20/7/2007 ore: 10:55
Tra «scalone» e «quote» l’abc della previdenza
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Pagina 2 - Primo Piano Le parole-chiave per decifrare la trattativa l’abc della previdenza La questione delle pensioni si gioca su una serie di termini a cui nel dibattito politico e sindacale si fa frequente riferimento senza preoccuparsi di definirli, il che finisce per trasformarli in qualcosa di simile a dei mantra. Ecco un mini vocabolario di quelli più importanti e il cui utilizzo è più continuo. COEFFICIENTI Sono i parametri previsti dalla legge Dini del 1995 in base ai quali viene calcolata la pensione. Servono a dare il giusto peso a quanto si è effettivamente versato in forma di contributi nel corso dell’intera vita lavorativa. I contributi vengono rivalutati in base all’andamento del Pil (in modo da tener conto della possibilità dell’economia italiana di pagare sul serio il monte-pensioni) e moltiplicati per il coefficiente di trasformazione stabilito dalla legge tenendo conto dell’età del lavoratore (il coefficiente è più basso se si va in pensione presto, più alto se si esce più tardi). Al momento questi parametri variano tra quota 4,720 se si esce dal lavoro a 57 anni e quota 6,136 se si esce a 65. La Dini prevedeva che i coefficienti si rivedessero dopo dieci anni (e quindi nel 2005) a fronte di un aumento dell’aspettativa di vita, che in effetti sta crescendo al ritmo di due anni e mezzo ogni dieci. Ma sulla revisione al ribasso (fra il 6 e l’8%) c’è stato un no compatto dei sindacati. Sarà inevitabile tornarci sopra, forse nell’ambito di un «do ut des» più generale. Al momento la loro età per il pensionamento di vecchiaia è di 60 anni contro i 65 degli uomini. Dato che la questione coinvolge non solo gli aspetti previdenziali ma anche la situazione complessiva del lavoro femminile, viene al momento escluso un aumento obbligatorio dell’età. Ma un divario così grande tra i sessi sul ritiro dal lavoro c’è solo in Italia e questo rischia di provocare una condanna dell’Ue. Influenzano l’entità del monte-pensioni perché sono i momenti dell’anno a partire dai quali è possibile chiedere il pensionamento di anzianità. Sono quattro (gennaio, aprile, luglio e ottobre) fino a fine 2007 e saranno solo due dal 2008 (gennaio e luglio). La legge Maroni inasprisce anche i tempi per ottenere i requisiti della pensione di anzianità (fino al 2007 bastano per i lavoratori dipendenti tre mesi prima della finestra, dal 2008 diventeranno sei mesi). La riduzione delle finestre fa sì che si allunghino i tempi per il ritiro una volta che si raggiungono l’età e i contributi previsti per la pensione. Se ad esempio si è nati dopo il 2 gennaio dal 2008 bisognerà aspettare il primo gennaio dell’anno successivo per andare in pensione. Il passaggio alle due finestre è scontato, anche se Rifondazione chiede che chi ha raggiunto 40 anni di contributi possa lasciare il lavoro in qualsiasi momento, senza quindi attendere la finestra successiva. LAVORI USURANTI Sono quelle occupazioni per le quali sarà escluso l’innalzamento dell’età per la pensione di anzianità; continueranno quindi a godere della possibilità di uscita a 57 anni, come previsto sino a oggi. La lista comprenderà sicuramente coloro che lavorano nelle gallerie, nelle cave e negli spazi ristretti o ad alte temperature (come gli altoforni) e potrebbe essere allargata (ma questo è controverso) ai lavoratori impegnati su tre turni, come gli infermieri e gli operai alla catena di montaggio. Il timore di chi si oppone è che estendendo troppo la platea il costo per la previdenza diventi insostenibile. QUOTE Rappresentano una soluzione per risolvere il problema dello «scalone». Sono il mix tra età anagrafica e anni di contributi, e insieme allo «scalino» a 58 anni dal 2008 dovrebbero sostituire appunto lo scalone, entrando in vigore dal 2010. Una quota 96 significa poter uscire con 60 anni di età e 35 di contributi oppure 58 anni più 38 o con 59 anni e 37 di contributi. Le quote danno risparmi inferiori rispetto all’ innalzamento secco dell’età perchè offrono più possibilità di uscita. SCALONE Il termine trae origine dal passaggio brusco, previsto dalla legge Maroni nel 2008, da 57 a 60 dell’età necessaria alla pensione di anzianità (con 35 anni di contributi). Si punta a suddividere lo scalone in più scalini, a prezzo di minori risparmi. |