15/3/2006 ore: 11:50

Tutti in fila alla lotteria delle colf

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    marted? 14 marzo 2005


    Gabriela ci prova da tre anni,
    tutti in fila alla lotteria delle colf
      di CORRADO GIUSTINIANI

      ROMA - Gabriela incrocia le dita e poi le scioglie, le reincrocia e le riscioglie, per scaramanzia e per difenderle dal vento gelido che lucida il tramonto. ?Lo Stato italiano proprio non vuole i miei contributi?, sospira, riaggiustandosi gli occhiali. E’ il terzo anno che tenta di mettersi in regola e fino ad oggi non le era bastato portare la domanda del suo datore di lavoro il primo giorno. Non ? colpa sua se, nel 2005, la lotteria delle quote per le colf si era aperta a Roma alle otto e mezza del 3 febbraio e chiusa, di fatto, un’ora e mezza pi? tardi, con le buste che portavano il timbro delle dieci. Gabriela ? romena, ha due figli, lavora presso una famiglia di Piazza Vittorio e adesso ha deciso di mettersi in fila con un giorno di anticipo, davanti alle vicine Poste di via Galilei, consegnando il suo nome a una connazionale che tiene una lista autogestita. E’ il numero 27, ma su quel foglio protocollo a righe, alle cinque del pomeriggio, i nomi sono gi? pi? di 90. Chi si assenta perde il posto: Gabriela e gli altri hanno passato la notte all’addiaccio, per coronare il sogno di uscire dalla clandestinit?.

      Sembrava una bella idea aprire i 6 mila e 200 uffici postali di tutto il paese deputati ad accogliere le domande di assunzione dei lavoratori extracomunitari, non al mattino presto ma alle 14,30 di oggi. Si sperava, cos?, di scongiurare inumani bivaccamenti. E si pensava che, per saziare la fame di lavoro alla luce del sole, sarebbe bastato il raddoppio abbondante dei permessi di soggiorno, passati dai 78 mila e 500 del 2005 ai 170 mila del 2006 per gli extracomunitari (pi? altrettanti posti a disposizione dei neocomunitari, polacchi, ungheresi, cechi). Un calcolo purtroppo sbagliato. Il bisogno che le famiglie e le imprese hanno di stranieri ? cos? elevato, e cos? ampia la presenza di clandestini sul territorio nazionale, che anche stavolta in pochissimi giorni, se non in poche ore, le quote si esauriranno.

      In teoria i lavoratori da assumere con chiamata nominativa non dovrebbero essere gi? oggi in Italia. In realt?, al 90 per cento, vivono in mezzo a noi. Le quote non sono altro che un’annuale sanatoria mascherata. Le autorit? lo sanno e chiudono un occhio. Ottenuto il nullaosta, il lavoratore lascer? l’Italia per farvi rientro successivamente in piena regola, con il visto d’ingresso della nostra ambasciata. Si sa: nessuno assume a scatola chiusa, senza aver visto l’aspirante lavoratore all’opera. Tanto pi? nel paese delle piccole imprese e del datore di lavoro-famiglia, che ha bisogno di persone fidate per tener compagnia agli anziani e accudire i bambini. Logica vorrebbe, allora, che chi non ? rientrato nelle quote di un anno, abbia la priorit? nelle liste dell’anno successivo. Invece, con buona pace di Gabriela, tutto viene cancellato. Una cosa ? chiudere un occhio, un’altra ammettere ufficialmente che il decreto flussi ? una specie di sanatoria.

      C’? pure chi assume dall’estero, intendiamoci. Il cinese Xie, che da noi si fa chiamare Franco, ? il primo in lista davanti a via Galilei: si ? segnato alle sei di ieri mattina, per introdurre due connazionali, che lavoreranno nel supermercato di famiglia: ?Cinesi no chiacchiele spiega , tutti buoni lavolatoli?. E ci sono, rarissimi, anche datori di lavoro italiani in attesa. Alle Poste di piazza Bologna si ? appena assentato un ottantenne che vuole assumere una badante per la moglie malata di Parkinson. Scappa a casa dalla moglie e prega una donna ucraina di conservarle il posto. Alle 18 di ieri, qui, sono pi? di 130 nella lista autogestita, tenuta da Valentin, anche lui romeno, giubbotto di pelle, camicia e cravatta, addetto alla manutenzione di un impianto sportivo di giorno e vigilante la sera.
        ?Ma come faccio a restare qui tutta la notte? E se la mia vecchia cade per terra??. Affetto e disperazione insieme, negli occhi cerulei di Mariya, badante moldava di un’anziana ottantacinquenne. La sua domanda resta senza risposta. Ai Parioli, ufficio postale di via Yser, un giovane indiano distribuisce i numeretti e alle 19 siamo gi? a quota 200. Anche qui la regola ? la stessa: chi si assenta perde il posto. Gustavo, argentino, insegnante di scuola media a Jujuy, al confine con la Bolivia, non ha nemmeno lo straccio di un lontano parente italiano, purtroppo. Lavora da quattro anni come badante per militari in pensione e rimpiange Bartolomeo, morto a 100 anni nello scorso settembre, che gli raccontava l’angoscia della seconda guerra mondiale vissuta scattando fotografie da un aereo. Vorrebbe un permesso di soggiorno per continuare a studiare. Si ? portato uno sgabello blu e l? seduto passer? la notte. In tutte le citt? d’Italia la scena ? la stessa e le file aumenteranno a dismisura questa mattina. Ombre incolonnate nella speranza di conquistare la luce di un pezzo di carta.

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