Tfr, ecco la riforma di imprese e sindacati
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martedì 26 luglio 2005
Pagina 26 - Economia
Il documento inviato a Maroni da ventuno organizzazioni si discosta in molti punti dal decreto delegato messo a punto dal governo
Tfr, ecco la riforma di imprese e sindacati
Più spazio ai fondi contrattuali, maggiori compensazioni alle aziende
LUISA GRION ROMA - Sindacati, associazioni e imprese fanno fronte comune contro la riforma del Tfr e della previdenza complementare così come l´ha prevista il governo Berlusconi. Il testo è stato bocciato da 21 categorie (da Cgil, Cisl e Uil a Confindustria passando per Confartigianato, Confcommercio, Confapi, Confservizi, Confesercenti, Confcooperative, Legacoop, Agci, Cna, Casartigianati, Claai, Confagricoltura, Coldiretti, Copagri, Cia, Confetra e Ugl) che ieri - in attesa dell´incontro con il ministro Maroni previsto per domani - hanno presentato un documento comune sulle modifiche da introdurre. Si va dalla richiesta di più alte compensazioni a favore delle imprese a quella di una maggiore chiarezza sul «silenzio-assenso» riguardo alla scelta del fondo cui far confluire il capitale. Ma si chiede anche più contrattazione e il rispetto delle norme previste dalla delega.
Un pacchetto di critiche molto pesanti, dunque, sulle quali - nei giorni scorsi - Maroni aveva promesso aperture. Gli incontri con le parti sociali dovrebbero sbloccare la questione entro la metà di settembre, in modo da poter varare i decreti attuativi nei tempi previsti dalla delega (che scade il 6 ottobre). Allo stato attuale delle cose, però, i punti di scontro sono molti, tant´è che Luigi Angeletti, leader della Uil , ha precisato che «se il ministro rifiuterà le modifiche la riforma è destinata a fallire». Entrando nel merito delle richieste i nodi essenziali sono cinque: sindacati e imprese chiedono che polizze previdenziali e fondi negoziali non siano equiparati (perché «renderebbe la previdenza complementare non coerente con le caratteristiche del lavoro dipendente»). Il documento mette anche nero su bianco come non sia «accettabile» il fatto che - per chi aderisce ai fondi - vi siano limitazioni all´accesso al capitale in caso di cessazione del lavoro. In pratica - spiega Morena Piccinini, segretario confederale della Cgil - «Se un dipendente cambia lavoro invece di avere accesso immediato al Tfr, come oggi avviene, prima di disporne dovrebbe aspettare di arrivare all´età pensionabile, a meno che - dopo 4 anni di disoccupazione - non vi siano problemi di sopravvivenza». Ma le parti sociali criticano anche la insufficiente compensazione prevista per le aziende e la scarsa trasparenza che regola il silenzio assenso (il decreto riconosce ai fondi negoziali una corsia preferenziale, ma le associazioni chiedono che - nel caso in cui le possibilità siano molteplici - a decidere sia un accordo fra sindacati e imprese). In più sindacati, associazioni e imprese chiedono sia modificata la disciplina fiscale (a partire dalla deducibilità dei contributi previdenziali) e che l´obbligo per i datori di lavoro di versare i contributi al fondo sia previsto non indipendentemente dalla scelta fatta dal lavoratore (come la riforma prevede), ma solo nel caso si sia deciso di aderire ad un fondo negoziale o scelto dall´accordo fra impresa e sindacati.
«Le modifiche chieste sono le stesse di quelle presentate in un documento lo scorso febbraio. Il governo allora decise di non tenerne conto, mi auguro che ora cambi idea - dice la Piccinini - anche perché le nostre richieste rispettano quanto previsto dalla delega, cosa che il decreto non ha fatto».
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