15/12/2009 ore: 10:47

Termini, in diecimila contro la chiusura Scajola apre ai cinesi. Che smentiscono

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Ieri è stato il giorno della protesta di Termini Imerese. Uno dei tanti per il travagliato stabilimento Fiat in provincia di Palermo,ma comunque unico. Alla mobilitazione dei lavoratori contro la decisione Fiat di levare le tende dalla Sicilia alla fine del 2011 si sono uniti operai, studenti, commercianti e anche i preti. C’erano tutti, diecimila persone. «Mancavano solo gli esponenti del centrodestra siciliano e nazionale - fa notare la Fiom regionale - e questo ci ha turbati, visto che solitamente sono stati presenti».
Ad ogni modo, intorno alla fabbrica che Sergio Marchionne considera ormai roba vecchia, c’è fibrillazione. Dopo le voci su un interesse cinese, smentito però dalla casa automobilistica Chery, emergono altre ipotesi: in particolare quella che vuole un’azienda lombarda che produce autobus elettrici interessata ad una parte dello stabilimento. «Noi vogliamo far crescere la produzione di auto in Italia perché è troppo bassa. Ci auguriamo di farlo con la Fiat ma siamo aperti a chiunque voglia venire. Abbiamo le porte spalancate a chi vuole venire a installare produzioni nel nostro territorio», dice il ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola, a proposito delle voci sui contatti con i cinesi. «In Italia non si arriva a produrre neppure un terzo delle auto vendute nel Paese - continua Scajola - mentre in Francia e in Germania se ne producono più di quante se ne immatricolino». Ma poi aggiunge: «Mai nessuna azione del governo Berlusconi verrà fatta per recare danno alla Fiat. È uno dei campioni d’Italia e vogliamo essere orgogliosi di Fiat».
Il vertice del 22 dicembre a Palazzo Chigi tra governo, azienda e sindacati al momento è confermato, anche se è troppo presto per sapere se il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, potrà essere presente. Manca quindi una settimana al tavolo nel quale il Lingotto comunicherà il suo piano industriale per gli stabilimenti italiani. Sergio Marchionne ha già spiegato che a Termini Imerese fino alla fine del 2011 la produzione di auto andrà avanti.
Il tempo per negoziare con altri investitori c’è, ma per la fabbrica siciliana le ipotesi che emergono sono il segnale di un futuro possibile nel settore auto anche al di fuori del gruppo Fiat. Un elemento non da poco se si considera le dimensioni dell’indotto e della sua occupazione. Del tutto diversa invece l’ipotesi Ikea: anche la società svedese, secondo fonti sindacali, si sarebbe fatta viva per aprire un centro commerciale nell’area.
Ma se Termini è al centro della scena, a Pomigliano d’Arco resta forte la preoccupazione. Amministratori locali e sindacati, in un documento consegnato al prefetto di Napoli e indirizzato al premier Berlusconi e al presidente della Repubblica Napolitano, esprimono preoccupazione sulle ricadute sociali di un’eventuale chiusura dello stabilimento campano e chiedono certezze per gli oltre 5mila operai in cassa integrazione straordinaria.

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