Ultima chiamata contro la Prodi-Bolkestein
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venerdì 13 gennaio 2006
Pagina 4 - Politica
Ultima chiamata contro la Prodi-Bolkestein
EUROPA - Mobilitazione a febbraio in vista del voto sulla direttiva Ue che liberalizza i servizi
Trecento parlamentari Deputati parlamentari e nazionali, associazioni e sindacati chiamati a raccolta dal gruppo comunista europeo si coordinano per proseguire nell'opposizione alla direttiva: «La parola d'ordine è rigetto»
ALBERTO D'ARGENZIO BRUXELLES
«La parola d'ordine è rigetto», questo il messaggio lanciato ieri da trecento tra parlamentari europei, nazionali e locali, da rappresentanti di movimenti sociali e di sindacati riuniti a Bruxelles dal gruppo comunista del Parlamento europeo per fare il punto sulla discussa direttiva Bolkestein, quella lanciata dalla Commissione Prodi per liberalizzare i servizi nell'Unione europea. Il 16 febbraio la direttiva verrà votata nella planaria dell'Eurocamera, un appuntamento cruciale per l'Ue visto che su questa norma si gioca gran parte del futuro del modello sociale europeo. «I rapporti di forza ci sono sfavorevoli - sottolinea il capogruppo comunista Francis Wurtz - l'unico modo per uscire da questa spirale, è ottenere la massima pressione da parte degli attori sociali sugli eurodeputati più addormentati». «Dobbiamo manifestare - continua l'eurodeputata tedesca del Pds Sarah Wagenknecht - e sommergere gli eurodeputati di e-mail, lettere, fax, fare pressione perché sappiano che se votano a favore della Bolkestein lo fanno contro la volontà dell'opinione pubblica». Sabato 11 febbraio sono previste manifestazioni dei movimenti in tutta Europa, dai paesi scandinavi fino alla Spagna, passando per Francia, Germania, Austria ed Italia (non sono ancora chiare le modalità), cortei nazionali che fanno da contorno all'evento europeo che si celebrerà lo stesso giorno a Strasburgo, sede del Parlamento. Il 14, a due giorni dal voto, sarà invece la Ces, la Confederazione dei sindacati europei, a scendere sulla capitale dell'Alsazia per cercare di influire sullo scrutinio. «Siamo solo all'inizio della mobilitazione pubblica», incalza Pierre Calza di Attac Francia e del Forum sociale europeo.
Il testo che vorrà votato il 16 febbraio a Strasburgo è quello approvato il 29 novembre scorso dalla Commissione mercato interno del Parlamento grazie ad un accordo tra popolari, liberali ed eurodestra. Un rapporto che mantiene i peggiori aspetti della Bolkestein. In primis rimane il principio del paese di origine, secondo cui un'impresa che eroga servizi sottostà alle leggi del paese in cui ha la sede legale e non in quello in cui presta l'opera. L'ultima stesura modifica solo nominalmente questo principio, ma lascia intatta la sua naturale vocazione al dumping sociale: «hanno cambiato nome - accusa Wagenknecht - la sostanza è rimasta la stessa».
L'altro problema è il campo di applicazione della direttiva. La norma non verrà applicata, almeno in questa versione, alla sanità, lotterie, cinema, audiovisivo, giochi e pure ai notai, ma varrà, per esempio, per la scuola e altri servizi essenziali.
Il 29 novembre il centro destra aveva vinto, ma per poco: 21 voti contro 16. Cambiare gli equilibri in plenaria non sarà facile visto che sulla Bolkestein si intersecano interessi di partito ed interessi nazionali. E così se da un lato i popolari ed i liberali francesi, come qualche eurodeputato di estrema destra, potrebbero votare contro, dall'altro i socialisti britannici e quelli dei nuovi paesi dell'est potrebbero appoggiare la Bolkestein. «Non c'è frattura est-ovest - insiste Wagenknecht - non è vero che a est la vogliono perché non è vero che se ne approfittano i lavoratori, se ne approfittano le multinazionali. Per questo è fondamentale mobilitare l'opinione pubblica all'est».
Anche per gli italiani la questione non è chiara. Gli eurodeputati della maggioranza seguono il governo e sono a favore, mentre nel centro sinistra i comunisti sono per il rigetto, i verdi ed i Ds tra il rigetto ed un compromesso migliore mentre la Margherita, che in Europa sta nel gruppo liberale, rimane un'incognita, ma un'incognita terribilmente vicina alla Bolkestein.
Dopo il Parlamento saranno i 25 a fare i conti con la direttiva. Già cinque paesi hanno chiesto alla Commissione di ritirare la direttiva, tra loro anche l'Austria, presidente di turno. Barroso però mantiene il testo.
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