Welfare: Servizi in tilt nei piccoli comuni
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IL WELFARE Servizi in tilt nei piccoli comuni in 4 su 10 meno spese o più tasse Al Sud tagli nel 56% dei paesi e problemi di tenuta dello stato sociale per l´82% Tra le aree di intervento più sacrificate: cultura sport e scuola Indagine della Lega autonomie sui bilanci 2004 nei centri con meno di 5mila abitanti
LUISA GRION
ROMA - Prima di tutto si tagliano cultura e sport, poi si ridimensionano le spese per l´ufficio e l´amministrazione. Se non basta si ritoccano le tasse. E se i conti non tornano ancora, e proprio non se ne può fare a meno, si rinuncia ai servizi sociali. Per i piccoli Comuni, quelli con non più di 5 mila abitanti, dopo la Finanziaria del 2004 la vita si è fatta davvero dura. La Legautonomie (associazione di Comuni e Province guidata da Oriano Giovanelli) ne ha analizzato i bilanci di previsione e - attraverso un´indagine a campione - ha scoperto che l´impatto della manovra e del taglio dei trasferimenti (410 milioni in meno rispetto al 2003) sulle piccole comunità è stato davvero duro: il 41,2 per cento dei sindaci si è detto costretto a ridurre la spesa per servizi. I tagli sono stati più frequenti, ma di minori entità al Sud, meno diffusi, ma più pesanti al Nord. Comunque sia non si è trattato di piccoli aggiustamenti: la riduzione rispetto agli stanziamenti per il 2003 sfiora in media il 23 per cento. Le amministrazioni del centro se la sono cavata meglio (10,5), ma nel Meridione oltre il 55 per cento dei Comuni ha dovuto far fronte alla riduzione delle entrate sacrificando il welfare. Dove si è tagliato? Prima di tutto si è sacrificata quella fetta di bilancio considerata meno penalizzanate per le classi meno abbienti: colpo netto - quindi - sugli investimenti per iniziative culturali e sportive. I più giovani non ne saranno felici, ma ridurre gli autobus o la spesa sanitaria - hanno deciso le amministrazioni - sarebbe stato peggio. Questa via è stata scelta da buona parte dei Comuni con i conti in crisi del Centro Italia (50 per cento) del Nord-Ovest (42,9), del Sud (40). Meno nel Nord-Est, che ha però bilanciato le uscite riducendo i servizi sociali del 25 per cento. Una soluzione scelta anche dal 20 per cento delle amministrazioni del Sud, dove - non bastasse - si è deciso di ridurre per la stessa entità i servizi scolastici. Comunque sia la ricerca curata da Francesco Montemurro lascia pochi dubbi sulle conseguenze sociali del taglio ai trasferimenti: il 37,5 per cento delle amministrazioni interpellate confessa di avere forti difficoltà a mantenere la qualità dei servizi assicurata solo un anno prima. Nel Meridione la percentuale vola fino all´81,5 per cento de comuni. D´altra parte di fronte ad una riduzione delle entrate le strade sono due: o si limita, appunto, la spesa sociale, o si chiedono soldi. Una via percorsa dal 35 per cento dei sindaci (oltre il 60 per cento nel Nord est) che hanno puntato all´aumento delle tasse locali. Strumenti privilegiati, in quel caso, non possono essere che l´Ici e la Tarsu. Meno frequenti invece le iniziative di lotta contro l´evasione fiscale (preferita, dove è possibile, dalle grandi città). «L´unico aspetto positivo di questa situazione è che le piccole amministrazioni, pur di non toccare un livello minimo di welfare e rispondere invece alle nuove esigenze, decidono sempre più spesso di collaborare e offrirli in consorzio» commenta Loreto Del Cimmuto direttore generale della Legautonomie. «Ma non bisogna sottovalutare la gravità dei tagli alla cultura: spesso, per i piccoli centri, queste iniziative sono le uniche possibilità di farsi conoscere e attirare turismo e investimenti».
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