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Timide prove in Cgil per abbandonare l’arrocco

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    giovedì 9 giugno 2005
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      SINDACALIA. L’AREA EPIFANI SEMBRA PIÙ DISPOSTA AL DIALOGO
        Di Ettore Colombo
          Timide prove in Cgil per abbandonare l’arrocco
            Il lavorio dell’area riformista (ma anche di pezzi della stessa maggioranza
            più vicina ad Epifani) della Cgil per evitare di trovarsi isolati sulla politica
            contrattuale, dover pagare lo scotto di un nuovo scontro frontale con la Cisl e
            rintuzzare il tentativo di incunearsi nelle contraddizioni aperte tra i sindacati
            da parte del governo, comincia a produrre i suoi frutti. Le aperture e le rassicurazioni fornite da Pezzotta in un’intervista (la Cisl non vuole ridurre il peso del contratto nazionale, rifiuta gabbie salariali e contratti d’area, vuole rafforzare la contrattazione integrativa ma insieme difendere il potere d’acquisto dei salari) hanno ridato fiato ai “pontieri” cigiellini. I contatti informali con i cislini in questi giorni ci sono stati e proseguono, ma alcuni segretari confederali hanno interpellato o stanno per farlo, sul punto, lo stesso Epifani, chiedendogli di «uscire allo scoperto». La segretaria confederale Nicoletta Rocchi vede «tutti i rischi della di visione » e chiede di affrontare il dibattito “prima” e non “dopo” il congresso della Cisl, fatto salvo - sottolinea - «che i contratti aperti vanno chiusi con le vecchie regole». La Fiom, come si sa, è contraria alla riforma perché il contratto dei meccanici è aperto ma anche per un pregiudizio politico: ieri, a darle manforte, si sono schierati però anche i segretari di due altre categorie, chimici e alimentaristi («Non è questa la nostra priorità», dicono).

            I riformisti - e alcuni epifaniani - però insistono e vedono tutti i rischi di
            una Cgil di nuovo isolata e barricadiera. Il prossimo direttivo della Cgil si
            riunirà il 27 giugno ma la segreteria lo farà molto prima (subito dopo i referendum). La speranza di molti è che i segretari generali prendano in mano loro la trattativa e riescano a chiuderla. Lo auspica Giorgio Santini della Cisl, che fa notare che «il lavoro della commissione interconfederale si è
            concluso, esiste anche un documento di sintesi soddisfacente tranne che su
            due punti (durata dei rinnovi e funzioni dei due livelli), ora spetta alla Cgil
            dare risposte. Epifani intende arrivare a un accordo?». Lo stesso Pezzotta
            chiede alla Cgil «passi formali e stringenti » e ribadendo la disponibilità della
            Cisl fa capire che, per il congresso della sua organizzazione, la Cgil una
            parola chiara dovrà pur dirla.

            «L’accordo tra di noi dovevamo farlo ieri, né oggi né domani», incalza
            Fabrizio Solari, segretario della Cgil Trasporti, che però chiede di pensare a
            una «nuova e complessiva politica salariale e dei redditi che riscriva le regole del ’93. In una discussione generale su nuove regole non ci deve essere nessun tabù, modello contrattuale compreso, ma l’orizzonte sia strategico». Un modo per rinviare il problema? Se Solari è cauto ma pronto a discutere, il
            presidente dell’Ires Cgil Agostino Megale che ieri ha presentato il rapporto
            congiunturale Ires per il 2005 (i cui dati più succulenti riguardano il Pil, che
            dovrebbe subire «un calo più vicino all’1% che allo zero», dicono gli economisti dell’istituto, la perdita del potere d’acquisto dei salari, «che ammonta a 1200 euro nel triennio 2002-2004» e l’occupazione, che «è calata di 37mila unità, al contrario dell’aumento di 164mila citato dall’Istat»), insiste nel dire che «non c’è ragione per non trovare un’intesa unitaria anche prima del congresso Cisl». L’obiettivo è quello rilanciare - spiega Megale - una nuova e incisiva politica dei redditi, senza la quale i lavoratori ci rimettono
            e basta, anche per evitare spinte solo “salariste”. Una strategia, quella del rilancio della politica dei redditi, che si fa sempre più strada anche in Cgil. Beniamino Lapadula, responsabile economico della Cgil, indica nella promessa riduzione dell’Irap una scelta «tardiva, inefficace e criminale se fatta in disavanzo» e Megale ammonisce: «Il governo pensi piuttosto a fare chiarezza sui conti pubblici e a dirci come farà il Dpef ma se punta solo alla divisione del sindacato avrà spiacevoli sorprese». Non a caso, anche il combattivo segretario confederale Marigia Maulucci auspica prima di tutto l’intesa unitaria tra i sindacati confederali e pur cercando di ridimensionare la “fissazione” di occuparsi solo di riforma contrattuale, da un lato attacca la politica economica del governo («Non fare la manovra bis è un errore grave, si rischia una Finanziaria pesantissima, di 40-50 miliardi di euro»), dall’altro si si rende conto del pericolo insito nella lettera di Letta. Lo dice con parole auliche («Timeo Danaos et dona ferentes: la proposta del governo è un cavallo di Troia studiato per dividere il sindacato ma non lo faremo entrare nelle nostre mura») e tradisce la mentalità di fondo maggioritaria in Cgil («Al tavolo andremo ma con questo governo ogni discussione è inutile») ma fa capire che il dialogo, con Cisl e Uil, è tutto aperto. Sulla riforma della contrattazione come su come affrontare il prossimo autunno. Per una Cgil che finora è stata solo in arrocco è già qualcosa.

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