamo l’idea che per intaccare i temi della violenza e consentire di uscire da situazioni difficili bisogna agire in ogni luogo e per noi il luogo principe è quello di lavoro. Ma è importante per noi continuare anche a confrontarci con le associazioni e i centri antiviolenza per creare un anello che congiunge il dentro e fuori il luogo di lavoro. Le organizzazioni sindacali vivono nel territorio e devono diventare sempre più presenti e presidi di riferimento per farsi carico della condizione delle persone e abbattere le disuguaglianze e le discriminazioni create dal mondo del lavoro a partire da quella economica che molto incide sulla autonomia e emancipazione delle donne.”